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ARTEMISIA GENTILESCHI. STORIA DI UNA PASSIONE

A Palazzo Reale, l'antologica dedicata alla pittrice romana protagonista del Seicento Europeo

"Artemisia Gentileschi, Storia di una Passione" è la prima mostra monografica interamente dedicata ad Artemisia Gentileschi, pittrice romana considerata come una delle artiste più influenti del Seicento Europeo.
Milano rende omaggio a questa importante donna e poliedrica autrice ospitando nelle aule di Palazzo Reale, dal 22 Settembre 2011 al 29 Gennaio 2012, una vasta selezione delle sue opere. Per la prima volta l’ampia monografia milanese riscopre un’artefice completa di chiaro talento, eclettica, che sfidò le convenzioni sociali dimostrando coraggio e determinazione.
Nata a Roma l'8 luglio 1593 era la primogenita del pittore Orazio Gentileschi, esponente di primissimo piano del caravaggismo romano. Artemisia ebbe il suo apprendistato artistico presso la bottega paterna e poiché lo stile del padre si riferiva espressamente all'arte del Caravaggio (con cui Orazio ebbe rapporti di familiarità), anche i suoi esordi artistici si collocano nella scia del grande pittore lombardo.
La mostra raccoglie 40 opere e ripercorre la carriera artistica di questa donna, figlia d'arte, che scelse la pittura come professione. Suddivisa cronologicamente nelle quattro fasi che marcano la sua vita: gli inizi romani sotto l’influenza del padre Orazio, gli anni a Firenze, il ritorno a Roma all’inizio degli anni Venti e l’ampia pagina di attività napoletana fino alla morte giunta nel 1653.
Racconto di una delle poche donne artiste nella Roma barocca di papa Paolo V Borghese. Artemisia ha dovuto aspettare oltre tre secoli per vedere riconosciuto dai posteri il suo status di Artista. Fino al secondo dopoguerra viene ricordata principalmente per il processo per stupro intentato al collega del padre Agostino Tassi (che segnerà completamente la sua vita e la sua carriera) che per i suoi chiari meriti artistici. La forza espressiva del suo linguaggio eloquente e l’interesse per la figura di Artemisia vennero letti e utilizzati anche in chiave femminista: questo continuò a mettere in ombra i suoi riconoscimenti pittorici ma ad accrescere il fascino del suo personaggio.
Un saggio del 1916 di Roberto Longhi, maestro della critica italiana, intitolato “Gentileschi padre e figlia”, ha avuto il merito di riportare all'attenzione della critica la dignità artistica di Artemisia Gentileschi nell'ambito dei caravaggeschi nella prima metà del XVII secolo. Longhi definiva l’artista come «l'unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura, e colore, e impasto, e simili essenzialità..». Lo studioso per la prima volta mette in luce la legittima appartenenza di Artemisia al mondo di Caravaggio considerandola fondatrice del “primitivismo caravaggesco” a Napoli, città dove la pittrice soggiornò due volte.
In un’epoca quale il Seicento, dove il ruolo della donna viene debolmente considerato, Artemisia Gentileschi rappresenta l’anticonvenzionalità. La donna che traspira dalle parole di Longhi va oltre certi stereotipi del tempo e si inserisce in una condizione di netta parità con gli uomini artisti, oltre che a pari livelli col padre.
Nella lettura effettuata del dipinto più celebre di Artemisia, la “Giuditta che decapita Oloferne” degli Uffizi, eccelso tributo al Caravaggio, Longhi scriveva: «.. Ma - vien voglia di dire - ma questa è la donna terribile! Una donna ha dipinto tutto questo?» ed aggiungeva «[...] che qui non v'è nulla di sadico, che anzi ciò che sorprende è l'impassibilità ferina di chi ha dipinto tutto questo ed è persino riuscita a riscontrare che il sangue sprizzando con violenza può ornare di due bordi di gocciole a volo lo zampillo centrale! Incredibile vi dico! Eppoi date per carità alla Signora Schiattesi - questo è il nome coniugale di Artemisia - il tempo di scegliere l'elsa dello spadone che deve servire alla bisogna! Infine non vi pare che l'unico moto di Giuditta sia quello di scostarsi al possibile perché il sangue non le brutti il completo novissimo di seta gialla?.. » (Roberto Longhi, Gentileschi padre e figlia, in "L'Arte", 1916).
