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QUANDO LA POLITICA IMBAVAGLIA GLI INTELLETTUALI

Il premio Nobel Pamuk contro la privazione dei diritti in Turchia

“Ho capito che il meglio era essere un ponte fra due rive. Rivolgersi alle due rive senza appartenere”.
Orhan Pamuk, uno dei più importanti scrittori turchi, è il Nobel per la letteratura 2006 perseguitato per le sue prese di posizione sui massacri degli armeni e dei curdi.
CHI E’ - Di origini borghesi, nasce ad Istanbul il 7 giugno 1952. La sua istruzione comincia al liceo americano Robert College di Istanbul, prosegue con l'iscrizione alla facoltà di architettura dell'Università Tecnica di Istanbul che, poco dopo, lascia per dedicarsi alla letteratura. Infatti conseguirà la laurea all'Istituto di Giornalismo dell'Università di Istambul nel 1977. La sua carriera letteraria comincia nel 1974 con il primo romanzo Karanlik ve Isik (Oscurità e luce) che, nel 1983, gli farà vincere il Premio Orhan Kemal, primo di una serie al quale seguiranno il Premio Madarali nel 1984 per il secondo romanzo Sessiz Ev (La casa del silenzio), l'Indipendent Award for Foreign Fiction nel 1990 vinto con il romanzo storico Beyaz Kale ( Il castello bianco). Il suo sostegno ai diritti politici della minoranza curda e la critica fatta alla politica del governo turco attraverso alcuni saggi, lo porrà sotto processo nel 1995, insieme ad un gruppo di autori e scrittori.
Nel 2000 Benim Adim Kirmizi (Il mio nome è rosso), romanzo ambientato nell'Istanbul del 1500, accresce la stima dello scrittore in tutto il mondo: in esso c'è una fusione tra mistero, passione e filosofia e nel 2003 vince l'International IMPAC Dublin Literary Award. Inizialmente il naturalismo ha caratterizzato il suo stile letterario ma dal 1990 questo cambia in postmodernismo (corrente opposta al realismo) . Pamuk si è da sempre presentato come cronista di avvicendamenti a sfondo sociale, nonostante egli si consideri un romanziere privo di obiettivi politici.
Attraverso i suoi romanzi ha cercato di cogliere “l'anima malinconica della sua città natale scoprendo nuovi simboli per rappresentare scontri e legami fra diverse culture” (motivazione con la quale è stato insignito del Premio Nobel) raccontando la sua Turchia tra la realtà e la fiaba. I romanzi, caratterizzati da trame complicate e personaggi di grande profondità, rimandano al conflitto tra i valori della cultura islamica e quella dell'occidente europeo senza, però, epiloghi risolutivi. Eppure è il primo scrittore musulmano a condannare la “fatwa iraniana” (decreto di carattere religioso promulgato dai dotti islamici) contro Salman Rushdie, scrittore e saggista britannico che scrisse “I versi satanici” (The Satanic Verses), una storia di fantasia che allude manifestamente alla figura di Maometto e, quindi, ritenuta blasfema.
Dopo aver rifiutato il titolo di “artista di Stato” dal governo turco, nel 2005 venne incriminato per alcune dichiarazioni fatte a una rivista svizzera sul massacro, da parte dei turchi, di un milione di armeni e trentamila curdi in Anatolia, tra il 1915 e il 1917 durante la prima guerra mondiale (Olocausto degli Armeni). Ricevette minacce di morte, fu accusato di “oltraggio alla turchità”, alla Repubblica, al Parlamento, al governo, ai ministeri, ai membri delle forze armate e di pubblica sicurezza e ai membri della magistratura.
Il processo cominciò nel dicembre 2005 ma è stato successivamente sospeso in attesa dell'approvazione del ministro della giustizia turco. Purtroppo gran parte dell'opinione pubblica turca si schierò contro Pamuk: i suoi romanzi furono eliminati dalle biblioteche e dalle librerie su ordine del prefetto di Isparta; fu persino data la caccia ad una studentessa che aveva ammesso di possederne uno. Le accuse sono state ritirate il 22 gennaio 2006 con la motivazione che “ il fatto non costituisce reato” per il nuovo codice penale.
IL DIRITTO DI ESPRESSIONE - Ma di cosa è stato accusato Orhan Pamuk ?
“Chiunque ha il diritto alla libertà d'opinione e d'espressione; il che implica il diritto di non essere turbato a causa delle sue opinioni e quello di cercare, ricevere e diffondere, senza considerazione di frontiere, le informazioni e le idee attraverso qualunque mezzo di comunicazione” (Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo).
La libertà di parola è un concetto fondamentale nelle democrazie liberali. Ciò nonostante i governi possono decidere di limitare specifiche forme di espressione, come l'incitamento all'odio razziale, nazionale o religioso, l'appello alla violenza contro un individuo o una comunità. La libertà di espressione di Pamuk ha svegliato antichi nazionalismi mettendo a fuoco la “diversità” della Turchia rispetto alle altre nazioni di origine Musulmana. La sostanza del problema è questa: i diritti umani in Turchia. Amnesty International seguita a porre la questione, ancora senza risposte. Le forze dell'ordine turche devono rispondere di 21 omicidi e torture nelle carceri, senza valide ragioni. Con l'articolo 301 del codice penale contro “l'oltraggio al nome della Turchia”, attualmente in vigore, si fa ancora forza una minoranza di estremisti avvocati ultranazionalisti del MHP, il partito dei Lupi Grigi, di cui faceva parte anche Alì Agca, l'attentatore di papa Giovanni Paolo II. Ancora oggi la nazione turca sta confrontando la sua “cultura” con la realtà dei diritti umani, grazie alla rivoluzione silenziosa dei giornalisti e degli intellettuali del suo Paese, che lottano affinché capisca che quella dei diritti umani è una scelta di governo e di cultura, non una strategia politica. L'UE, l'ONU, le attività delle ONG e delle associazioni riusciranno, prima o poi, a scoprire e denunciare una falsa applicazione dei diritti.
Purtroppo il blocco nazionalista contrasta la messa a fuoco delle situazioni dolorose e travagliate del passato della Turchia. Per questo l'Unione Europea ha più volte sollecitato l'abrogazione dal codice penale del fatidico articolo 301 che punisce ogni tentativo di espressione che potrebbe offendere l'identità turca e che ostacola così la libertà di pensiero e di ricerca storica. Soltanto il lavoro di una meditata crescita interiore del Paese mette a frutto l'applicazione dei diritti umani senza imposizioni di sorta: questi costituiscono la conquista della civiltà che non può essere sottoposta a nessuna trattativa. A quanti ancora, come Pamuk, sarà sbarrata la strada? Una cosa è certa: più ci saranno costrizioni, più la lotta andrà avanti.
(di Sabina Di Rado - del 2008-11-13) articolo visto 4242 volte
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