Una madre, un figlio, i sogni infranti dalla droga

1376

Una madre, un figlio, i sogni infranti dalla drogaLa madre racconta il suo dramma attraverso una lettera lasciatale dal figlio ventenne tossicodipendente

REGGIO EMILIA – Non occorre girare il mondo per trovare casi disperati. Basta restare a casa, in una palazzina in quel di Reggio Emilia, tenere le antenne alzate, le antenne dell’anima. Il portinaio me l’aveva detto, una mattina :al piano sotto casa sua, c’è una donna che fatica a vivere. Ha un figlio che si droga, che la picchia, perchè ha bisogno continuamente di soldi. E così, l’altra mattina ho suonato a quella porta. Sempre il portinaio, m’aveva detto che il figlio era scomparso. Fuggito, non si sa con chi e perchè.

La disturbo?

Venga, s’accomodi. Ha saputo anche lei di mio figlio? Mi ha lasciato una lettera. Lui non scrive mai lettere. L’ha fatto per non farmi impazzire di paura. Se vuole gliela leggo”.

Si siede, avrà sì e no quarant’anni, ma gli occhi sono stanchi, sono quelli d’una persona senza età, vicino alla fine.

“Cara mamma, ieri ho compiuto vent’anni. Mi sono ricordato che era la mia festa quando sei arrivata a tavola con la torta, e con l’accendino in regalo. Se non era per te, anche questo giorno passava via come l’acqua marcia. Sono tanto stanco, stanco d’essere violento con te, di portarti via il denaro. Ma non ce la faccio a chiederti perdono. perchè il bisogno di tenermi su con qualcosa è sempre più forte, più più forte anche di te. Preferisco lasciarti sola. Con la pensione minima non ce la fai a vivere. Me ne vado. Non pensare a cose terribili. In qualche modo m’arrangio. Comincerò a chiedere prestiti agli amici. E se avrò le forze riuscirò anche a inventarmi un lavoro. Non ce la faccio a vederti impallidire ogni giorno di più. Non so se faccia più male la droga a me, o io a te, Ti ho drogato coi miei insulti. Ti ho drogato con le mie scenate, i miei urli, Ti lascio in pace. Se ti manco troppo, la sera sdraiati sul mio letto. E’ là che io smaltivo gli effetti della droga.

Dimenticarmi su quel letto. Sono andato via per non vederti piangere. Quando vedo le tue lacrime, mi vengono in mente i discorsi di papà. Fallo per tua madre, mi diceva, Pensa a tua madre, mi ripeteva prima di morire. E io ti ho perseguitato, ti ho vittimizzato ora per ora. Se la droga deve eliminare qualcuno, tocca a me. Non vedo perchè debba pagare tu per tuo figlio. Se ce la farò, ti darò un colpo di telefono. Ma anche la tua voce mi fa male, mi ricorda gli sbagli che ho commesso dai tempi del militare fino a oggi. Non ti rispetto, non ti considero, non ti tratto come una donna: ma come un mio spacciatore.

Non ti chiedo neanche perdono, perchè lo faresti troppo facilmente. Campa in pace mamma, considerami un grande errore della tua vita. Io vado via, vado a cercare i prati, un’erba tutta mia. Mi sdraio, mi rotolo, e poi mi drogo. Lasciami sognare così, mamma. Non sono adatto per restare in queste quattro mura. Chiedo scusa a te, agli amici. Ai vicini di casa. Semmai scendesse giù a tentare di consolarti quel giornalista che abita sopra di noi, digli che mi sta antipatico, perchè non fa l’inviato di guerra. Io stimo soltanto la gente che rischia la vita, ora dopo ora. Non m’interessano quelli che vanno a ritirare lo stipendio ogni mese. É anche per colpa loro se mi drogo. Per contestarmi, per dire tutta la mia rabbia contro le scrivanie occupate e contro i prati vuoti…”.prati verdi

La donna smette per un istante di leggere. Mi guarda negli occhi. Dunque suo figlio mi conosceva, aveva previsto che io sarei andato a curiosare, a tentare di consolare la madre. I suoi occhi mi sembrano ancora più stanchi di prima. E lei ricomincia a leggere.

“Se qualcuno volesse cercarmi, per riportarmi da te, dovrebbe fare tanta strada. Lasciare le case, andare in periferia, in campagna, Perchè io nel cemento non ci sto più. Te l’ho detto, voglio il verde. Perchè dentro io so d’essere verde, più verde di quelle foglie di basilico che hai sul balcone di cucina. Grazie per quella torta mamma, grazie per quell’accendino che ho portato via con me. Per te io non cresco più, resto a vent’anni. Immagina che sono partito per la guerra, o che sono andato volontario in Africa, a salvare gente senza pane e acqua. Immaginami come vuoi, ma vincitore. Non sto perdendo mentre scappo. Sento che qualcosa ho deciso, ho risolto. Non mi rovinare quest’unica vittoria della mia vita. Adesso ti lascio mamma, perchè c’è una bomba puntata verso di me, che sta cadendo dal cielo a velocità vertiginosa. Devo spostarmi, almeno di qualche metro, devo raggiungere i prati prima che lei raggiunga me. Ti adoro. Tuo figlio”.

Torno su a casa. Guardo la mia scrivania, il mio computer, il mio cellulare. Mi tornano in mente le parole del ragazzo, che non mi ama, e che non mi stima perchè non faccio l’inviato in guerra. La siringa della sua filosofia verde è entrata nelle mie vene. Non so se guarirò. E non so neanche se voglio guarire.