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RITORNO AL NUCLEARE?

Il cambio di rotta del Governo Berlusconi nella politica energetica

Un punto del programma elettorale del PdL per le politiche del 13 e 14 aprile 2008 prevedeva per l'Italia la “partecipazione ai progetti europei di energia nucleare di ultima generazione”. Tuttavia l'annuncio dato dal Ministro dello Sviluppo Economico Scajola (“Entro 5 anni costruiremo in Italia un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione”) è stato quasi un fulmine a ciel sereno. Nonostante, anche in un recente passato, parecchi uomini politici di primo piano siano si siano detti favorevoli a rispolverare il dossier nucleare italiano, magari facendo partecipare il nostro Paese alla ricerca per i reattori di quarta generazione, tuttavia questa è la prima volta che un esponente del Governo si espone con parole tanto nette su un tema del genere.
IL REFERENDUM ANTINUCLEARE - il referendum abrogativo del 1987 (promosso dal Partito Radicale sull'onda emotiva causata dal grave incidente del 1986 nelle centrale di Cernobyl, nell'allora Unione Sovietica) sancì, di fatto, l'abbandono, da parte dell'Italia, del ricorso al nucleare come forma di approvvigionamento energetico. In attuazione di detto referendum, infatti, nel 1988 il Governo italiano, in sede di approvazione del nuovo «Piano energetico nazionale», deliberò la moratoria nell'utilizzo del nucleare da fissione quale fonte energetica, lanciando nel contempo un programma per l'arresto, a breve, dell'assemblaggio di combustibile nucleare.
Bisogna però precisare che il referendum del 1987 non è stato e non poteva essere “nucleare sì, nucleare no”. Il primo motivo è che le uniche risposte possibili alle domande di un referendum sono “si” e “no”; non è possibile dare alternative, cioè fare una scelta diversa.
Il secondo motivo è che il referendum è puramente abrogativo (articolo 75 della Costituzione della Repubblica Italiana): cioè, può essere utilizzato soltanto per abolire una legge esistente, e non per proporre una legge nuova. Infatti, i tre quesiti di cui si componeva il referendum antinucleare riguardavano:
1) l'abolizione della procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari;
2) l'abolizione dei contributi a Regioni e Comuni sedi di impianti elettronucleari;
3) l'abolizione della partecipazione dell'Enel alla realizzazione di impianti elettronucleari all'estero. Si capisce quindi, come fu il Governo che intese recepire la vittoria del sì nella sua accezione più ampia, chiudendo le quattro centrali allora in Italia (Trino, Caorso, Latina e San Venditto-Garigliano che del resto era già stata fermata nel 1981 perché ritenuta obsoleta) e bloccando i lavori in quella di Montalto Di Castro (completata all'80% e in seguito riconvertita a olio combustibile).
LA SITUAZIONE ITALIANA - malgrado l'assoluta povertà di minerali energetici, l'Italia è tra i principali produttori di energia elettrica su scala mondiale (290.608 ml Kwh nel 2005) ma la disponibilità non soddisfa i crescenti bisogni così è necessario ricorrere all'importazione (il 12,5% dell'energia elettrica utilizzata è importata da Francia e Svizzera).
La fonte di più antico e tradizionale sfruttamento, quella fornita dalle risorse idriche, cui si deve l'impulso ricevuto dalla prima industrializzazione italiana, è ormai prossima alla saturazione. Perciò gran parte della produzione è assicurata da impianti termoelettrici a olio pesante, carbone e gas naturale (più di 230.000 ml Kwh nel 2003) mentre è in grande sviluppo, anche nel quadro della progressiva abolizione del monopolio ENEL, l'installazione di impianti a turbogas alimentati a metano, poco inquinanti e molto efficienti sul piano energetico (cogenerazione di vapore e acqua calda).
E' ancora poco sviluppato lo sfruttamento delle fonti di energia rinnovabili: si contano pochi impianti a energia eolica (soprattutto in Sardegna) e ad energia solare (soprattutto in Sicilia) a causa degli altissimi costi di queste centrali e della scarsa efficienza che caratterizza queste tecnologie, basti pensare che per produrre con il solare l'energia generata da una sola grossa centrale a olio combustibile, come quella di Brindisi con i suoi 2.640 MW, sarebbe necessaria una superficie complessiva di pannelli tale da ricoprire l'intera pianura padana!
LA BOLLETTA ENERGETICA - alla luce della situazione attuale appare quindi evidente come l'Italia, a seguito dello 'sconsiderato abbandono' del nucleare nel 1987, si trovi ad essere drammaticamente dipendente dal petrolio e in balia delle speculazioni internazionali che, assieme all'aumentata domanda di greggio per l'esplosione delle economie asiatiche, hanno portato il prezzo dell'oro nero al record di 140 dollari al barile, polverizzando in pochi mesi la soglia psicologica dei 100 dollari.
Per il nostro Paese, la bolletta energetica rappresenta ogni anno un salasso da 30 miliardi di euro che porta in disavanzo la nostra bilancia commerciale. I costi di questa dissennata politica energetica si traducono in un danno incalcolabile per il sistema Italia: le bollette dell'energia in Italia sono tra le più care d'Europa e questo significa, oltre alle intuibili conseguenze sulle famiglie, anche una forte perdita di competitività per le imprese, che naturalmente sono svantaggiate in un mercato sempre più competitivo come quello globale.
IL NUCLEARE RISPETTA L'AMBIENTE - mentre l'Italia puntava tutto sul petrolio e diventava ostaggio dei ricatti dei paesi dell'Opec, in Francia si scommetteva sull'atomo al grido di “indipendenza energetica”. Oggi i nostri cugini d'oltralpe sono i secondi produttori al mondo di energia nucleare con 59 reattori in 19 impianti da cui producono l'80% del loro fabbisogno energetico.
Bisogna ammettere che solo le centrali nucleari possono darci tutta l'energia di cui abbiamo bisogno, ad un prezzo contenuto (sebbene il costo di un nuovo impianto sia molto elevato) e soprattutto tenendo presente il rispetto per l'ambiente. Questo perché quella dell'atomo è una tecnologia pulita che non ha impatti sull'ambiente in termini di emissioni nocive, specie se paragonata ad una centrale a olio combustibile o a carbone, deleteria per la qualità dell'aria.
LE CENTRALI STRANIERE SUI NOSTRI CONFINI - ai tanti che si dicono dubbiosi o contrari a questo tipo di energia perché poco sicura si può facilmente obiettare che dall'incidente di Cernobyl la tecnologia ha fatto passi da gigante dal lontano 1986 e comunque sembra quantomeno sciocco non sfruttare i benefici dell'atomo mentre dobbiamo e dovremo sopportare i rischi di un incidente in una centrale situata a pochi km dai nostri confini, anche oggi che non abbiamo reattori in funzione.
Infatti, pur avendo messi in soffitta l'atomo nel 1987, l'Italia è esposta agli stessi rischi di malaugurati incidenti nelle decine di impianti che ci circondano, dalla Francia, alla Svizzera per arrivare fino alla Slovenia, poiché le radiazioni si ostinano a non rispettare le frontiere.
In definitiva, un Paese serio che non si rassegna al declino deve necessariamente accettare le grandi sfide che interessano il futuro dei propri abitanti, anche se queste possono essere viste con diffidenza da larghi strati della società.
Il dovere di un Governo serio e responsabile è quello di dialogare con i critici, rassicurarli con la bontà e la trasparenza delle proprie decisioni ma alla fine decidere avendo come obiettivo un solo fine, l'interesse nazionale.
(di Marco Di Giacomo - del 2008-07-15) articolo visto 1805 volte
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