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LA STORIA DELLA CASA ITALIANA

L'evoluzione dal dopo guerra al contemporaneo

“… La casa è uno dei più potenti elementi di integrazione dei pensieri, i ricordi e i sogni dell’uomo. La casa, nella vita dell’uomo, lo sostiene attraverso le bufere del cielo e della vita, è corpo e anima. Prima di “essere gettato nel mondo,” l’uomo viene depositato nella culla della vita, e la casa è una grande culla.” (Gaston Bachelard )
Prendendo spunto dalla mia tesi di dottorato dove analizzavo e studiavo la produzione italiana riferita alla casa nel decennio successivo al secondo dopoguerra, quando il nostro paese, all’indomani della liberazione, si trova a dover far fronte ai danni causati dalla guerra e polarizzare tutto il suo sforzo nel tema della casa, ho pensato di scrivere una serie di articoli che ci conducono alla definizione di casa ovvero all’identità della casa italiana.
L’interesse per la ricerca muove dalla consapevolezza di come il concetto di abitazione stia cambiando nel modo contemporaneo.
La messa in discussione della casa intesa come rifugio, isola di tranquillità, “come l’unico bastione contro l’incubo del nulla, del buio e dell’oscurità del passato” (Immanuel Kant), ha fatto si che oggi si punti sempre più spesso alla realizzazione di un organismo permeabile alle sollecitazioni che provengono dal mondo esterno; le nostre pareti sono diventate una sorta di grande schermo sulle quali vengono proiettate immagini di paesaggi virtuali che poco o niente hanno a che fare con il nostro modo di essere, che non ci rappresentano.
Si assiste ad una sorta di disgregazionetipologica con ambienti che cercano di accogliere nuclei familiari sempre più dinamici e proiettati verso il mondo esterno; (la casa grazie alla telematica si è trasformata in una vera e propria succursale dell’ufficio).
Tutto ciò ha determinato una sorta di malessere generale, si è perso di vista il concetto che le persone magari si sentono molto più a loro agio in abitazioni che non differiscono sostanzialmente da quelle dei propri avi, in case ancora capaci di emozionarci.
“La casa deve essere un fatto semplice. La si giudica dal grado di incanto che si prova a guardarla da fuori, e dal grado di incanto che si prova a viverci dentro” (…Pierluigi Nicolin) .
Attraverso lo studio della produzione e ricerca architettonica sulla casa degli anni ’50 tenterò di individuare i percorsi che hanno segnato le ricerche architettoniche degli architetti italiani che hanno operato durante gli anni della grande ricostruzione.
L’obiettivo principale sarà quello di cercare di legare il tema architettonico della casa con il tema dell’identità della casa italiana ripercorrendo un arco ben definito di tempo; scoprire se è possibile estrapolare degli elementi che ci permettano di capire se ha senso parlare ai nostri giorni dell’identità di un aspetto dell’architettura italiana come quello della casa.
Se ha senso utilizzare ancora questi termini “identità”, “italiano” e se invece ciò non può che determinare una sorta di regressione: un voler a tutti costi rivendicare, nell’epoca di internet, la concretizzazione delle specificità locali, che è oggi, il risultato spesso di una pigrizia, se non chiusura mentale.
Magari è un errore credere che la salvezza dell’architettura italiana ormai quasi completamente ignorata all’estero, possa essere affidata ad un ritorno all’italianità delle nostre radici.
É anche possibile infatti che la nostra ricerca risulti vana e che, nonostante il senso di appartenenza che caratterizza molti di noi, si possa giungere alla conclusione sia che i caratteri dell’architettura italiana siano troppo influenzati dall’esterno per parlare di identità, sia che essa, qualora esista, sia qualcosa di cui bisogna liberarsi per affrontare le prospettive della moderna globalistica.
Credo che l’architettura italiana non possa essere fusa in una continuità di stili e di linguaggi, né su un’unità di caratteri, né tantomeno sull’unità di luogo geografico. Piuttosto sulla capacità di costruirsi sul dialogo con i caratteri limitati e specifici del luogo, in opposizione alla nozione di spazio infinito e indifferenziato. Acquisire quindi la consapevolezza che l’architettura si costruisce sempre in un luogo fisico determinato, che tale luogo fisico possiede una profondità storica e geografica e una serie di affinità con cui di fatto deve dialogare.
In un contesto in cui appare evidente che le nuove tecnologie saranno destinate a svolgere un ruolo sempre più importante nell’uso sostenibile delle risorse ambientali, l’approccio italiano all’architettura e all’identità dei luoghi costituisce un elemento di innovazione in qualità di variabile a logiche forzatamente internazionalizzanti.
Essere conservatori italiani non significa conservare i pensieri antichi, ma solo conservare l’antica energia italiana di trasformarsi continuamente. (Vittorio Mugnago Lampugnani).
(di habitage per gentile concessione - del 2012-09-05) articolo visto 6700 volte
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