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ALLUVIONI: COSA VUOL FARE L’ITALIA?

Occorre una più attenta gestione del territorio al rispetto delle caratteristiche naturali

Le alluvioni rappresentano uno dei fenomeni naturali più difficili da prevenire e fronteggiare. Ad aggravare questa “realtà”, negli ultimi decenni, sono intervenuti alcuni fattori come: la crescita degli insediamenti umani; l’incremento delle attività economiche nelle pianure alluvionali; la riduzione della naturale capacità di ritenzione idrica del suolo e i cambiamenti climatici che contribuiscono ad aumentarne e aggravarne gli impatti negativi.
Numerose sono le località italiane colpite da alluvioni a causa di piogge eccezionali, che hanno interessato territori resi particolarmente fragili da condizioni di dissesto idrogeologico. A tutt’oggi resta elevato il pericolo alluvione in gran parte del Paese, poiché ci sono forti ritardi nella prevenzione e ancora troppo cemento lungo i corsi d’acqua e in prossimità di versanti franosi e instabili.
La possibilità di evitare o ridurre gli effetti delle alluvioni, quindi, è legata ad una gestione del territorio più attenta e al rispetto delle sue caratteristiche naturali. Un esempio tipico di questi problemi è dato dai fiumi che attraversano le città. L’aumento progressivo del numero degli edifici ha determinato la canalizzazione dei fiumi rendendo possibili accumuli improvvisi di acqua, come quello verificatosi a Genova lo scorso 4 novembre, che ne ha generato la forte alluvione.
Il pericolo è scatenato soprattutto dai cosiddetti “fiumi tombati”: corsi d’acqua trasformati in canali sotterranei, dove l’acqua si accumula in maniera rapidissima con dei picchi in altezza rilevanti. I fiumi non possono essere trasformati in canali artificiali ma devono respirare e vivere!
Oltre che a Genova i “fiumi tombati” scorrono a Bologna: il Reno; a Napoli: il Simeto e a Palermo: il Kemonia e il Papireto che possono diventare delle vere e proprie “bombe”. Le alluvioni che hanno colpito quasi contemporaneamente la Liguria di levante e l’alta Toscana testimoniano ancora una volta che l’Italia deve cambiare sistema sulla gestione del territorio: nel nostro Paese si cementificano circa 70 ettari di terreno al giorno.
S’impone un grande progetto strategico nazionale pluriennale alla quale le istituzioni, dal Governo ai Comuni, devono impegnarsi per mettere in sicurezza il nostro territorio. I piani di gestione del rischio di alluvione dovrebbero essere incentrati sulla prevenzione, protezione e preparazione; essere riesaminati periodicamente e, se necessario, aggiornati, tenendo conto delle probabili ripercussioni dei cambiamenti climatici sul verificarsi delle alluvioni.
Tali piani dovrebbero comprendere, dove possibile, sia il mantenimento e/o il ripristino delle pianure alluvionali che misure volte a prevenire e a ridurre i danni alla salute umana; all’ambiente; al patrimonio culturale e all’attività economica il tutto al fine di conferire maggiore spazio ai fiumi. Gli ultimi violenti eventi meteorologici che hanno colpito il territorio spezzino e della Lunigiana evidenziano ancora una volta la drammatica situazione di vulnerabilità del territorio italiano a cui non è garantito un’adeguata “sicurezza idrogeologica”.
Nonostante negli ultimi anni si registrino sempre più importanti eventi calamitosi, nei documenti di programmazione economico-finanziaria si registra sempre più una mancanza di attenzione per i problemi concernenti la manutenzione del territorio. Si calcola che, annualmente, l’Italia spenda in media, oltre un miliardo di euro per le emergenze idrogeologiche, spese che potrebbero essere impegnate per la prevenzione.
L’alluvione che ha colpito la Toscana e la Liguria hanno portato alla ribalta dei media soprattutto il problema del dissesto idrogeologico. Le domande sono sempre le stesse: sono eventi che si potevano prevedere? Esistono responsabilità? È possibile limitare gli impatti di tali eventi? Cosa si deve fare?
In tanti hanno focalizzato il discorso sull’estremizzazione del clima, sui cambiamenti climatici e sul riscaldamento globale… Ma siamo sicuri che questi fenomeni siano proprio una novità degli ultimi anni?
Per rispondere a questa domanda prendiamo in esame i lunghi periodi pluridecennali: episodi simili sono assolutamente normali, dal punto di vista climatico.
GRANDI ALLUVIONI HANNO SEMPRE SEGNATO LA STORIA D’ITALIA SIN DALL’ANTICHITÀ:
Ottobre 589 d.C. una violenta alluvione interessò gran parte del territorio italiano: migliaia le vittime, tantissimi i villaggi distrutti.
Febbraio 1763 fu colpito il messinese jonico: oltre 100 le vittime.
Autunno 1861 un ciclone mediterraneo colpì la Sicilia: oltre 500 le vittime.
