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UNA TARGA, 3 STORIE DA RACCONTARE

cerimonia in memoria di tre vittime dimenticate della Seconda Guerra Mondiale

PESCARA - Presso strada Colle Orlando, a Fontanelle il 13 ottobre 2010 si è tenuta una cerimonia in memoria di tre vittime dimenticate della Seconda Guerra Mondiale.
A vederla così, di primo acchito, strada Colle Orlando sembra un posto isolato, con poche case, un sentiero un po’ impervio che ne rende difficoltoso l’accesso e una bella Pineta a fare da contorno e arricchire il paesaggio.
Eppure, in questo luogo, mercoledì 13 ottobre, c'era più gente di quanta se ne potesse immaginare. Gente comune e personalità pubbliche cittadine, erano tutte riunite lì. L'occasione era di quelle importanti. Non c'era però niente da festeggiare e nessun premio da assegnare a qualche emerito cittadino.
Una targa. Ecco la protagonista della giornata. Posta, sotto un' “edicola della Madonna” di mattoni, circondata da fiori di ogni tipo, la targa in ottone mostra a tutti i presenti la sua scritta che funge da ricordo e da monito al tempo stesso. Quella targa rievoca un tempo non troppo lontano, una pagina dolorosa della storia italiana e mondiale, un'epoca buia, dove molti, troppi innocenti trovarono la morte in nome di marce ideologie.

“IN QUESTI LUOGHI IL 13 OTTOBRE 1943
L'OCCUPANTE TEDESCO TRUCIDO'
UOMINI INERMI
STRAPPATI ALL'AFFETTO DEI LORO CARI:

DI BERARDINO CARLO ALBERTO
DI GIACOMO MARCO
MANCINI GIUSEPPE

DALLA LORO MEMORIA SI RAFFORZINO
IL RISPETTO TRA GLI UOMINI
E LA PACE TRA I POPOLI”

