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SPORT E DISABILITA' PER VINCERE ASSIEME

quando le barriere del pregiudizio lasciano spazio all'amore per la vita

IN PRINCIPIO DISABILITA’ E SPORT NON POTEVANO COESISTERE - Fino a non molto tempo fa un disabile (fisico o mentale) era impossibilitato a svolgere attività sportive, sia amatoriali che agonistiche. Adesso tutto è cambiato. Grazie alle nuove tecniche che ci offre la scienza (Pistorius, il sudafricano che ha rischiato di qualificarsi per le Olimpiadi con una protesi all’anca ne è la più valida testimonianza) è vero, ma soprattutto grazie al decadimento di certi radicati ed insensati pregiudizi che hanno lasciato il posto allo spirito d’eguaglianza, che ormai la fa sempre più da padrone, nelle istituzioni ma pian piano anche nella nostra società in generale, che evita di giudicare con sufficienza i disabili rispetto ai normodotati.
Fare sport non è più prerogativa dei fisicamente integri com’era nei principi di De Coubertin: “oggi tutti possono e devono cimentarsi in varie discipline, magari le più congeniali alle patologie di cui sono affette certe persone. Di certo non bastano soltanto i buoni propositi campati in aria ma occorre creare le condizioni per rendere accessibili a tutti le opportunità di svago motorio”.
IL BENESSERE E’ ANCHE PSICHICO - Ma l’attività fisica non produce esclusivamente un benessere fisico. Non si ottimizzano soltanto le capacità motorie. È importante rilevare, infatti, che in persone con disabilità di tipo mentale, è possibile favorire attraverso l’attività motoria (specie il nuoto o l’equitazione) lo sviluppo delle capacità logiche ed intellettive. Ciò addirittura diventa un importante strumento educativo per il suo processo evolutivo. Oltre a favorire lo sviluppo cognitivo, diviene motivo di emancipazione e accrescimento. In proposito ecco il parere di un luminare del campo, la dott.ssa Elisabetta Ghedin che afferma come “L’attività motoria diventa strumento educativo e rieducativo di grande efficacia soprattutto se non perde l’aspetto ludico.
Sviluppo di potenzialità individuali, incremento di capacità ed acquisizione di abilità, integrazione in contesti di vita ricchi di relazioni significative, rendono il ruolo dell’attività motoria e sportiva fondamentale nell’intervento rivolto a soggetti disabili che, in questo modo, hanno la possibilità di trovare elementi di successo e valorizzazione personale, praticando, con alta motivazione e divertimento, un’attività particolarmente benefica. Oltre al miglioramento della forma fisica, allo sviluppo cognitivo conseguente all’apprendimento motorio, alla socializzazione conseguente all’integrazione nel mondo sportivo, vi è un miglioramento dell’autostima. L’attività motoria per la persona disabile è l’esaltazione delle sue, anche se pur residue, capacità e di ciò che sa fare, in un mondo che sempre gli ricorda ciò che non è in grado di essere e ciò che gli manca”.
STORIA DELLO SPORT PRATICATO DA DISABILI - Lo sport per disabili affonda le radici in Gran Bretagna, nell'ospedale di Stoke Mandeville (Aylesbury), vicino Londra, grazie alla lodevole opera di Sir Ludwig Guttmann, neuro¬chirurgo, direttore di quel centro di riabilitazione motoria. Il centro fu aperto il 1 febbraio 1944, durante la seconda guerra mondiale, ed i primi paraplegici a cimentarsi nelle varie discipline sportive furono giovani appartenenti alle forze armate britanniche, portatori di lesioni midollari per cause belliche.
Ludwig mise a punto con enorme determinazione dei programmi d’allenamento per disabili rivoluzionari, rendendone partecipi tutti i pazienti che si introducevano al suo centro. Grazie allo sport i pazienti paraplegici del Dr. Guttmann (definito da Papa Giovanni XXIII "il De Coubertin dei disabili") cominciarono a potenziare la muscolatura delle braccia e delle spalle, pervenendo lestamente a risultati per l’epoca stupefacenti.
Per di più lo sport, aiutando ad acquisire equilibrio ed abilità motorie nell'uso della sedia a rotelle, consentiva a questi paraplegici di servirsi più efficacemente di tale mezzo di locomozione nella normale vita di quotidiana. L'iniziativa del Dr. Guttmann ebbe le sue conseguenze positive che in un certo senso cambiarono la storia. Il 28 luglio 1948, infatti, si tennero i primi Giochi di Stoke Mandeville per atleti disabili, cui parteciparono sportivi handicappati, ex membri delle Forze Armate britanniche. Da lì a poco sarebbe stato un succedersi di manifestazioni sportive a loro dedicate. In occasione delle Olimpiadi di Roma ’60 si eressero le basi per disputare in futuro dei Giochi Olimpici per handicappati, paralleli ai Giochi per normodotati.
Nel ’64 a Tokyo nascevano ufficialmente le ParaOlimpiadi. Attualmente gli sportivi handicappati praticano le seguenti discipline: automobilismo, atletica leggera, badminton, bocce, bowling, calcio, canoa, ciclismo, curling, ginnastica, equitazione, goalball, judo, lotta, nuoto, pallacanestro, pallanuoto, pallavolo, pattinaggio, pesca sportiva, scherma, sci alpino, sci nautico, slittino, sollevamento pesi, tennis da tavolo, tiro a segno, tiro con l'arco, vela. In Italia queste attività sono gestite e coordinate dalla Federazione Italiana Sport Handicappati (disabilità psichiche e motorie), fondata nel 1980, dalla Federazione Italiana Ciechi Sportivi (atleti non vedenti), fondata nel 1980, e dalla Federazione Italiana Sport silenziosi (atleti non udenti), fondata nel 1929. Dal 1990 tali Federazioni sono rappresentate presso il CONI da un organismo unitario, denominato Federazione Italiana Sport Disabili.
(di Alberto Sigona - del 2009-07-14) articolo visto 20551 volte
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