HEINEKEN JAMMIN’ FESTIVAL 2012
Tre giorni con le band che hanno fatto la storia della musica degli ultimi trent’anni
Allestito su un’enorme area all'aperto con tanto di manto di erba sintetica (9000 mq.), con varie attività e attrazioni di ogni tipo, dal 5 al 7 luglio si è svolta la diciottesima edizione dell’Heineken Jammin’ Festival di quest'anno. L'evento ha incassato ben 4 milioni di euro dalle tre giornate all'insegna della musica. 27.500 biglietti venduti per la prima sera del Heineken Jammin’ Festival. Si entra alle 15, dal palco le prime note dei vincitori del contest lanciato da Virgin Radio saettano attraverso i cavi agli amplificatori.
I° GIORNATA: “RED ODYSSEY” - Onnipresente è l'asterisco dei Red Hot Chili Peppers stampato su qualunque delle magliette indossate dai presenti, che vanno da giovani e universitari a intere famiglie al completo. Ad aprire le danze sono i britannici Enter Shikari che hanno interagito il più possibile con la platea facendo nascere i primi accenni di “pogo”.
É stata poi la volta del rapper statunitense Pitbull che ha suonato alcuni dei suoi brani più conosciuti come I know you want me, International love e hit di altri dj come David Guetta e Calvin Harris. L'atmosfera ha davvero iniziato a scaldarsi con l'entrata sul palco dell'ex chitarrista degli Oasis, Noel Gallagher e i suoi High Flying Birds.
Noel Gallagher & The High Flying Birds hanno pubblicato l'anno scorso un nuovo album che ha riscosso un grande successo in Inghilterra. L'ex Oasis è di poche parole e, statico, dà il via al concerto con (It’s good) to be free, If I had a gun e The death of you and me; lascia il palco fra gli applausi e l'entusiasmo generale. Verso le 22, dopo una pausa durata una mezzora, quando dietro al palco scompaiono gli ultimi riflessi del sole, alcuni accordi di chitarra preannunciano l'entrata in scena dei Red Hot Chili Peppers.
La band californiana inonda subito i presenti con le note del singolo Monarchy of Roses tratto dal loro ultimo album. Due maxi schermi posti ai lati del palco inquadrano ogni movimento dei musicisti, una regia veramente esperta sembra creare in diretta dei perfetti videoclip. Oltre i nuovi brani i “peperoncini” hanno rispolverato le loro migliori hit coinvolgendo il pubblico con Snow, Californication, Under the Bridge, Dani California. Durante Look Around un problema tecnico compromette l'audio di tutta la parte sinistra, il problema si risolve velocemente e si ritorna a cantare a squarciagola.
Ma la vera scarica di adrenalina è arrivata con Give it Away quando l'intero pubblico ha preso a
sgolarsi e ballare avvolto dalle note ruvide del basso di Flea. Intanto la voce del frontman Anthony Kiedes attraversa le bocche spalancate della folla urlante e scende lungo le gole fino a risuonare nei polmoni e negli stomaci. I tempi martellanti della batteria di Chad Smith si fondono con la fluidità degli accordi della new entry Josh Klinghoffer il quale saetta lampi di note che scheggiano la superficie dell’arena e si abbattono sul pubblico. I Red Hot scompaiono per alcuni minuti in camerino, ma presto si riconcedono per un bis con un Flea, rigorosamente a petto nudo, che fa la sua entrata a testa in giù, camminando in verticale sulle mani.
Dopo l'ultimo brano Anthony lascia il palco e il concerto si chiude con una jam fra Flea, Chad e Josh. Si conclude quindi la prima giornata del festival con una band che, nonostante abbia già vissuto l'alba dei 50 anni per 3\4 dei componenti, è ancora straboccante di un'energia e una complicità inesauribile nonostante sia targata 1984.
II° GIORNATA: “ELECTROPRODIGY” - Protagonista della seconda giornata è invece una musica decisamente più elettronic. I gruppi che hanno suonato sono di più rispetto alla prima giornata: l'onore di dare il via alla giornata è stato dei Seether, alle 17.30 tocca poi alla band gallese Lostprophets, ma è con i più conosciuti Evanescence rappresentanti di uno stile gothic rock, che la folla si scatena sul serio. Non mancano però anche i momenti di commozione sulle note di My Heart Is Broken. Dopo l'esibizione del duetto Chase And Status è stata la volta dei Seether che, accompagnati da un breve diluvio durato una mezzora, hanno introdotto gli headliner della serata: i Prodigy.
La pioggia non ha certo demoralizzato né la folla, né gli artisti, e appena parte Breathe si scatena il pandemonio, con una massa di 7000 corpi che inizia a ballare, quasi fosse una persona sola. Con una musica che è intreccio fra elettronica, hip hop e punk, la band suona sia le canzoni più conosciute che nuovi inediti probabilmente brani del prossimo album.
Quando a metà del concerto riparte la pioggia, sembra che nessuno se ne accorga e il concerto prosegue, forse con più carica di prima. Dopo un ora e un quarto di esibizione i Prodigy lasciano il palco, ma la serata non è ancora terminata: la chiusura spetta infatti ai Gorillaz.
III° GIORNATA: “THE CURE” CHIUDONO CON IL BOTTO - Il terzo e ultimo giorno del festival è nuovamente aperto dai vincitori del contest, ma subito dopo è il turno de Il Cile, musicista italiano che nonostante abbia solo 20 minuti a disposizione, riempie l'itera arena con la sua musica. Tocca poi ai Parlotones, quartetto sud africano che cerca di sfondare anche all'estero, vista l'enorme fama che ha in patria. I riflettori puntano ora sui Cristal Castel e la cantante Alice Glass dà senza dubbio il meglio di sé, ma la vera esplosione la troviamo con i New Order che in un ora precisa scatenano la folla con brani come True Faith, Elegia, Crystal, Love Will Tear Us Apart.
Il pubblico ormai è caldo e pronto per il piatto forte della serata. Puntuali alle 9.30 salgono sul palco i The Cure e un boato cresce dagli spettatori, che infondo sono i veri protagonisti di questi eventi. Il concerto inizia alla grande con le note di Plainsong, seguito da Pictures Of You e Lullaby. Robert Smith, soliti capelli sparpagliati e rossetto sulle labbra, accenna qualche passo di ballo fra un brano e l'altro, la sua voce è chiara e sicura come quella di trent'anni fa. Dopo ben ventitré pezzi fra cui Friday I'm in Love, Picture of you, Lullaby, High e ancora Lovesong, Sleep when I’m dead, Push, In between days e Just like heaven alle 23.30 i Cure lasciano il palco, ma è solo un breve break perché appena cinque minuti dopo si ripresentano incantando nuovamente l'intera arena.
É ormai mezzanotte e mezza e il tempo è agli sgoccioli. Poche parole, un ringraziamento veloce, ma caldo e nell'aria ancora rovente di Rho partono le note del colossale Boys Don't Cry. Ed è con questo ultimo brano, che coinvolge ogni singolo presente, che fa commuovere e sorridere al tempo stesso, che si conclude la diciottesima edizione di un Heinekein Jammin’ Festival firmato da band che hanno fatto la storia degli ultimi trent’anni di musica, che hanno segnato i cuori di migliaia di persone.
(di Matilde Vignola - del 2012-07-25)
articolo visto 2135 volte