Settembre 1902 la Sicilia venne devastata da un ciclone mediterraneo: oltre 300 le vittime.
Ottobre 1910 piogge torrenziali e ininterrotte si abbatterono sulle province di Salerno e Napoli: numerose località della costa napoletana devastate, Casamicciola sull’isola di Ischia e soprattutto la Costiera Amalfitana. Interi nuclei familiari furono seppelliti sotto i detriti e le macerie delle abitazioni travolte dalla furia delle acque e dei movimenti franosi: 111 le vittime.
Febbraio 1931 alluvione a Palermo, si riversarono sulla città 618 mm di pioggia, di cui 395 in 50 ore: 10 le vittime.
Agosto 1935 a causa di una violenta precipitazione (400 mm in 1 ora) il lago di Ortiglieto straripò a Molare, inondando diversi paesi e le campagne in provincia di Alessandria: 111 le vittime.
Ottobre 1951 per sei giorni la Sardegna fu interessata ininterrottamente da violenti fenomeni meteorologici. Le stime parlano di 8000 kmq di territorio alluvionato con precipitazioni giornaliere superiori ai 400 mm. La Calabria sud orientale e meridionale fu colpita per quattro giorni da intense precipitazioni (1.770 mm) dando origine a disastrose ondate di piena. Il bilancio dell’alluvione fu tragico: oltre 70 le vittime; 4.500 i senzatetto; quasi 1.700 le abitazioni crollate o rese inagibili; 26 i ponti crollati; 77 gli acquedotti lesionati e 67 i comuni interessati dall’evento.
Ottobre 1954 l’alluvione colpì il salernitano e fu una catastrofe per le precipitazioni di portata eccezionale: oltre 500 mm di pioggia in meno di 24 ore. La tragedia fu aggravata nelle aree interessate da disboscamenti, i quali favorirono alcuni movimenti franosi estesi e distruttivi: 318 le vittime; 250 i feriti e 5500 i senzatetto.
Novembre 1966 un’eccezionale ondata di mal tempo si abbatté sull’intera penisola. Fu uno dei più gravi eventi alluvionali accaduti in Italia: la più colpita fu la città di Firenze (in meno di 24 ore le precipitazioni ammontarono a oltre 190 mm). Danni inestimabili al patrimonio artistico: 34 le vittime.
Ottobre 1970 piogge intense colpirono la città di Genova (900 mm in 24 ore), i torrenti Bisagno, Polcevera, Leira, Chiaravagna e Cantanera strariparono in più punti della città: 44 le vittime, oltre 2000 gli sfollati.
Luglio 1987 a causa di forti e persistenti precipitazioni il fiume Adda e alcuni torrenti minori esondarono in Valtellina: 53 le vittime.
Novembre 1994 dopo 36 ore di piogge incessanti (oltre 600mm), le acque del Tanaro in Piemonte allagarono le città di Asti, Alba, Alessandria e Ceva; il Po esondò a Palazzolo Vercellese, allagò Trino, Casale Monferrato e numerosi altri paese fino a Valenza: 70 le vittime, 2.226 i senzatetto.
Giugno 1996 una cella temporalesca scaricò 474 mm di acqua in 12 ore causando l’esondazione del fiume Versilia e centinaia di frane di versante in un bacino idrografico molto ristretto. Gli esiti furono devastanti per il fondo valle e si allagarono ampie zone della Toscana nord-occidentale: 13 le vittime, 1.500 i senzatetto.
Ottobre 2009 a causa delle forti piogge e del dissesto idrogeologico del territorio messinese, si generarono una serie di colate detritiche che travolsero numerose abitazioni e automobilisti nella stessa provincia: 36 le vittime.
Dare ai cambiamenti climatici la colpa di questi fenomeni estremi è troppo semplicistico; appare più razionale pensare che si tratta di episodi violenti che fanno parte della normalità del nostro clima e che dobbiamo essere almeno pronti a saper fronteggiare in qualsiasi momento.

L’evento tragico di Genova era stato annunciato come eccezionale, ma non è stato tra i peggiori ed era pertanto prevedibile. Tale evento ha messo in risalto che, pur in presenza sia di situazioni pericolose che di allerta meteo (livello 2) diramato con adeguato anticipo, le procedure adottate sono state un fallimento. Infatti la popolazione percorreva la viabilità esondabile senza alcuna informazione di potenziale rischio in quanto la circolazione non è stata interdetta.
È necessario e auspicabile che vengano redatti ed eventualmente attuati piani di sicurezza, il cui scopo non è solo limitare l’intervento a generici e poco comprensibili “inviti” a stare a casa e non circolare, ma soprattutto, a interdire strade, ponti, sottopassi e tutte le strutture a rischio nei periodi di allerta. Inoltre deve essere avviata una campagna d’informazione e formazione sul rischio affinché il cittadino possa essere consapevole delle situazioni di pericolo e comportarsi di conseguenza.
[Foto di Marco Alpozzi/CRI per gentile concessione]
(di Daniele Berardi - del 2011-11-12) articolo visto 7873 volte
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