Un’intesa congelata al momento dal Dup – scavalcato per la prima volta come forza di maggioranza relativa dallo Sinn Fein alle recenti elezioni amministrative del 5 maggio – per la contrarietà radicale al protocollo: documento sulla cui revisione gli unionisti pretendono garanzie preliminari, sostenendo che esso – nato per garantire anche dopo la Brexit il mantenimento del frontiera commerciale aperta in regime di mercato unico fra Ulster e Repubblica d’Irlanda – stia in effetti minacciando attraverso barriere e controlli l’integrità del confine interno tra Irlanda del Nord e resto del Regno: una contestazione rigettata dai nazionalisti repubblicani e che rischia di riattizzare le tensioni.
Johnson – che da tempo ha a sua volta rimesso in discussione il protocollo, dopo averlo firmato – ha annunciato da parte sua prima della partenza di voler continuare a negoziare con l’Ue per modificarlo, ma ribadendo di essere pronto ad agire in autonomia se non vi saranno svolte. A questo fine ha anticipato a domani la presentazione al Parlamento di Westminster di una legge (il cui iter potrebbe richiedere alcuni mesi) destinata a dare al governo il potere di cambiare unilateralmente “parti” del documento in questione, facendo prevalere la normativa nazionale per ragioni di sicurezza interna rispetto a quanto siglato con Bruxelles. Sia Dublino, sia i 27 hanno del resto fatto sapere di considerare questa mossa come una “violazione del diritto internazionale” e di essere pronti nel caso a ritorsioni legali.
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