Confagricoltura, incontro a Roma sulla Peste Suina Africana

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tavolo peste suina

ROMA – Approfondire il tema della Peste Suina Africana, una malattia virale non trasmissibile all’uomo che colpisce i suidi, quindi sia il suino sia il cinghiale, causando ingenti danni economici soprattutto per le ripercussioni sull’export essendo trasmissibile anche tramite i trasformati di carne suina e di cinghiale. É questo l’obiettivo dell’incontro di approfondimento che Confagricoltura ha organizzato oggi, a Roma, a Palazzo della Valle, dal titolo “Peste Suina Africana: una minaccia per il settore suinicolo. Una sfida da gestire”.

Non esiste un vaccino contro questa malattia, che, quindi, può essere affrontata solo tramite misure di biosicurezza in allevamento, gestione della fauna selvatica e controllo alle frontiere sull’importazione di alimenti trasformati di carne suina tramite gli automezzi, ma anche i singoli viaggiatori (aeroporti, trasporto su strada, vie ferroviarie e marittime).

In Italia il settore suinicolo conta circa 30mila allevamenti, esclusi quelli familiari, che allevano (più o meno costantemente negli ultimi dieci anni) poco più di 8,5 milioni di capi, di cui quasi 5 milioni da ingrasso (oltre 50 kg). La produzione è fortemente concentrata nelle regioni del Nord, che rappresentano il 31 per cento di aziende ed il 90% dei capi, di cui il 50% nella sola Lombardia. Al Centro Sud abbiamo una forte parcellizzazione, con il 70 per cento di aziende, ma solo l’11% dei capi (fonte Ismea).

Dal 2008 ad oggi sono diminuiti del 27 per cento circa gli allevamenti specializzati (“non familiari”), mentre i capi censiti hanno registrato una contenuta flessione (-2,8%) nel complesso, anche se sono significativi – e “a due cifre” – i cali che hanno interessato i capi da riproduzione (scrofe, scrofette e verri).

Il comparto suinicolo è rilevante e strategico anche per la sua incidenza sull’export agroalimentare, con circa 1,8 miliardi di prodotto esportato ed in costante crescita. Anche se le importazioni purtroppo superano l’export (2,3 miliardi di euro) ed il tasso di approvvigionamento è ormai intorno al 60 per cento.

Il comparto, inoltre, è rilevante per l’intera Unione europea, al secondo posto nel mondo con oltre 23 milioni di tonnellate dopo la Cina (50 milioni di tonnellate prodotte). Seguono gli Stati Uniti con 11 milioni di tonnellate.

“La diffusione della Peste Suina Africana è un rischio che la suinicoltura italiana ed europea non possono correre – ha detto la componente della giunta di Confagricoltura Giovanna Parmigiani -. Ne va dell’avvenire di un comparto essenziale, di cui siamo leader, e che conta tantissimo in termini di valore della produzione, indotto, occupazione ed export”.

L’arrivo dalle aree infette europee della PSA sul resto del territorio italiano imporrebbe la chiusura dell’export, viste le severe restrizioni al commercio di prodotti trasformati di carne suina che a livello mondiale i Paesi, soprattutto quelli indenni, impongono.

“Per questo – ha aggiunto Giovanna Parmigiani – sono importanti le iniziative preventive di informazione e formazione, così come le misure di diffusione di buone pratiche che vanno comunicate anche a soggetti che non sono strettamente nella filiera e che vanno coinvolti, come i “gestori” del territorio e i trasportatori. Pratiche facili da attuare e che hanno un’indubbia validità per il contenimento del rischio di diffusione”.

Le ultime evidenze mostrano che la Peste Suina è veicolata principalmente dalla fauna selvatica, in particolare dai cinghiali. Per questo si stanno mettendo in atto azioni di contenimento di questa popolazione, soprattutto nelle zone di confine con le aree infette, ma anche preventive, come ai confini tra Danimarca e Germania e tra Finlandia e Russia.

“É evidente – ha spiegato Claudio Canali, presidente della Federazione nazionale di prodotto allevamenti suini di Confagricoltura – che dobbiamo agire sulla popolazione di fauna selvatica. É la priorità delle priorità; che rimane quella di abbattere il rischio di diffusione di un virus che potrebbe essere dirompente per la nostra suinicoltura. Vorremmo che con il Convegno di oggi tutti, stakeholder e soggetti anche solo indirettamente coinvolti nella filiera, acquisiscano questa consapevolezza. Sarebbe un risultato prezioso da capitalizzare per arrivare, speriamo presto, alla stesura da parte dell’Amministrazione di un piano nazionale adeguato per fronteggiare la PSA, al quale siamo disponibili a fornire il nostro contributo”.