VENUTO AL MONDO: LA RECENSIONE
Film da oggi disponibile sugli schermi italiani. A cura di Letizia Rogolino - Fonte: www.newscinema.it
L’8 Novembre arriva sugli schermi italiani Venuto al mondo, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di
Margaret Mazzantini, diretto da
Sergio Castellitto e interpretato da
Emile Hirsch e
Penelope Cruz. Dopo il successo del 2004 intitolato Non ti muovere, la famiglia
Castellitto torna a lavorare insieme, per raccontare una storia d’amore intensa e tormentata sullo sfondo della guerra di Sarajevo negli anni ’80.
LA TRAMA - Gemma (Penelope Cruz) è sposata e vive con il marito carabiniere e il figlio adolescente
Pietro in Italia, ma non passa giorno senza che i ricordi del passato tornino violentemente alla sua mente. Diciannove anni prima, infatti, lei abbandona la città di Sarajevo in pieno conflitto con il figlio appena nato, lasciandosi alle spalle suo marito
Diego (Emile Hirsch) , che non avrebbe mai più rivisto e l’improvvisata famiglia sopravvissuta all’assedio:
Gojko, il poeta,
Aska la ribelle ragazza musulmana e la piccola Sebina. Sullo sfondo della desolazione causata dalla guerra, cresce un amore forte e coinvolgente tra
Gemma e
Diego, un fotografo americano solare e più giovane di lei, ma ben presto l’impossibilità di avere un figlio li trascina in un tunnel buio e straziante in cui entrambi non riescono ad uscire e il loro sentimento si scontra con il dolore, rimanendone irrimediabilmente ferito.
Aska, una giovane bosniaca all’interno del loro gruppo di amici di Sarajevo, decide di aiutarli partorendo lei un figlio, che poi gli avrebbe lasciato appena nato, in cambio di un’ ingente somma di denaro. Ma una pratica già naturalmente complessa come questa, porta il caos quando una guerra spietata e violenta si scatena proprio nella città che fino a quel giorno era stata tranquilla e piacevole.
OSSERVAZIONI SUL FILM - Castellitto porta sullo schermo una storia ricca di potenziale narrativo, che poteva essere davvero un ottimo film, se alcune scelte registiche e di realizzazione fossero state diverse. Da subito si nota l’estrema superficialità nel trattare una guerra sconvolgente e indimenticabile come quella avvenuta in Bosnia tra gli anni ’80 e ’90, che invece dovrebbe essere quasi il centro della trama del film e non limitarsi a un paio di potenti esplosioni e appostamenti di soldati per le strade desolate di una città distrutta. La storia che coinvolge
Gemma e
Diego non sembra quasi per niente legata alla guerra che si ritrovano a vivere a Sarajevo e, a livello narrativo, potevano trovarsi a vivere quel dolore per l’impossibilità di avere un figlio, in qualsiasi posto del mondo.
La scelta di mettere sullo sfondo un ritratto sbiadito di una guerra che in realtà è stata molto importante e cruenta, sembra solo essere un pretesto per dare ricchezza e rilevanza ad una storia debole e già sentita.
Penelope Cruz ed
Emile Hirsch si distinguono per un’interpretazione toccante ed emozionate, dominando sul resto del cast che invece è meno convincente, soprattutto
Pietro Castellitto che non è assolutamente adatto a ruoli così drammatici e intensi. La tonalità di voce, l’accento dichiarato e la recitazione robotica e fredda anche nelle scene più toccanti, bloccano totalmente il ritmo del film e la magia che gli altri interpreti creano con maestria e pathos. Il film è un prodotto appena sufficiente, di una durata eccessiva e in cui la regia è troppo ricca di effetti fuori luogo, che, seppur ben realizzati tecnicamente, risultano posticci, poiché non servono alla storia che si sta raccontando.
In generale si respira un’atmosfera finta e grottesca, in cui le scene che dovrebbero commuovere ed emozionare, strappano addirittura un sorriso per dialoghi surreali e scontati. Molto bella, tuttavia, la scena finale che, insieme alla performance dei due protagonisti, potrebbe anche essere uno dei pochi motivi per vedere
Venuto al mondo al cinema. Una storia potente che affonda le radici in un periodo storico rilevante poteva essere davvero un capolavoro, se i vari temi importanti trattati come l’amore, la maternità, la guerra e l’amicizia non fossero stati soffocati dalla retorica ed eccessiva teatralità dei dialoghi e degli effetti visivi.
(di Letizia Rogolino - del 2012-11-08)
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