Britannica – Dalla scena di Manchester al Britpop: l’intervista agli autori

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Britannica - Dalla scena di Manchester al Britpop: l'intervista agli autoriIl libro di Alessio Cacciatore e Giorgio Di Berardino ripercorre un’epoca d’oro musicale e di costume dell’Inghilterra negli anni che vanno dal Madchester, Baggy fino al Britpop degli Anni’90

Alessio Cacciatore e Giorgio Di Berardino hanno di recente pubblicato “Britannica – Dalla scena di Manchester al Britpop” . Il libro è una vera e propria “bibbia” sulla scena musicale inglese che va dal Madchester fino al Britpop. In Italia è la prima volta che i due fenomeni musicali vengono analizzati così bene, con una tale ricchezza di particolari, storie, schede su band e dischi di quegli anni che abbracciano un periodo ricco di creatività, contraddizioni, fenomeni sociali e culturali tanto da diventare l’ultima vera grande era della musica inglese.

Per far capire l’entità “spocchiosa” ma al tempo stesso favolosa dell’intero fenomeno ci piace citare la frase del leader dei Blur, Damon Albarn “Se il punk servì a sbarazzarsi degli hippy, allora io con la mia musica mi sbarazzerò del grunge” , per non parlare delle tante interviste dei fratelli Gallagher degli Oasis rimaste ormai nell’immaginario collettivo.

Si diceva che “Britannica” non è solo un libro di musica ed è vero perché rende benissimo l’idea di quelli che sono stati gli anni dell’Inghilterra in pieno fermento fra Thatcher e Blair.

Tutti i protagonisti di quell’epoca irripetibile sono trattati con competenza, ma soprattutto con la passione di chi come i due autori di “Britannica” ha amato e ama ancora un genere musicale al quale tante band di oggi devono ancora molto.

Alessio Cacciatore e Giorgio Di Berardino hanno saputo mettere rimedio ad una mancanza imperdonabile: finora non c’era, come già detto, nessun libro in Italia che trattasse in una maniera così particolareggiata l’Inghilterra alla quale un’intera generazione è legata.

In “Britannica” ritroviamo i Joy Division, i New Order, gli Smiths, gli Stone Roses, gli Happy Mondays, il dualismo Oasis – Blur, tanti altri gloriosi gruppi, ma anche intere pagine dedicate al Fac 51 The Haçienda, locale storico nato nel 1983 che ebbe il massimo splendore a metà degli anni’80, la storica label discografica Creation Records, personaggi come Tony Wilson e tanto altro da scoprire lasciandosi appassionare da un libro che va letteralmente divorato da chi ama l’Inghilterra.

La prima parte è un excursus cronologico che ripercorre gli anni dal Madchester fino al Britopop, la seconda è però quella più interessante: un’autentica summa della musica inglese di nicchia di quegli anni con un elenco e relative biografie di circa 530 band per la maggior parte sconosciute a molti, forse anche ai più esperti di musica. C’è poi un interessante capitolo dedicato al festival “Shiiine On Weekender” tutto da scoprire, ma anche una discografia consigliata di album che hanno fatto la storia del Madchester e del Britpop. “Tanta carne al fuoco” dunque e va dato atto dunque ad Alessio Cacciatore e Giorgio Di Berardino di aver fatto qualcosa di unico: riuscire a ricostruire come meglio non si poteva un’intera decade di costume e musica.

Abbiamo parlato di “Britannica” con i due autori.

Come nasce l’idea di “Britannica”?

(A) “L’idea è stata mia e risale a qualche anno fa. Ho coinvolto Giorgio perché eravamo amici da circa dieci anni, sapevo della sua passione per la musica inglese, del fatto che collezionasse tanti dischi e che conoscesse molti più gruppi di me. Mi faceva piacere condividere con lui questa avventura del libro sia per la scrittura che per il racconto di tutta la fase cronologica del Britpop e siamo dunque arrivati a farlo.

