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ABBANDONARE GLI STUDI, ULTIMO ATTO DELLA DISPERSIONE SCOLASTICA

La progettazione in atto per contrastarla è efficace o è necessario fare di più?

La preoccupazione sempre più assidua per il sistema scolastico italiano è quella di dover fronteggiare situazioni di disagio che gli studenti incontrano durante il proprio percorso formativo e che spesso spingono i ragazzi ad optare per la soluzione di più facile applicazione, ovvero l’abbandono della scuola. Tale rimedio non fa altro che nascondere la reale causa che ha portato alla drastica scelta, sotterrando così definitivamente la possibilità di affrontarla e superarla.
Le Istituzioni ed in primis quella scolastica si prodigano, con tutto l’impegno di cui sono capaci, nella ricerca di soluzioni che possono sostenere gli alunni nelle circostanze difficili e impedire loro una tale scelta ma i risultati ottenuti sono spesso insoddisfacenti.
I DIVERSI ASPETTI DELLA DISPERSIONE - La prima connotazione che istintivamente viene data al fenomeno della dispersione scolastica è quella dell’abbandono del percorso di studio senza formale comunicazione alla scuola, evento conosciuto anche con il nome di “drop-out”. Un livello di analisi più dettagliato è determinato dall’indicatore degli Early School Leavers, costruito utilizzando l’Indagine “Forze di Lavoro” dell’Istat. Esso fa riferimento alla quota dei giovani dai 18 ai 24 anni d’età, dunque già al di fuori dell’obbligo scolastico, che posseggono la sola licenza media e non frequentano alcun corso di istruzione-formazione, quest’ultimo inteso anche come percorso per l’ottenimento di una qualifica professionale o contratto di apprendistato. In Italia questo indicatore è molto lontano dall’obiettivo stabilito nel programma europeo “Istruzione e Formazione 2010” dal Consiglio Europeo di Lisbona del 2000 che fissa tale indice al 10% .
La dispersione scolastica ingloba altri fenomeni che spingono verso la direzione finale dell’abbandonare la scuola: irregolarità nelle frequenze, non ammissione all’anno successivo con conseguente ripetenza e ritardo nel percorso di studio. Eventi che sottolineano situazioni problematiche che i ragazzi vivono. La bocciatura o l’elevato numero di assenze durante l’anno scolastico sono segnali di un disagio provato e al quale troppo spesso non si riesce a dare una risposta adeguata.
PROPOSTE ATTIVATE E ALTERNATIVE - Le cause di uno scarso rendimento scolastico con conseguente abbandono sono molteplici e quindi difficili da osteggiare. Diversi progetti messi in atto dalle Provincie, dalle Regioni, dai Comuni o dagli Istituti Scolastici stanno ottenendo risultati positivi ma riescono ad intervenire solo su singoli aspetti. Ad esempio L'Ufficio Scolastico della Lombardia in collaborazione con Unidea – Unicredit Foundation e con l'Università degli Studi di Milano Bicocca ha sostenuto l’istituzione di una scuola popolare in un quartiere periferico di Milano riuscendo a recuperare molti ragazzi usciti ormai dal sistema pubblico dell’istruzione. La Regione Lazio ha stanziato per l’anno scolastico e formativo 2008/2009 circa 43 milioni di euro per favorire i percorsi triennali integrati tra scuole e formazione professionale al fine di permettere l’ottenimento di una qualifica professionale a quei ragazzi che non trovano nei percorsi scolastici ministeriali risposte alle loro esigenze. Molte delle iniziative pensate per contrastare la dispersione concentrano i propri sforzi su studenti stranieri. A Pescara l'associazione RomSinti@Politica ha sperimentato una strategia per abbattere la dispersione scolastica delle alunne Rom. Un progetto molto complesso che ha trovato l'interesse anche di altre realtà italiane. Queste sono solo alcune delle tante iniziative promosse su tutto il territorio nazionale ed ogni intervento si concentra su una causa ben specifica della dispersione o sul recupero di chi è ormai già uscito dal sistema formativo.
Purtroppo intervenire quando si è arrivati all’atto finale diventa spesso inutile perché la scelta di non combattere il disagio è ormai stata presa e la valutazione delle possibilità che si perdono con l’abbandono di un percorso d’istruzione e formazione non viene fatta più in maniera obiettiva. Il ragazzo trova sollievo nel non dover più scontrarsi con l’ostacolo trovato nel contesto scolastico e pur incontrando nuove difficoltà quali possono essere la criminalità, il chiudersi al mondo esterno, il lavoro spesso in nero, considera queste come meno pressanti rispetto a quelle lasciate.
Sarebbe auspicabile intervenire con maggior incisività sulle condizioni che portano alla decisione ultima dell’abbandono e dunque sull’malessere che spinge a questa soluzione. L’elenco dei motivi che inducono a lasciare la scuola può assumere dimensioni immense riconducibile per grandi linee a tre settori: famiglia, scuola e società. Famiglia perché incide con la sua condizione socio-economica, culturale e relazionale, scuola perché luogo di formazione intellettuale e socio-relazionale e società perché promotrice di nuovi valori quali successo ed individualismo a discapito di formazione e istruzione. Ognuno dei tre macrosettori richiede al ragazzo la capacità di mettere in atto tutte le sue competenze in abito cognitivo, relazionale ed emotivo e spesso i problemi sorgono dal non aver sufficientemente sviluppato tali abilità. Le continue assenze possono dipendere dalla necessità dello studente di non dover subire il confronto con compagni più capaci di lui sia dal punto di vista didattico sia dal punto di vista relazionale, dalla necessità di lavorare per aiutare economicamente la famiglia che vive in condizioni precarie o ancora per il non dover ammettere ai propri genitori, sostenitori di un determinato contenuto culturale, che quel tipo di studi non fa per lui. Allo stesso modo il ripetere più volte la stessa classe può innescare una reazione di indebolimento della propria autostima che aumenta di giorno in giorno attraverso il raffronto con ragazzi più piccoli anagraficamente ma più competenti.
Aiutare gli alunni a padroneggiare le abilità richieste da ogni settore può essere una soluzione alternativa e di supporto alle tante proposte attualmente in opera nelle scuole italiane. Di nuovo sono chiamate in causa le “Life Skills”, le abilità di vita che aiutano a fronteggiare le diverse difficoltà che la quotidianità pone davanti. Interventi che promuovono nei ragazzi modalità di pensiero critico possono: favorire una loro decisione più ponderata, offrire la possibilità di riuscire a trovare anche soluzioni alternative a lasciar perdere, favorire un confronto più produttivo con i propri genitori ed il loro background culturale. Promuovere una nuova modalità relazionale basata su una comunicazione efficace e su una gestione delle proprie emozioni o situazioni stressanti può indurre a non sorvolare il problema ma piuttosto a trovare una soluzione che aiuti a sconfiggere il disagio provato.
FONTI
www.pubblica.istruzione.it/mpi/pubblicazioni/2008/allegati/dispersione_2007
www.scuolaer.it
Bertini M., Braibanti P. e Gagliardi M.P, (2004) “La promozione dello sviluppo personale e sociale nella scuola: il modello Skills for Life 11-14 anni” ,Franco Angeli Editore

(di Monica Abbonizio, psicologa - del 2009-03-20) articolo visto 8307 volte
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