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LA SOTTILE LINEA DI CONFINE TRA IL "DISTACCO" DEL LAVORATORE E IL “CAPORALATO”

I limiti della Riforma Biagi nel quadro del raggiungimento dell’obiettivo occupazionale

Il Dlgs. n. 276/2003, meglio noto come “Riforma Biagi”, emesso allo scopo di risolvere i problemi del mondo del lavoro legati alla ricerca di una maggiore occupazione e qualità e stabilità del lavoro stesso, ha contribuito solo in parte al raggiungimento dei predetti obiettivi perchè ha lasciato senza adeguata tutela situazioni che si presentano simili al “distacco” ma che in realtà sono vere e proprie forme di sfruttamento del lavoratore.
IL RUOLO DEI CAPORALI - Nel 2008 nel nostro Paese esistono ancora i “Caporali” del lavoro, cioè soggetti (che sono titolari di piccole imprese) che assumono lavoratori solo formalmente nelle loro società per poi costringerli a prestare la loro attività per conto di altri soggetti (imprese medie e grandi) senza alcuna tutela ma al solo scopo di eludere tutte le vigenti leggi a tutela del prestatore di lavoro . E' un principio generale del nostro ordinamento, quello secondo cui non vi può essere dissociazione tra l'autore dell'assunzione e l'effettivo beneficiario della prestazione di lavoro. Infatti un lavoratore subordinato è tenuto a collaborare nell'impresa dalla quale è assunto e retribuito e non può essere adibito a prestare la propria attività lavorativa nell'interesse e sotto la direzione di un terzo soggetto.
PRIMA DELLA RIFORMA - A tutela di questi importanti principi vi era l'articolo 1, comma 1, della legge n. 1369 del 1960, che prevedeva anche una sanzione penale per i trasgressori (oggi abrogato dalla “Riforma Biagi”) ed evitava che la dissociazione tra l'autore dell'assunzione e l'effettivo beneficiario delle prestazioni di lavoro si risolvesse in uno ostacolo al diritto del lavoratore di pretendere il più vantaggioso trattamento che gli sarebbe spettato se assunto direttamente dal beneficiario.
I LIMITI IMPOSTI DALLA “BIAGI” E I LIMITI DELLA RIFORMA - La Riforma Biagi, allo scopo di garantire una maggiore flessibilità del lavoro, ha abrogato la legge n. 1369/60 consentendo il ricorso alla fornitura di lavoro altrui solo nel rispetto di precisi limiti e condizioni la cui violazione è sanzionata. Ora, analizzando tutte le disposizioni del D.Lgs 276/2003, la tutela del lavoratore nel caso di “somministrazione” di lavoro sembrerebbe garantita ma purtroppo non è così! L'articolo 30 del predetto D.Lgs. 276/2003 che disciplina appunto “il distacco del lavoratore” rappresenta un modo per eludere tutte le disposizioni che servono a contrastare e reprimere tutte le somministrazioni di lavoro “irregolari o fraudolente”. Il “distacco o comando” del lavoratore è quell'istituto giuridico per mezzo del quale un lavoratore viene inviato dal datore di lavoro (distaccante) presso un 'altra società destinataria delle sue prestazioni lavorative (distaccataria). L'articolo 30 del D.Lgs. della Riforma Biagi prevede solo due requisiti per la regolarità del distacco: la temporaneità del distacco (da intendersi non come brevità ma come non definitività) e l'interesse in capo al datore di lavoro distaccante ad impiegare in tal modo l'opera del proprio dipendente. La predetta norma non prevede una richiesta del consenso al lavoratore, e, cosa ancora più grave non prevede alcuna particolare forma per l'adozione del distacco (sarebbe addirittura sufficiente la semplice comunicazione verbale al lavoratore), gli unici limiti previsti sono solo quelli del mutamento di mansioni del lavoratore a seguito del distacco (è questo l'unico caso in cui è richiesto il consenso espresso del lavoratore) e quello del distacco presso altra società sita a più di 50 kilometri di distanza dal luogo originario di lavoro (caso in cui vanno provate le ragioni tecniche, organizzative, produttive che lo hanno determinato). Essendo solo due le situazioni in cui il legislatore ha previsto ulteriori requisiti per dare attuazione all'istituto del distacco, la normativa vigente, al di fuori dei predetti due casi limite descritti dall'articolo 30 della Riforma Biagi, presta spesso il fianco ad essere elusa da quei datori di lavoro che utilizzano il “caporalato” sotto la falsa forma di un “distacco” regolare. In queste situazioni illegittime, alla luce delle condizioni e dei presupposti contemplati nell'articolo 30 del D.Lgs. 276/2003, appare troppo difficile per il malcapitato lavoratore cercare di far valere i propri diritti contro l'impresa utilizzatrice della prestazione lavorativa.
INIDONEITA’ E POSSIBILI SOLUZIONI - Così, non essendo la normativa attuale idonea a garantire la tutela di un lavoratore che subisce un distacco illegittimo, accade spesso che il prestatore di lavoro, spinto dalla necessità di dover lavorare a tutti i costi per poter vivere e mantenere la sua famiglia, intimorito dalla possibile perdita del posto di lavoro in caso di reazione, lasci correre la situazione irregolare. Tale situazione va sanata, riformando la predetta norma della legge Biagi e consentendo, semmai, tale “distacco” solo per periodi molto limitati, ad esempio non più di trenta giorni, rendendo così possibile che il lavoratore abbia una valida tutela nei confronti del datore di lavoro.
(di Avv. Di Giandomenico A. - del 2008-10-02) articolo visto 5826 volte
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