Migrante ridotto in fin di vita a Fermo: solidarietà dal PRC

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aaaFERMO – «Vogliamo esprimere il nostro cordoglio per Emmanuel, 36enne nigeriano ridotto in fin di vita da un italiano ieri a Fermo. Di fronte all’orrore della violenza razzista non possiamo limitarci alla condanna dei balordi fascisti che hanno aggredito Emmanuel e sua moglie». E’ quanto dichiarano Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, e Maurizio Acerbo, della segreteria nazionale di Rifondazione Comunista, dopo l’aggressione che è toccata la vita al 36enne profugo nigeriano Emmanuel Chidi Namdi.

«Questo orrore – aggiungono Ferrero e Acerbo – è frutto di un clima di xenofobia che troppi nella comunicazione e nella politica alimentano spregiudicatamente in Italia e in Europa. La vera emergenza è questa, è la barbarie che sta crescendo nelle nostre città, non la ricerca di salvezza da fame e guerre da parte di esseri umani che hanno diritto all’accoglienza. Non ci stancheremo di ripetere che nostra patria è il mondo intero, che non si può essere complici nè strizzare l’occhio alle pulsioni razziste, non vi può essere alcuna concessione e giustificazione nei confronti di xenofobia e razzismo se vogliamo salvare democrazia e civiltà. C’è una lotta culturale, sociale e politica da portare avanti senza alcun calcolo di convenienza elettorale. Siamo dalla parte dei rifugiati senza se e senza ma. Emmanuel è stato ucciso da dei balordi, ma il loro odio insensato è stato nutrito dai troppi veleni che in questi anni sono stati diffusi contro l’immigrazione e gli immigrati».

Questa invece la testimonianza e la denuncia di Massimo Rossi, ex presidente della Provincia di Ascoli, segretario regionale di Rifondazione comunista e consigliere comunale a Fermo:

«Chimiary è stremata, distrutta, inconsolabile. Qui nel reparto rianimazione dell’ospedale le stanno proponendo la donazione degli organi di Emanuel, per dare la vita, magari, a quattro nostri connazionali… Lui, Emanuel, che era scampato agli orrori di Boko Haram nella sua Nigeria; con lei, la sua amata compagna, era sopravvissuto alla traversata del deserto, alle indicibili violenze della Libia, alla tragica lotteria della traversata del mare. Da noi si aspettava finalmente umanità, protezione e asilo. A Fermo, nella mia “tranquilla” provincia, ha invece incontrato la barbarie razzista che cresce nell’indifferenza, nell’indulgenza e nella compiacenza di larghi settori della comunità, della politica, delle istituzioni. L’hanno ammazzato di botte dopo averlo provocato, paragonandolo a una scimmia, due picchiatori, figli della città, cresciuti nell’umus del fascistume infiltrato ampiamente nella tifoseria ultras. Loro, che paragonarli alle bestie offende l’intera specie animale. Le mie lacrime, le nostre lacrime e la nostra vergogna per questo orrore che si è nutrito della putrefazione della nostra insensibilità, del nostro egoismo e delle nostre paure non basta affatto. Cosa dobbiamo attendere ancora per mettere al bando con ogni mezzo, tutti noi, cittadini e istituzioni, il razzismo e fascismo che si annida nella nostra vita sociale e politica?».