Lui ha avuto la brillante idea di catalogare tantissimi “gruppi minori” della scena Madchester e Britpop che hanno realizzato o solo un album o addirittura a volte hanno solo registrato un disco che poi non è mai uscito. Abbiamo riscontrato dai messaggi ricevuti, nelle recensioni e durante le interviste che molti hanno trovato interessante proprio questa parte del libro più che la prima: la prima parte è infatti una specie di racconto – romanzo di ciò che è successo negli Anni’90 e nel periodo precedente, mentre l’ultima è veramente interessante per chi non conosce il genere musicale e avrebbe voluto trovare altri gruppi oltre quelli famosi. Sono circa 530 quelli dei quali si parla”.

(G) “Tra l’altro questa particolarità rende il libro adatto sia a coloro che volessero conoscere il genere musicale, ma anche a quelli che erano già appassionati e si ritrovano questa mole di informazioni.

Qualche gruppo ci sarà sicuramente sfuggito perché sono molto di nicchia”.

(A) “Sono infatti delle band che forse non si trovano neanche su internet: se non hai il disco come Giorgio, non li conoscerai mai.”

Partiamo dalla scena musicale di Manchester per poi arrivare al Britpop degli Anni’90 ….

(G) “Tutto ha inizio con band come Joy Division, New Order e personaggi quali Tony Wilson che mise sotto contratto proprio i Joy Division e inaugurò l’Haçienda a Manchester che divenne il locale più cool e frequentato dai giovani inglesi. Lì suonarono tutte le band che mise sotto contratto, ma soprattutto fu il luogo dove la musica indie e l’acid house furono padrone.”

(A)” Si alternavano band live che suonavano indie rock o ciò che sarebbe poi diventato il Madchester o comunque la musica della città di Manchester e poi i DJ che suonavano l’house music nata negli Stati Uniti e in seguito importata in Inghilterra. L’unica città in Inghilterra dove agli inizi degli Anni’80 si suonava era Manchester . In quel periodo era la città più cool dell’intera nazione, anche più di Londra: tutti i ragazzi della Gran Bretagna volevano frequentare l’università di Manchester, non solo per la sua qualità, ma anche per il fatto che ci fosse questo locale che attirava gente da tutta la nazione, lì c’era tutto. Parliamo di ragazzi di una fascia di età sotto i 30 anni. L’Haçienda aprì nel 1982 e poi a metà del decennio ebbe la sua massima esplosione”.

(G) “Tutto, come avrete capito, nacque da Manchester ed il fenomeno musicale Madchester ebbe origine da due band, gli Stone Roses e gli Happy Mondays, che rilanciarono il genere Brit in Inghilterra.

La scena Britpop si incastrò perfettamente in quella Madchester quindi in realtà è difficile fare una divisione temporale o una distinzione netta. Molti attribuiscono ai Suede il merito di essere stati i primi a suonare Britpop, ma noi lo attribuiamo ai La’s che nel 1990 fecero uscire un album che era un mix di sound sixties rivisitato per quegli anni”.

Parliamo invece degli Smiths e Morrissey …

(A) “Siamo nel periodo che precede di poco il Madchester. Gli Smiths spiccano perché si sono differenziati suonando ancora le chitarre, non avevano cioè sintetizzatori. Sono nati quando c’erano band come Duran Duran, Spandau Ballet e similari ed hanno saputo tenere vivo il rock degli anni’70 cosa che nessun’altra band faceva”.

(G) “In quel periodo musicale loro erano gli unici a fare canzoni pop con delle chitarre”.

(A) “Sapevano distinguersi per quello: chi amava il rock sceglieva loro. Non lo chiamerei revival, però le persone che sentivano la mancanza del rock anni’60 e ’70 e alle quali non piacevano i gruppi New Romantic degli’80 sceglievano gli Smiths”.