Così recita la scritta.
Per capire meglio questa storia occorre tornare indietro di sessantasette anni. Il 13 ottobre 1943 era un mercoledì, come ieri.
Da poco più di un mese, l'8 settembre per la precisione, era stato sancito l'armistizio tra l'Italia e gli Alleati. La guerra però non era ancora finita. Il territorio della frazione di Fontanelle, come tutto il resto d'Italia, era occupato dalle truppe tedesche. Inizialmente i nazisti, giunti il 9 settembre, posero il comando nel palazzo dei baroni Henrici De Angelis, adiacente alla chiesa parrocchiale di San Pietro Martire. I testimoni oculari di quei giorni raccontano si trattasse di reparti di SS e non della Wehrmacht.
Era stato da poco tempo emesso un bando in cui si ordinava alla popolazione civile la consegna di ogni tipo di arma da fuoco.
Quel mercoledì di sessantasette anni fa, le truppe occupanti tedesche effettuarono perquisizioni in alcune case del quartiere, allora abitato anche da molti sfollati provenienti da zone di Pescara precedentemente bombardate. Nel corso di questa operazione furono scoperte alcune armi da fuoco e furono arrestati tre uomini.
Le armi erano per la caccia e una di queste, raccontano i testimoni, pare che non funzionasse neanche.La cosa però non interessava ai soldati tedeschi: quegli uomini avevano disubbidito a un preciso ordine e dovevano essere puniti.
Perché non consegnarono le armi come il bando richiedeva non è dato sapersi. Forse ignoravano il decreto, forse semplicemente se ne dimenticarono. Fatto sta che questi tre uomini, Carlo Alberto Di Berardino, Marco Di Giacomo e Giuseppe Mancini vennero presi e portati via dalle loro abitazioni mentre i loro famigliari rimasero sotto la minaccia delle armi da fuoco di altri militari.
Di Berardino fu ucciso subito e il suo cadavere fu lasciato per terra come concime per vermi, degni compari degli animali che lo avevano massacrato. A Di Giacomo e Mancini invece venne concesso il “privilegio” di “scavarsi la fossa con le proprie mani”. Letteralmente. Poi furono fucilati.
Solo dopo diversi giorni i familiari poterono trasportare (di notte per la paura di ritorsioni tedesche) le salme delle vittime al cimitero. Nessun prete officiò mai il funerale dei tre disgraziati.
Questa è solo una delle tante pagine dimenticate della storia italiana.
Se da ieri, una targa è posta in strada Colle Orlando come ricordo di questi tre martiri, perché di martiri si tratta, il merito va a un pronipote di uno dei tre defunti. Marco Di Giacomo, stesso nome del bisnonno ucciso in quel tragico giorno, come a sottolineare una invisibile linea di continuità tra passato e presente, ha disseppellito dai meandri perduti del tempo, una storia che solo i famigliari delle vittime e gli anziani del luogo conoscevano. Lo ha fatto, perché, parole sue, “Questa rischiava di divenire una storia verminosa”.
Ad aiutarlo in quella che a buon diritto può definirsi una “fatica erculea”, il consigliere comunale Vincenzo D' Incecco, che ha preso a cuore la vicenda e ha interceduto presso il Consiglio comunale affinché le tre vittime avessero il riconoscimento che meritavano.
Nel suo discorso di commemorazione, alla presenza degli altri parenti delle vittime, di cittadini comuni e delle autorità politica, tra cui, oltre al già citato Consigliere D'Incecco, il sindaco di Pescara Luigi Arbore Mascia, il Presidente del Consiglio Comunale, Licio Di Biase, l'Assessore comunale all'urbanistica, Marcello Antonelli, Marco Di Giacomo ha voluto sottolineare come la targa posta ieri voglia da una parte ricordare il sangue versato e gli avvenimenti tragici di quel 13 ottobre 1943, ma nel contempo chiudi una pagina dolorosa che fino ad allora era rimasta aperta. “Solo con il ricordo si possono pacificare gli animi e costruire un domani senza guerre, sangue e orrore”, queste le sue parole.
Don Massimilano De Luca, parroco di Fontanelle, presente anch’egli alla cerimonia ha poi benedetto l’”edicola della Madonna” e con esso, idealmente Carlo Alberto Di Berardino, Marco Di Giacomo e Giuseppe Mancini che così hanno potuto beneficiare di quei sacramenti, che sessantatré anni prima, erano stati loro negati.
Non abbiamo le dichiarazioni degli altri parenti presenti alla commemorazione, però è bastato vedere gli occhi lucidi della maggior parte di loro, il modo in cui si facevano fotografare orgogliosi vicino alla targa che dava il giusto riconoscimento ai loro cari, per capire come in loro fosse ancora vivo il ricordo, vissuto in prima persona o tramandato poco importa, degli avvenimenti bellici della Seconda Guerra mondiale.
Vedete dunque, cari lettori, come una targa, un semplice pezzo di ottone lavorato su cui sono state incise delle lettere, possa racchiudere storie tragiche e avvenimenti significativi, dolore, orgoglio, o un semplice ricordo che pareva ormai scomparso nelle nebbie del tempo e della memoria.
Una targa, tre nomi, tre storie da raccontare:
Di Berardino Carlo Alberto, 40 anni, ragioniere presso le officine “Camplone”, 2 figli, sfollato;
Di Giacomo Marco, 51 anni, contadino del luogo, 8 figli;
Mancini Giuseppe, 50 anni, operaio, 3 figli, sfollato.
Tre vite che non hanno potuto finire il percorso che avevano iniziato.
Ora quella targa posta in strada Colle Orlando dalle cui parti questi uomini trovarono la morte, consegna loro una vita eterna, un luogo dove essere ricordati non solo dai propri parenti, ma da tutti quelli che vogliono conoscere una Storia con la “s” maiuscola, che non sarà forse presente sui libri di scuola, ma può insegnare molto di più di quanto non possa fare un qualunque erudito o manuale universitario.
Una targa.
Tre vite.
Un ricordo imperituro.
Questo è quello che si è celebrato ieri in strada Colle Orlando.
(di Davide Luciani - del 2010-10-19) articolo visto 5375 volte
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