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GABRIELE D'ANNUNZIO E LE PROSE MEMORIALI DEL NOTTURNO

L'opera in cui si manifestano maggiormente una certa sensibilità e delle scelte stilistiche più moderne rispetto ai romanzi e alle liriche precedenti del poeta abruzzese

Nel 1916 Gabriele D'Annunzio rimane vittima di un incidente aereo che gli causa la perdita dell'occhio destro e lo costringe per qualche tempo all'immobilità e al buio totale nella sua nuova dimora di Venezia (la Casetta Rossa), assistito dalla figlia Renata, chiamata la Sirenetta. L'esperienza di questa oscurità forzata durata circa tre mesi (rischiava infatti di perdere anche il sinistro) e l'attività introspettiva che essa favorisce, sono la materia della prosa impressionistica del Notturno, cominciato proprio nel 1916 e pubblicato nel 1921.
A causa della cecità, tutta l'esperienza vitale si concentra sugli altri sensi e il poeta comincia così ad annotare qualsiasi cosa: impressioni, visioni, ricordi, sogni, libere associazioni mentali, vengono tutti annotati rapidamente in una ritmata e pulsante successione su lunghe strisce di carta. Essendo bendato, poteva infatti scrivere solamente controllando con le dita i bordi dei “cartigli” preparati appositamente dalla figlia. Si tratta di una prosa priva di vincoli narrativi, ma ugualmente caratterizzata da una propria struttura formale. Anche la redazione definitiva del '21, rielaborata, ordinata e divisa in tre parti chiamate Offerte, conserva l'aspetto di “annotazione casuale” e frammentaria e naturalmente ne risente anche lo stile, che diviene secco, nervoso, fatto di brevi proposizioni, spesso privo di forme verbali e dove a prevalere è l'andamento paratattico.
Il Notturno è l'opera dannunziana in cui si manifestano maggiormente una certa sensibilità e delle scelte stilistiche più moderne rispetto ai romanzi e alle liriche precedenti del poeta abruzzese, certamente influenzato dal fermento culturale che in quegli anni andava nella stessa direzione, nella fattispecie si andava affermando una tendenza verso il frammentismo e ad una prosa fatta di impressioni pure ma slegate. Siamo di fronte ad una materia nuova dove protagonisti sono soprattutto i ricordi d'infanzia, le sensazioni fuggevoli, le confessioni soggettive. Il critico Emilio Cecchi ha definito le prose tarde e innovative del Notturno “esplorazioni d'ombra”, in contrapposizione al D'Annunzio solare e vitalistico. Fu invece definito dall'autore stesso un “commentario della tenebra”, per quei ricordi prevalentemente di guerra, sebbene memoria e sensazioni presenti si fondono qui di continuo.
È un D'Annunzio, quindi, nuovo e certamente più intimo e riflessivo. Va però detto che sono in molti a credere che questi aspetti, seppur interessanti, non costituiscono del tutto una novità all'interno dell'opera dannunziana. L'impressionismo descrittivo di certe atmosfere e sensazioni lo si può già intravedere in alcuni romanzi e in molte poesie, sin dal Canto novo (1882). Persino il gioco associativo delle immagini è una caratteristica ricorrente di tutta la sua produzione, solo che qui la serie di impressioni, suoni, colori e profumi raggiunge un livello più alto di disgregazione frammentaria e le stesse immagini sono più oniriche e fantastiche.
Non bisogna poi dimenticare che il Notturno era stato preceduto dall'esperienza dell'avanguardia novecentesca per antonomasia, il Futurismo, e dal frammentismo della rivista letteraria La Voce. Anzi, è probabile che alcune delle rapide impressioni raccolte nel Notturno, fossero in realtà già state stese molti anni prima, spedite in Italia dalla Francia (dove si era ritirato per sfuggire ai debitori) e pubblicati sul Corriere della Sera.
Quei frammenti, ricavati dal taccuino personale del poeta, furono poi unificati dal titolo Faville del maglio. Anche qui lo stile risulta spezzato, domina la rievocazione, prevale il punto di vista soggettivo e numerosi sono gli spunti autobiografici risalenti ad anni passati; ma se la scrittura è meno elaborata e ricercata rispetto ai romanzi, è comunque ancora presente l'autocelebrazione e la rappresentazione della propria vita in termini sublimi ed eroici. Il superamento di certi moduli narrativi e la ricerca di una prosa meno sofisticata, che raggiunge i risultati più interessanti e convincenti nel Notturno, non avviene quindi soltanto per motivazioni di ordine pratico (privo della vista, D'Annunzio era costretto, come già detto, a scrivere su sottili strisce di carta), ma anche per le influenze esercitate su di lui dalle giovani generazioni.
Senza voler affatto sminuire l'importanza dell'opera, il Notturno è tutto sommato la cronaca della malattia, tanto che il vero filo conduttore del libro resta la scoperta di sé come corpo, della propria fisicità, costretta a letto “come in una bara”. È un D'Annunzio tormentato dal dolore fisico e dall'insonnia, anche se rimane sempre in lui l'attitudine di proiettare se stesso in un'atmosfera di mito. È un racconto suddiviso in tre volumi secondo un'antica e ricorrente passione dell'autore per le strutture ternarie, insieme altamente simmetriche e vagamente dotate di un simbolismo mitico-religioso. L'opera si presenta ulteriormente suddivisa in circa centoquindici paragrafi o capoversi, a loro volta suddivisi internamente in ulteriori frammenti (circa duecentocinquanta in tutto), separati da stacchi grafici che a volte coincidono con veri e propri stacchi narrativi, altre volte paiono rispondere unicamente ad esigenze ritmiche, per marcare una pausa.
La “Prima Offerta” è tutta lavorata intorno alle sensazioni, alle emozioni e ai ricordi dell'autore convalescente, privato dell'occhio. Dunque, la storia rappresentata nella prima parte del libro sembra essere interamente dedicata alla scrittura come strumento sensoriale che va a sostituire la vista. Nella “Seconda Offerta” ritorna il tema della morte: l'autore pescarese racconta dei compagni d'arme caduti in volo, delle operazioni di guerra condotte per mare, delle avventure belliche sul Carso. Ma tutto questo è visto con gli occhi del “cieco veggente”, con lo sguardo acuto e spietato della memoria. Potremmo quindi dire che il tema dominante del secondo volumetto è proprio quello dell'occhio. Anche nella “Terza Offerta” l'occhio interiore di D'Annunzio rivede e rivive il mito della guerra, quel palcoscenico che lui stesso ha calcato e che lo ha accomunato all'esperienza di tanti altri uomini.
Gli episodi del Notturno non hanno continuità, ed è anche questo a conferire fascino all'opera, a renderla moderna e addirittura quasi cinematografica. D'Annunzio ha affrontato un viaggio frammentario, allucinato e sconvolto. Ha attraversato la morte, è andato oltre ed è tornato indietro, fino al ritorno alla vita del convalescente, fino alla salvezza fisica e interiore, senza sapere bene nemmeno per quale motivo o quale merito.
(di Matilde Geraci - del 2010-03-28) articolo visto 33885 volte
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