E aggiunge: “Oggi, per costruire un termovalorizzatore, tra autorizzazioni amministrative e tempi tecnici costruttivi occorrono non meno di 5 anni se va tutto bene. Un impianto medio da 450.000 mila tonnellate/anno costa non meno 400 milioni di euro. Esso, una volta in funzionamento, residua circa il 30% del bruciato sotto forma di ceneri (rifiuti speciali pericolosi) che chiaramente vanno smaltite in discarica, più 650kg di acque per tonnellata di rifiuti bruciati da depurare successivamente e 25 kg per tonnellata di gesso. Un termovalorizzatore ha un piano di ammortamento di almeno 20 anni. E’ stato calcolato che la filiera del riciclo, nel suo complesso consente performance ambientali migliori, in termini di energia, da 3 a 5 volte rispetto a un termovalorizzatore”.
Inoltre, sottolinea Costa, “l’occupazione lavorativa per la filiera delle 4R-riciclo, recupero, reimpiego e riutilizzo- consente un’occupazione lavorativa full time quattro volte superiore a quella assicurata dai termovalorizzatori. Nel 2017 la Commissione europea ha raccomandato che “i processi di termovalorizzazione possono svolgere un ruolo nella transizione verso un’economia circolare a condizione che la gerarchia dei rifiuti della U.E. funga da principio guida e che le scelte fatte non ostacolino il raggiungimento di livelli più elevati di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio”. Allora, vi prego, parliamo di Economia Circolare e acceleriamo in quella direzione. Il resto è solo vecchio paradigma”, conclude l’ex ministro.
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