Tutti conoscono nomi come Oasis o Blur, ma il Britpop è stato un fenomeno di massa e comprendeva tante band anche “minori”. Perché secondo voi gli Oasis e i Blur hanno avuto tanto successo ed altri gruppi sono rimasti un po’ di nicchia?

(G) “Questo è successo in tutti i generi musicali dagli anni’60 ad oggi: ci sono sempre stati gruppi diventati punto di riferimento per tanti e che hanno avuto successo anche fuori dal paese di appartenenza perché, oltre a scrivere delle hit da primi in classifica, conta anche molto essere cool e visti come esempio dai ragazzi, far parlare molto come facevano gli Oasis che erano sempre sui giornali per i gossip o altro, anche per le vicende che li vedevano coinvolti con arresti, droghe e altro o la rivalità con i Blur”.

(A) “C’è da dire che le altre band che si sono fatte largo in Inghilterra non è che non fossero note in altri paesi, perché ad esempio i Pulp o i Verve avevano il loro pubblico fuori dai confini britannici, però gli Oasis e i Blur riuscirono a realizzare canzoni che colpirono maggiormente il pubblico”.

(G) “Gli Oasis e Blur sono andati in crescendo album dopo album”.

(A) “Dentro i dischi di Oasis e Blur ci sono grandi canzoni e hit mondiali, ma anche tutte le altre canzoni sono bellissime, non ci sono riempitivi. Il livello si mantiene cioè sempre alto, questo ha fatto la differenza.

I Verve hanno realizzato i primi due dischi che sono belli, ma non sono stati capiti dal pubblico, molti li hanno comprati quando è uscito “Urban Hymns” disco che li ha consacrati. Nel primo ad esempio c’era tanta psichedelica e la gente nel 1993 aveva dimenticato un po’ il genere, era abituata a sentire giri di basso e chitarra continuativi e non tutta quella sperimentazione. Il secondo album era una via di mezzo.”.

L’ultima parte del libro è molto interessante perché analizza band di nicchia: è una vera enciclopedia del genere con nomi sconosciuti a molti, ma non per questo meno affascinanti. Come avete fatto questa ricerca così approfondita?

(G) “ Io sono partito dai dischi, tutti quelli che ho di annata sono stati inclusi. A volte da un gruppo sono passato ad altri tramite internet perché c’erano magari dei collegamenti fra componenti che in quegli anni suonavano in più band. Molti gruppi provavano a fare un singolo, non ci riuscivano, poi cambiavano nome o formazione, i produttori e gli studi di registrazione sono quasi sempre gli stessi. Andando a vedere gli album di quegli anni e i nomi degli studi sono riuscito ad individuare delle band. Ho conosciuto alcune di loro tramite facebook perché sono state proprio degli stessi componenti che mi hanno fornito delle registrazioni d’epoca che sono rarissime e non si trovano neanche su internet. Una di loro, i Don, avevano un disco che non è mai uscito ufficialmente, mai distribuito nei negozi per un litigio con la casa discografica. Era stato stampato ma non distribuito ai negozi. Noi l’abbiamo inserito nel libro. Ho il disco che è stupendo.

Ci sono dunque tante chicche che un appassionato potrà scoprire”.

(A) “Un giornalista, alla presentazione del libro a Roma, ci ha chiesto come prima domanda se veramente esistono tutti questi gruppi del periodo Britpop. Noi gli abbiamo risposto che sono tutti certificati e ce ne erano anche altri ovviamente. È anche difficile trovare i loro dischi e Giorgio ne ha una grande collezione.

Non avendoli presi all’epoca non si trovano facilmente”.

Se doveste fare un nome a testa fra questi gruppi quali sarebbero?

(G) “Io per affetto e devozione i Real People perché, come dico sempre, se non ci fossero stati loro non sarebbero esistiti mai gli Oasis. È la formazione principale subito dopo il Madchester e poco prima del Britpop”.

