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MAURO OTTOLINI ... QUANDO IL JAZZ DIVENTA SINONIMO DI SPERIMENTAZIONE

Il grande trombonista ed arrangiatore è stato recentemente eletto miglior musicista dell’anno secondo il referendum di Musica Jazz 2012

Mauro Ottolini, trombonista ed arrangiatore italiano, è uno dei jazzisti più sperimentali: ama infatti lavorare molto sulla ricerca strumentale ed espresssiva. Compositore ed arrangiatore di grande talento, non solo per i progetti a suo nome, ma anche per importanti formazioni jazz, rock, pop e avant-garde, ha recentemente vinto il Premio “Top Jazz” come miglior musicista del 2012 secondo il Referendum di Musica Jazz, la storica rivista del settore.
In passato hanno vinto questo premio nomi come Enrico Rava, Gianluigi Trovesi, Rita Marcotulli. Tra le sue collaborazioni più recenti proprio quella con Enrico Rava (in qualità di arrangiatore del progetto “Rava on the dance floor” disco e concerto tributo in onore a Michael Jackson e membro stabile della relativa formazione) e con Vinicio Capossela. Il suo ultimo disco si chiama “Bix Factor” ed è uscito con Parco Della Musica Records. Il nuovo singolo tratto dall’album di Mauro Ottolini Sousaphonix “Bix Factor” è una versione remixata da Raffaele Costantino, tra l’altro conduttore del programma Musical Box in onda su Rai Radio2, e DJ Knuf (Maurizio Bilancioni) dal titolo “Jerry RMX”.
Abbiamo incontrato il musicista in occasione del suo concerto in trio con Daniele D’Agaro e Simone Zanchini (Trombone, Clarinetti, Fisarmonica) organizzato da Altotenore di Federica Fusco in Abruzzo. Questa la nostra intervista.

Come nasce la tua passione per la musica?
R - “Sono un musicista per caso: fin da piccolo ho iniziato a suonare perché mio padre aveva vinto una fisarmonica ed io da solo ho cominciato a studiare, entrando poi nella banda del mio paese. Mi sono innamorato a prima vista del trombone. Non ci arrivavo con le posizioni e allora mi fecero provare con il clarinetto e la tromba, ma io volevo fortemente suonare il trombone. Un giorno sono partito con mio padre, che era un meccanico, e lui me lo ha comprato. Mi sono diplomato in trombone nel 1993 al Conservatorio, ho vinto subito l’audizione suonando per dodici anni all’Arena di Verona. Già studiavo jazz, ma mi piacevano tanti altri generi musicali. Sono sempre stato uno interessato ad ascoltare. Al Conservatorio sono stato da Franco D’Andrea. Ad un certo momento ho deciso addirittura di licenziarmi per trovare la mia strada e fare la musica che mi piaceva realmente”.

Sei un ottimo polistrumentista: c’è uno strumento che preferisci? …. anche se in realtà già lo hai fatto intuire…
R - “Io suono il trombone ed il sousaphone ed altri strumenti che sono molto vicino al trombone tipo il flicorno baritono, la tromba bassa, però anche la tromba ed occasionalmente altri. Sono un appassionato conoscitore di strumenti ad ottone. Tutti gli altri “oggetti” che porto dal vivo (conchiglie, flautini ….) sono tutti dei “colori” che negli anni ho imparato a suonare. Ad esempio le conchiglie da Steve Turre con cui ho fatto amicizia ed avuto il piacere di suonare per un periodo. Lui mi ha insegnato come si costruiscono e poi come studiarle. Vinicio Capossela, con cui suono, ha scritto poi un pezzo apposta per le conchiglie e mi ha dato un forte stimolo per approfondire il discorso. Con lui abbiamo fatto un tour che è durato due anni. Devo ringraziare anche lui che mi ha dato questo input. Comunque io mi concentro maggiormente sul trombone che è il mio strumento”.

