L'Opinionista Giornale Online - Notizie del giorno in tempo reale
Aggiornato a:
 

NUOVO MINIMO DELL’EURO: TORNA IL PESSIMISMO?

Dall'inizio della crisi ai possibili interventi

L'INTRODUZIONE DELL'EURO – L’euro fu introdotto per la prima volta nel 1999 come moneta virtuale (ad esempio per trasferimenti di titoli), poi, nel 2002 avvenne l’introduzione come moneta ufficiale negli Stati dell’Unione Europea che aderirono all’euro formando la cosiddetta Zona Euro o Eurozona.
Gli Stati per poter partecipare all’introduzione della nuova valuta dovevano rientrare nei cosiddetti parametri di Maastricht che consistevano in:
1)un deficit non superiore al 3% del prodotto interno lordo;
2)un rapporto debito/PIL non superiore al 60%;
3)un tasso d’inflazione non superiore al 1,5% rispetto alla media di tre Stati membri a più basso tasso d’inflazione;
4)un tasso d’interesse non superiore al 2% rispetto alla media di tre Stati membri a più basso tasso d’inflazione;
5)l’appartenenza da almeno ad un biennio al Sistema Monetario Europeo.
Le politiche monetarie della zona euro sono decise dalla Banca Centrale Europea (BCE) con sede a Francoforte, mentre le decisioni delle politiche fiscali ed economiche sono prese dall’ Eurogruppo, ossia l’insieme dei ministri dell’economia e delle finanze degli Stati aderenti alla zona Euro.
INIZIO DELLA CRISI DELL'EURO - La crisi ebbe inizio con quella economica nei primi mesi del 2008 caratterizzata dall’aumento del prezzo delle materie prime, soprattutto del petrolio, un’inflazione globale abbastanza elevata, il rischio di una recessione globale, crisi nel mercato del credito ed una mancanza di fiducia nei mercati borsistici. Gli Stati Uniti hanno conosciuto una forte crisi creditizia ed ipotecaria a seguito delle speculazioni immobiliari e del dollaro debole rispetto all’euro ed altre valute.
Tale situazione, aggravata anche dall’aumento della disoccupazione, protratta per diversi mesi, ha causato il fallimento di banche ed enti creditizi le quali hanno inciso sui valori borsistici in modo negativo e sulle capacità di risparmio e consumo delle famiglie. La situazione si è ancora più aggravata con la bancarotta di alcune società di credito e di finanza immobiliare. Il governo, per cercare di salvare alcune di queste società, è intervenuto immettendo liquidità; nel frattempo le borse accusavano forti perdite di valore.
IN EUROPA – La crisi USA si è espansa anche in Europa. In particolare nell’euro zona l’economia ha subito una contrazione, in Islanda si è avuto il fallimento di alcune delle maggiori banche aggravando la già precaria situazione economica, in Inghilterra si è provveduto ad una parziale nazionalizzazione delle banche, il più grande istituto di credito franco-belga è stato salvato dal fallimento grazie all’intervento dei rispettivi governi.
La Grecia è il paese della zona euro che più ne ha risentito della crisi economica. E’ stato lo stesso presidente George Papandreou che ne ha dichiarato il rischio di bancarotta. Infatti la Grecia presenta un forte debito pubblico, un alto tasso di disoccupazione e molte aziende sono a rischio di fallimento.
Tale situazione preoccupa molto l’Unione Europea perché teme che possa incidere anche sugli altri Paesi dell’euro zona. Quindi è intervenuta, insieme al fondo monetario internazionale, concedendo un prestito, tramite un piano economico approvato dal governo greco, di circa 45-46 miliardi di euro allo scopo di ridurre il debito pubblico. Oltre la Grecia, anche per altri Stati come la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda, si è diffuso il timore di una crisi del debito pubblico.
L’Italia sembra non essere a rischio, tuttavia il ministro dell’economia Tremonti ha dichiarato che “nessun paese è immune al virus greco” e che tale rischio è presente in tutta la zona euro. Anche l’Ungheria sembra diffondersi il rischio-Grecia. Infatti il portavoce del primo ministro ungherese ha dichiarato che il nuovo governo ha trovato il debito pubblico in una condizione peggiore di quanto lo si attendesse facendo pensare ad un rischio come quello greco. Tale situazione ha avuto delle ripercussioni negative, oltre che sull’euro, anche sulle borse europee.
POSSIBILI INTERVENTI – Si tratterebbe di mettere in atto alcune possibili soluzioni quali:
1)normativo/politica;
2)monetaria;
3)ristrutturazione.
La prima consisterebbe di dotare l’E.U. di un organismo federale che abbia degli strumenti in grado di sostenere i Paesi in crisi. Tale organismo dovrebbe essere dotato di un’autonomia economica che si potrebbe ottenere:
- a) imponendo delle imposte federali;
-b) finanziarsi direttamente dal mercato;
-c) con una contribuzione degli Stati membri.
Inoltre tale organismo dovrebbe essere in grado di imporre la propria politica economica e fiscale ai paesi dell’area euro. In tal senso bisogna però considerare le difficoltà che si potrebbero incontrare dato che gli Stati non vogliono rinunciare alla propria sovranità nazionale e quindi di non voler delegare a livello europeo decisioni di politica economica e fiscale.
La seconda soluzione, quella monetaria, consisterebbe che la Banca Centrale Europea dovrebbe procedere direttamente all’acquisto di titoli sul mercato, oppure accettare tutti i titoli di stato dei paesi aderenti all’euro senza condizioni, né limiti né penali. In tal modo si avrebbe una monetizzazione del debito dei paesi in difficoltà grazie alla capacità della BCE di stampare moneta.
Con tale soluzione la BCE, se da un lato tenderebbe a ridurre i timori del mercato per l’insolvenza di uno o più Stati dell’area euro, dall’altro perderebbe la sua credibilità in termini di lotta all’inflazione e di difesa del valore dell’euro. La soluzione della ristrutturazione sarebbe quella più razionale per i paesi deboli sia dal punto di vista economico che finanziario, e consisterebbe nell’effettuare una ristrutturazione interna e contestualmente uscire dalla zona euro, anche se temporaneamente. In tal modo però si potrebbe avere da un lato, una forte perdita del valore dell’euro, e dall’ altro si rischierebbe il fatto che altri Paesi in difficoltà, seguirebbero lo stesso esempio. In quest’ultimo caso la perdita di valre dell’euro sarebbe ancora maggiore.
CIO' CHE E' STATO FATTO – L’Ecofin a Bruxelles ha varato un piano di circa 750 miliardi di euro di cui 500 euro provenienti dalla UE il rimanente dal FMI. Al piano varato non ha aderito l’Inghilterra. Sono stati richiesti sia alla Spagna che al Portogallo delle manovre correttive per far si che il PIL nel corso del 2010 aumenti di 1.5 punti percentuali e nel 2011 di circa 2 punti percentuali.
L'OPINIONE DI JEAN CLAUDE TRICHET – Secondo Trichet, l’attuale presidente della Banca Centrale Euopea, nella zona euro i tassi d’interesse sono adeguati alla situazione attuale (circa 1 punti percentuali), l’economia è in “ripresa graduale” e lo sarà per tutto il 2010, inoltre Trichet ha chiesto ai governi di ridurre le misure fiscali per sostenere l’economia.
(di Giovanna Barone - del 2010-06-24) articolo visto 4743 volte
sponsor