(A) “È molto difficile dare una risposta per me. Io cito gli Shed Seven che sono un po’ a metà fra i gruppi conosciuti e quelli sconosciuti. Abbiamo preferito inserirli fra quelli di nicchia perché si sa molto poco di loro. È stato dunque meglio metterli in un capitolo nel quale si parli più della loro musica che non della loro vita privata”.

Avete dedicato un capitolo di “Britannica” ad un’esperienza unica che avete vissuto insieme, lo Shiiine On Weekender …

(G) “Noi siamo stati alla seconda edizione: un’esperienza meravigliosa. Ci siamo ritrovati in una location fantastica insieme a gente unica. Il posto ha una capienza di circa 8000 persone e tutte sono di una certa età. Abbiamo ascoltato band che erano in auge negli anni’80 e ’90. Ci siamo ritrovati immersi in un villaggio in campagna ad ascoltare gruppi che si sono riuniti per suonare solo in quel festival: solo lì potevi vederli e tutto questo in tre giorni. Una volta stati al concerto sul palco principale nell’area grande, si poteva assistere a concerti in piccoli pub e lì andavi a chiacchierare con l’artista”

(A) “Proprio questo era il valore aggiunto dell’evento: l’artista non era irraggiungibile come quelli delle band di grande successo che, finito di suonare, scappano oppure si deve fare una fila enorme anche per un semplice autografo. Lì invece tutti erano in giro come noi e dunque capitava di incontrarli durante la giornata e parlarci”.

(G) “Lo spirito non era quello dei mega eventi, ma quello di volersi divertire come con la band degli amici che suona. Non a caso si chiama Shiiine On Weekender. Abbiamo conosciuto i Real People che, quando hanno saputo che eravamo italiani, ci hanno chiesto come prima cosa se conoscessimo la verità riguardo gli Oasis, cioè che sono stati loro a lanciarli e far incidere loro il primo demo”.

(A) “Più di metà di “Definitely Maybe” è merito loro per cui spesso tengono a precisarlo soprattutto per le persone non inglesi. Noi conoscevamo la cosa”.

Come reagirono i musicisti delle band del festival Shiiine On Weekender nel vedere la bozza del vostro libro?

(G) “Quando facevamo vedere la bozza del libro ai musicisti erano increduli. L’abbiamo fatto vedere anche a gente che era lì e la reazione era sempre la stessa: incredulità”.

(A)” Non riuscivano a capire come potessero due ragazzi italiani scrivere un libro come questo.

C’erano forse quattro o cinque italiani in tutto il festival. Nessuno dei musicisti si sarebbe mai immaginato che si sarebbe scritto di loro in Italia: è la cosa che li ha più meravigliati e sono stati felicissimi di stare con noi.”

(G) “Ricordo il commento di un ragazzo di Manchester che, quando gli feci vedere la bozza con tutti quei nomi di gruppi abbastanza sconosciuti, disse che io non potevo essere italiano, secondo lui dovevo essere per forza di Manchester. Avevo infatti messo in elenco una band di suoi amici che era a dir poco di nicchia e si chiese dove avessi trovato il loro disco”.

(A) “Questa parte sui gruppi è un punto di forza di “Britannica”. È stata una svolta, ha portato il libro ad essere veramente completo sia per come è narrata la storia in ordine cronologico trattando questioni affettive, amorose, politiche, costume, cultura e poi per la parte delle band.

Siamo riusciti ad inserire passato e presente: questo ha dato l’impressione che tutto ciò di cui si parla degli anni’80 e ’90 non sia mai finito. Sulla carta forse lo è, ma sapere dell’esistenza di questo festival che arriva quest’anno alla quarta edizione con la sua continuità rende il nostro libro più attuale”.

In Britannica c’è una parte dedicata alla discografia consigliata: come si riesce a mettere insieme una rosa di album che possa essere esaustiva di un fenomeno culturale e musicale?