La tela che raffigura “Giuditta che decapita Oloferne” (1612-13), conservata al Museo Capodimonte di Napoli, spaventosa per la violenza della scena che raffigura, è stata interpretata come desiderio di rivalsa rispetto alla violenza subita. Vendetta in effigie di Artemisia contro Agostino. L'assassinio del tiranno è un gesto femminista non soltanto gesto barocco e teatrale. La lettura del dipinto sottolinea cosa significhi saperne "di pittura, e di colore e di impasto": sono evocati i colori tonanti della tavolozza di Artemisia, le luminosità delle vesti, l'attenzione perfezionistica per la realtà dei gioielli e delle armi. Il sangue di oppressori che scorre su letti di seta candida, le pennellate vivaci e i contrasti di luce sono gli strumenti terapeutici di Artemisia e per la forza e la carica espressiva, i suoi dipinti e la sua storia hanno suscitato grande interesse e assenso.
Ammirazione imperiosa alla tela orizzontale raffigurante “Giaele e Sisara”, firmata e datata sul pilastro di pietra: “ARTEMITIA. LOMI FACIEBAT MCXX” che mostra il corpo morto di Sisara, l’oppressore cananeo appena ucciso dalla donna con un chiodo nella tempia. La data 1620 è abbinata alla firma in capitali letteralmente scolpita sulla guasta Giaele e Sisara dello Szépmüvészeti Múzeum di Budapest, a latere di un dramma a due spoglio d’ambientazione. Roberto Contini, curatore della mostra, dichiara: “I paradigmi usuali, fisionomici, coloristici, il gesto sospeso del martello brandito, appena a un passo dall’adeguatamente preparato omicidio, trasmettono un rallentamento d’emozioni, un congelamento del delitto virtuoso che, se appaiono non alieni dall’uso fiorentino, più melodrammatico, mostrano aperture sui naturalisti di Francia intorno al Vouet”. Punto fermo della cronologia dell’artista, il dipinto mostra un’altra vittoria femminile nella costante ricerca di libertà e giustizia.
Artemisia Gentileschi “Jael and Sisera”, 1620 Museum of Fine Arts, © Budapest La storia dell'arte ci ha consegnato poche, pochissime donne che hanno avuto il supposto genio artistico, l'ispirazione e le capacità di concretizzare opere degne di essere ammirate e tramandate. Doveroso è ricordare che poche, pochissime donne hanno potuto e saputo superare i limiti culturali, familiari e comuni loro imposti dalla società.
Artemisia Gentileschi, è un personaggio studiato non solo dagli storici d’arte ma anche da psicologi, ravvisando nella sua arte la tenacia e la forza, la volontà di affrancarsi da un passato amaro segnato dalla violenza subita da Agostino Tassi e dalla vergogna del processo. Di quel processo è rimasta esaustiva testimonianza documentale, che colpisce per la crudezza del resoconto di Artemisia e per i metodi inquisitori del tribunale. Gli atti del processo (conclusosi con una lieve condanna del Tassi) hanno avuto grande ascendente e forte impulso sulla lettura in chiave femminista, data nella seconda metà del XX secolo alla figura di Artemisia Gentileschi, sottolineando la forza espressiva che il suo linguaggio pittorico assurge quando i soggetti rappresentati sono le famose eroine bibliche.
Susanna, Giuditta, Lucrezia, Cleopatra, l’Allegoria della Pittura sono figure che incarnano il diritto della donna di affermarsi all’interno della società e, nel caso di Artemisia, nell’essere riconosciuta oltre che come donna anche come artista donna, indipendente. Artemisia è divenuta così l’emblema del femminismo, dell'anticonformismo e del desiderio di ribellarsi al potere maschile.
La critica più recente, ha inteso dare una lettura meno riduttiva della sua carriera, collocandola più attentamente nel contesto dei diversi ambienti artistici che la pittrice ebbe a frequentare. Una tale lettura ci restituisce la figura di una artista che lottò con determinazione, contro i pregiudizi che si esprimevano nei confronti della pittrici donne, riuscendo ed inserirsi nella cerchia dei pittori più reputati del suo tempo.
L'esposizione, presentata da Palazzo Reale e 24 Ore Cultura-Gruppo 24 Ore, è promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Milano a cura di Roberto Contini e Francesco Solinas con le scenografie di Emma Dante. Da non perdere per chi ama questa pittura densa di significato e di emozioni.
Fonte:
Artemisia Gentileschi “Giuditta decapita Oloferne”, Museo di Capodimonte, Napoli © Archivi Alinari, Firenze Artemisia Gentileschi “Jael and Sisera”, 1620 Museum of Fine Arts, © Budapest
(di Rosalba Radica - del 2011-10-04) articolo visto 11133 volte
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