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GHEDDAFI INCASSA GRAZIE AGLI SCAFISTI

Il Trattato di Amicizia italo-libico è costato all'Italia 5 miliardi

Il 30 agosto 2008 Berlusconi si è recato personalmente in Libia per firmare, insieme con il leader libico Gheddafi, il Trattato di Amicizia, Partnerariato e Cooperazione che ha posto fine a quattro decenni di tensioni tra l'Italia e i nostri dirimpettai africani per la questione del risarcimento storico per gli anni della colonizzazione italiana. Sotto la tenda del Colonnello libico è stata siglata l’intesa che vedrà il nostro Paese risarcire l’ex colonia con circa 5 miliardi di dollari in 20 anni. Il Trattato, ha detto Berlusconi, «deve mettere fine a 40 anni di malintesi: c'è un riconoscimento completo e morale dei danni inflitti alla Libia da parte dell'Italia durante il periodo coloniale».
IL CONTENUTO DEGLI ACCORDI - Gli accordi hanno contemplato investimenti per un'autostrada costiera che attraversi tutta la Libia, dall'Egitto alla Tunisia. L'intesa ha previsto inoltre la costruzione di alloggi nel Paese nordafricano, borse di studio per studenti libici e pensioni di invalidità per i mutilati vittime delle mine anti-uomo poste dall'Italia su territorio libico durante il periodo coloniale. Berlusconi ha inoltre riconsegnato a Gheddafi la statua della Venere di Cirene, che fu scoperta da archeologi italiani nel 1913 e da allora custodita al Museo Nazionale Romano.
POSIZIONE LIBICA - Quello del risarcimento per i danni inflitti dal colonialismo italiano alla popolazione libica è un vecchio pallino di Gheddafi, il quale dal 1969, anno della sua presa del potere, non ha mai perso una sola occasione per rimarcare il debito morale dell'Italia nei confronti del suo Paese. Ora perciò, grazie a questo trattato, il Colonnello può celebrarsi (in un Paese senza la minima parvenza di libertà) come il leader che ha finalmente lavato l'onta dei 32 anni di colonialismo e ha vendicato i tanti patrioti uccisi dagli occupanti italiani. Di conseguenza il Colonnello ha fermamente voluto l'accordo innanzitutto per ragioni di politica interna, senza naturalmente sminuire eccessivamente gli indubbi benefici economici portati dall'accordo che vale, è bene ricordarlo, ben 5 miliardi di euro anche se spalmati in 20 anni.
Ma per il rais di Tripoli il trattato è anche e sopratutto un eccezionale risultato strategico: infatti, all'articolo 4 si prevede che l'Italia si impegna a non usare e soprattutto a non concedere l'uso delle basi sul suo territorio alla Nato e agli Stati Uniti nell'ipotesi di una futura «aggressione» contro la Libia. Questo articolo (molto controverso, data la partecipazione italiana all'Alleanza Atlantica) è stato fortemente voluto dai libici che ben ricordano l'attaco Usa della notte tra il 14 e 15 aprile del 1986 contro alcuni obiettivi a Tripoli, durante il quale rimase uccisa anche una figlia di Gheddafi.
POSIZIONE ITALIANA - L'Italia invece è arrivata all'accordo con l'intento quasi esclusivo di bloccare gli scafisti che ogni settimana trasportano sulle famigerate “carrette del mare” migliaia di immigrati clandestini fino alle coste siciliane e calabresi, prese d'assanto sopratutto nei mesi estivi, con il rischio di compromettere l'industria turistica di quelle regioni. Questa moderna ma altrettanto crudele tratta degli schiavi vede le coste libiche come le principali basi di partenza di uomini senza nessuno scrupolo, i quali per una forte somme di denaro trasportano decine di migliaia di disperati ogni anno (23.000 solo nei primi 8 mesi del 2008), provenienti sopratutto dal Golfo di Guinea e dal Corno d'Africa attraverso un viaggio infernale nel Sahara, stipati nei camion come bestie. Per fermare questo abominevole traffico di esseri umani è indispensabile la collaborazione delle autorità libiche, che fino alla firma del trattato era stata tutt'altro che fattiva. Gheddafi insomma ha preteso la soddisfazione morale del riconoscimento dei danni subiti per il colonialismo (oltre ad altre cose molto più veniali come l'autostrada costiera e la costruzione di alloggi) in cambio della piena collaborazione da parte della Libia nel contrasto all'immigrazione clandestina e l'attuazione dell'accordo già firmato nel dicembre 2007 per il pattugliamento congiunto delle coste libiche dalle quali salpano fiumi di migranti.
CONTENZIOSO PER I BENI SEQUESTRATI AGLI EX COLONI Il Trattato di Amicizia e Cooperazione firmato il 30 agosto non ha posto, tuttavia, la parola fine al contenzioso per i beni confiscati nel 1970 quando Gheddafi espulse tutti gli italiani, circa ventimila, fino ad allora residenti nell'ex colonia. Per questo gli eredi della ex collettività italiana di Tripoli si sono detti «increduli e sdegnati» per l'accordo raggiunto tra Italia e Libia. L'Associazione Italiani Rimpatriati dalla Libia da 38 anni si batte per ottenere una legge che chiuda il contenzioso per i beni confiscati agli italiani, sempre rinviata «per mancanza di fondi». Evidentemente anche in questa occasione, come colpevolmente fatto nel passato, il Governo Italiano ha considerato più importante chiudere in fretta l'accordo, senza arroccarsi su un aspetto che vedeva la delegazione libica poco incline al compromesso. Si è deciso allora di assecondare tutte le richieste di Gheddafi (come per lo spinoso punto dell'articolo 4 sopra citato), pur di “portare a casa” la collaborazione della Grande Jamahiriyya contro gli sbarchi in Sicilia e Calabria.
CRITICHE DI CARATTERE STORICO Tuttavia quel che convince meno del patto del 30 agosto è che si sia creato un pericoloso precedente di forte indennizzo economico sulla base di un fenomeno storico come il colonialismo. Fermo restando l'errore, dal punto di vista storico, di analizzare un fenomeno legato al passato con le lenti dei valori del presente (il colonialismo infatti tra '800 e '900 era visto come una condizione perfettamente “normale” per i paesi extra europei che non avessero storie importanti come stati indipendenti alle loro spalle mentre da almeno 50 anni è considerato, più che giustamente, una condizione ripugnante per un popolo e lesiva della dignità umana), i dubbi permangono soprattutto sulle conseguenze che accordi come questo potrebbero avere. Non si parla naturalmente della parte riguardante le sacrosante pensioni di invalidità per i mutilati vittime delle mine anti-uomo ma dell'enorme cifra economica pattuita nel trattato che potrebbe scatenare una rincorsa dei Paesi ex colonie ad ottenere un simile risarcimento dall'ex madrepatria. Se l'Italia ha pagato 5 miliardi di euro per le repressioni degli anni Trenta che hanno causato tante migliaia di morti tra i libici, quanto dovrebbe richiedere la Polonia (colonia de facto nel terribile Lebensraum tedesco) alla Germania per i 6 milioni di morti del secondo conflitto mondiale o l'Algeria alla Francia per la durissima occupazione fino al '62? Ma senza fare la contabilità del dolore, non sarebbe stato meglio da parte dell'Italia presentare le scuse ufficiali per i lutti causati senza mascherare i 5 miliardi di euro per ricambiare economicamente la Libia della collaborazione alla lotta agli sbarchi come un risarcimento per il colonialismo?
(di Marco Di Giacomo - del 2008-10-20) articolo visto 5080 volte
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