Hai vinto il Premio “Top Jazz” come migliore musicista dell’anno: le tue sensazioni a riguardo. È cambiato qualcosa nel tuo modo di concepire la musica dopo questo importante riconoscimento?
R - “Ho sempre avuto una grande passione e fatto tanti progetti, lavorando molto, ma mai in prospettiva di vincere premi ed ottenere riconoscimenti . Ho cercato sempre di dare spazio a ciò che mi piaceva seguendo l’istinto personale, senza copiare mai nessuno. Ho avuto moltissime collaborazioni spaziando in vari generi musicali. Con Enrico Rava ho suonato e scritto gli arrangiamenti del disco “Rava on the Dance Floor”. Ho voluto mescolare di tutto, dalla musica classica alla bandistica, al rock. Questo riconoscimento che è arrivato mi riempie di gioia, ma non è stato rincorso da me come un obiettivo, è chiaro che però mi gratifica. Non so se mi aiuterà o sarà una “zappa sui piedi” perché ora tutti si aspettano molto da me. A volte sento la responsabilità, ma voglio continuare a fare ciò che mi piace. Ho pubblicato ad esempio anche un disco in cui canto e la gente ha pensato che fossi impazzito!“.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
R - “In questi giorni abbiamo portato a termine la realizzazione di un cartone animato nuovo che è molto bello e contemporaneamente anche il dvd live ad Umbria Jazz con Sousaphonix che vorremmo far uscire presto. È uno spettacolo molto particolare, scenografico, una storia di musica e parole che nasce da un doppio cd accompagnato da un romanzo di fantascienza che ho scritto. È divertente e dal vivo ha una gran resa. Regala una visione della musica del periodo storico degli anni’20 e ’30 con vari autori significativi, il tutto rivisto con una logica mia personale. Qualcosa rimane anche fedele alle originali, ma c’è molto di mio. Il disco è stato apprezzato e sono felice di questo. La gente però spesso non capisce che è un concept album, ma pensa dai titoli che potrebbe essere un normalissimo disco revival. Lo può ascoltare e capire chi ha il “Bix factor” nel cervello!”.

L’ultima domanda è collegata al tuo rapporto lavorativo con Federica Fusco di Altotenore che ti ha portato a suonare in Abruzzo …
R - “Ciò che mi colpisce maggiormente delle persone con cui lavoro è la passione che ci mettono. Credo che la differenza fra l’essere un grande cuoco ed uno scarso sia appunto dall’avere una passione o non averla in ciò che si fa. Quando uno sa cucinare, bene o male ha la tecnica, ma metterci passione è diverso, aggiunge una marcia in più. Questo avviene in tutti i campi della nostra vita quotidiana. Ho conosciuto Federica quando organizzavo concerti e lei mi chiamava per propormi i suoi artisti: ho visto la tenacia e la passione con cui lo faceva. Mi veniva voglia di aiutarla per questo motivo. Penso che avere vicino una persona che lavora in questa maniera sia più importante magari di averne un’altra famosa e già ben inserita nell’ambiente che però non cura bene l’artista.
Il manager e l’artista devono lavorare in simbiosi diventando quasi una sola persona: un manager non deve gestire 50 nomi, ma uno o due artisti in cui credere, ci deve essere un rapporto umano alla base di tutto, l’uno deve consigliare o insegnare all’altro. Federica non è la mia manager, però lavora bene. Manca in Italia ciò che fa lei, avere un’agenzia di booking ed un ufficio stampa. Questi compiti sono spesso purtroppo svolti da personaggi che non sono all’altezza, altre volte ci sono soggetti che hanno le capacità ma non le sfruttano, poi ci sono quelli come Federica che, partiti da soli con un grande entusiasmo e molte competenze, stanno cercando di fare del loro meglio. Con l’amore e la passione andranno secondo me molto lontano”.


Si ringraziano Federica Fusco di Altotenore e Franco & Layla titolari del Ristorante Bellavista di Spoltore che hanno reso possibile il concerto e l’intervista.

(di Piero Vittoria - del 2013-02-24) articolo visto 2977 volte
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