(A) “Ci avevano chiesto di fare un elenco di dieci dischi per il Madchester e dieci per il Britpop. È una parte che ha curato Giorgio consultandomi: lui man mano che andava avanti nella scelta mi disse che era impossibile metterne dieci, quindici o venti perché non era facile”.

(G) ”Dopo tanto siamo arrivati ad inserirne venticinque”.

(A) “Non è stato fatto a gusto nostro nel senso che abbiamo operato pensando ai lettori di “Britannica” come se non conoscessero nulla dei due generi musicali e dei gruppi”.

(G) “È chiaro che sono stati inseriti tutti dischi che amiamo, ma non sono solo quelli migliori in termini di vendite o i più famosi . Abbiamo fatto una selezione anche in base all’importanza che quel determinato disco ha in quella scena musicale. Nel Britpop ad esempio non mancano gli Oasis o i Blur, ma ci sono anche i Dodgy o i Thurman. Chicche, ma anche album fondamentali”.

(A) “Siamo andati nel 2009 a Roma a vedere gli Ocean Colour Scene che hanno un ottimo feedback a livello di membri del gruppo, ma all’interno dell’Hard Rock Cafe eravamo forse in 100. Questo fa capire la differenza fra band note e meno note”.

(G) “Abbiamo inserito anche i Rialto fra i migliori album. È chiaro però che non potevano mancare i vari classici dai quali non si può prescindere”.

Insieme al libro è nato anche un programma radiofonico a tema, altra idea unica nel suo genere qui da noi.

(G) “L’idea è nata da Alessio, poi insieme l’abbiamo elaborata. Abbiamo un amico che, non solo è uno che ama il genere musicale, ma ha anche lavorato in radio tanti anni. Ci ha proposto di fare un programma dedicato alla scena inglese che si chiama come il libro, “Britannica”. Andiamo in onda ogni domenica sera dalle 20.00 alle 21.00. C’è un sito www.radiostart.it e la nostra puntata può essere ascoltata sia in diretta che tramite podcast da scaricare con calma. Diamo spazio a tanti gruppi sconosciuti: all’epoca i loro album erano usciti solo su vinile e quindi i pezzi provengono sia da vinili, ma anche da cassette o cd e poi sono rippati in digitale”.

(A) “È una scelta fatta per dare voce a tutti i gruppi dei quali si parla dentro il libro. Prossimamente ci piacerebbe citare qualche passo breve proprio dal libro per far capire anche agli ascoltatori l’importanza di queste due grandi scene musicali che, teniamo a sottolineare, sono state le ultime in ambito musicale della Gran Bretagna. La radio è importante anche per questo: ci piace dare una mano a chi vuole conoscere nuovi gruppi e riascoltare i vecchi”.

(G) “Nel nostro piccolo vogliamo aiutare anche quelle band attuali che in questo periodo così critico per la musica cercano di emergere in Inghilterra inserendone una o due che si rifanno alla scena musicale della quale parliamo nel libro”.

(A) ”Abbiamo voluto così dare un tocco di modernità: programmare solo musica del passato non è sempre giusto, bisogna anche guardare avanti”.

BIOGRAFIE DEGLI AUTORI:

ALESSIO CACCIATORE

Nato a Penne (PE) nel 1978, si è laureato in Lingue e letterature straniere. Ha collaborato con la rivista “Rockstar”. Attualmente scrive per LamusicaRock.com e indieforbunnies.com.

Ha già pubblicato Woodstock 1969, Gruppo Albatros, 2011. Assieme a Giorgio di Berardino conduce “Britannica” programma radiofonico su RadiostART.

GIORGIO DI BERARDINO

Nato a Pescara nel 1980, musicista, dj e collezionista. Dalla metà degli anni Novanta ha viaggiato in Italia e in Europa, seguendo la maggior parte dei gruppi citati in questo libro. Collabora con il fan club italiano degli Oasis e attualmente lavora a Scallydelia, un nuovo progetto musicale.

Assieme ad Alessio Cacciatore conduce “Britannica” programma radiofonico su RadiostART.