La ricetta di mister Change.org: “Il segreto per una campagna di successo”

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Intervista con Nick Allardice, manager della piattaforma

changeMILANO – Poco più di trent’anni, australiano di base a new York, Nick Allardice.org, la piattaforma di petizioni online lanciata nel 2007 negli Stati, che oggi supera i 100 milioni d’utenti in tutto il mondo, contando diverse centinaia di non profit, ma soprattutto eserciti di cittadini.

Con Change.org avete aperto uffici in 20 paesi diversi Paesi diversi. In che modo l’Italia si distingue dagli altri mercati?

“L’Italia è uno dei paesi in cui stiamo crescendo più velocemente. A luglio 2012 avevamo 136mila utenti, oggi ne contiamo quasi quattro e le campagne proposte sono molto varie. Tra quelle di maggior successo, la petizione per incoraggiare il governo e le amministrazioni pubbliche ad utilizzare di più la lingua italiana e quella per rafforzare la legge sullo scambio elettorale politico-mafioso, che ha raccolto 600mila firme”.

Il vostro modello di business si basa sulla sponsorizzazione delle campagne delle organizzazioni, mentre le petizioni dei privati sono selezionate e inserite gratuitamente nella vostra newsletter. Non si tende così a favorire l’iniziativa individuale, rispetto a quella associativa?

“Le organizzazioni per noi sono importanti. Change.org è uno strumento nuovo per aiutare le non profit più tradizionali a riconnettersi con le persone. Aderire a una petizione è il primo passo per impegnarsi, chi firma può diventare un nuovo sostenitore o addirittura un volontario. Le campagne di privati che inseriamo nella newsletter, poi, hanno sempre a che fare con temi di grandi impatto sociale e culturale, spesso partono da storie personali d’ingiustizia che sono rappresentative per l’intera comunità. Certo è che Change.org punta sul potere della democrazia, incoraggiando i cittadini a giocare un ruolo sempre più attivo nella società, per questo non giudichiamo i temi a cui le persone si appassionano. Il nostro compito è creare uno spazio in cui tutti possano avere una voce, anche se viene usata per parlare di qualcosa che può apparire superfluo. Crediamo in un mondo in cui le persone possono esprimersi sempre”.

Come si fa a generare una campagna in grado di cambiare davvero le cose?

“Si deve individuare esattamente la persona o l’organo governativo che può rispondere concretamente alla nostre richieste, questo è fondamentale per portare a casa il risultato. Raccontare la propria storia in modo autentico, poi è importantissimo, perché le petizioni che partono dalle storie personali sono quelle che appassionano di più e che più di tutte aiutano a crescere una community. Infine non bisogna fermarsi mai. Una delle campagne più importanti è stata portata avanti in India da Laxmi, una ragazza sopravvissuta ad un attacco con acido, che chiedeva al governo di limitare le vendite di questa sostanza e lavorare sulla prevenzione. Lei è diventata il volto d’una campagna molto più vasta e  incontrò anche Michelle Obama. Per noi una petizione ha davvero successo quando succede questo: si va oltre l’online, l’energia non si esaurisce su Change.org, ma rappresenta solo l’inizio d’un cambiamento sociale”.