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SUU KIY TORNA IN CARCERE: CONTINUA LA BATTAGLIA CON IL REGIME

imprigionata nuovamente, nonostante l’opposizione delle comunità internazionali

Aung San Suu Kyi ancora in carcere. L' “eterna prigioniera” birmana, premio nobel per la pace nel 1991 è stata condotta nella prigione di Insein nei giorni scorsi, per aver violato i patti del regime di detenzione, ricevendo nella sua villa sul lago Inya, dove era agli arresti domiciliari dal 2003,il mormone americano John William Yettaw. L'uomo si era recato giorni fa, attraversando il lago a nuoto, presso l'abitazione di Suu Kyi, pregando la donna di essere ricevuto. Era la seconda volta che Yettaw provava ad entrare in contatto con la leader della Natonal League for Democracy( NLD): la prima volta era stato respinto dalla governante. Questa volta invece era riuscito a farsi ricevere e questa visita ha funto da pretesto per il regime birmano, per incarcerare la Signora (così è nota Suu Kyi nel suo Paese).
ETERNA PRIGIONIERA - La lotta che il regime dei militari combatte contro Aung San Suu Kyi va ormai avanti da vent'anni. Nel 1989, infatti, la giunta militare, che l'anno prima aveva preso il potere con la forza dopo aver represso una rivolta popolare fece arrestare Suu Kyi per la prima volta. Rilasciata nel 1995, fu nuovamente incarcerata nel 2000, ancora rilasciata nel 2002 e infine posta agli arresti domicilari nel 2003.Il 27 maggio si sarebbe dovuto discutere sul possibile rilascio della Signora.
L'inopportuna visita di Yettaw ha invece offerto l'occasione alla giunta militare per riportare Suu Kyi in carcere in attesa di un processo che dovrebbe condannarla ad una pena oscillante tra i tre e i cinque anni
La comunità internazionale ovviamente ha alzato la voce contro questa accusa “senza fondamento” (parole del segretario di Stato americano Hillary Clinton). Piero Fassino, inviato Ue per la Birmania, ha ribadito che Aung San Suu Kyi deve “essere liberata e le devono essere assicurati pieni diritti”.
Purtroppo il regime birmano non pare voler scendere a compromessi e continua dritto per la strada intrapresa vent'anni fa. La destituzione nel 2004, del primo ministro Khin Nyunt, favorevole al dialogo con il NLD, e la sua sostituzione con Soe Win, uomo molto vicino al presidente, il generale Than Swe, hanno definitivamente bruciato le speranze di una deriva democratica del Paese
UN PO’ DI STORIA - La Birmania è, dall'inizio della sua nascita, un Paese pieno di contrasti. Sin dalla sua indipendenza dalla Gran Bretagna, nel 1948, il Paese è stato scosso da forti dissidi interni. E la famiglia di Suu Kyi è sempre stata un protagonista sfortunato della storia politica birmna. Il padre della Signora, infatti, il generale Aung, considerato uno dei padri fondatori della Birmania moiderna, fu assassinato assieme ad altre nove persone mentre partecipava a una seduta di governo nel 1947 da alcuni avversari politici.
Nel 1962 prese il potere una dittatuta militare Il generale Ne Win, capo assoluto del paese, che perseguì una via birmana al socialismo. Il generale poi fu costretto a dimettersi dopo 26 anni di potere assoluto, proprio dalla rivolta popolare grazie alla cui repressione arrivò al potere il Consiglio di Stato per il ripristino della legge e dell’ordine (poi denominato nel 1997,Consiglo di Stato per la pace e lo sviluppo)
DUE PROBLEMI - Due sono le cause che fanno della Birmania uno dei Paesi più turbolenti del sudest asiatico. Anzitutto i dissidi etnici tra le popolazioni. Oltre a ceppo birmano infatti esistono altre due etnie forti, quelle Karen e degli Shan, che si battono per la secessione dal Paese. Il governo ha cercato di mediare con queste due etnie, arrivando nel 1989, a cambiare il nome del Paese da Birmania a Myanmar per cancellare ogni riferimento alla popolazione birmana dominante.
Il secondo problema è il traffico di droga. Myanmar, Laos e Thailandia infatti, cioè i Paesi che formano il cosiddetto Triangolo d’oro, negli anni ’90 producevano circa il 60-70% dell’oppio e dell’eroina che arrivavano dai mercati illegali della droga. Oggi la produzione di oppio è scesa, grazie alla politica repressiva intrapresa dal governo, ma non ha intaccato i grandi produttori di stupefacenti che sono passati dalla produzione di eroina a quella di metanfetamine. In questo paese di profondi dissidi Lung San Suu Kyi lotta per una svolta democratica.
SENZA DIRITTI - La Comunità Europea e Mondiale la considera l’unico partner credibile, la giunta militare un nemico da imbavagliare. Chi ci va di mezzo è soprattutto la popolazione birmana che si vede privata di molti diritti. La costituzione approvata nel 1974 è lettera morta. Il regime è sospettato di aver compiuto crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Non ci sono diritti civili. Questa è la situazione che il mormone Yettaw, ha trovato e che suo malgrado, con la sua sciagurata visita alla Signora, ha contribuito a peggiorare.
(di Davide Luciani - del 2009-05-19) articolo visto 4951 volte
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