Edilizia: le vite dei lavoratori appese al filo dell’insicurezza

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MESTRE – “Stando ai più recenti dati Fillea Cgil, i morti sul lavoro in edilizia sono arrivati a 32 contro i 12 dello stesso periodo 2020. L’incremento è impressionante: quasi il 170% in più. Sono dati drammatici e sconfortanti, soprattutto perché tutte le vite spezzate e tutti gli incidenti avrebbero potuto essere evitati, adottando adeguate misure preventive (peraltro obbligatorie per legge), accompagnate da controlli e ispezioni più diffusi”.

Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre, commenta così l’emergenza morti bianche in edilizia. E aggiunge: “Da oltre un decennio ci occupiamo di monitorare gli infortuni sul lavoro nel nostro Paese e, purtroppo, il settore dell’edilizia è tra i protagonisti delle tragedie quotidiane che si consumano nei luoghi di lavoro”.

“Anche le cause di morte, poi, sono sempre le stesse – spiega ancora Rossato – e i dati di Fillea confermano: la caduta dall’alto nel 48% dei casi e l’essere travolti da materiali nel 26% degli infortuni mortali”. Secondo l’Inail, in edilizia i morti nel 2019 sono stati 113, nel 2020, 114. Ed è sempre la caduta dall’alto la principale causa di morte. Ma i numeri di Fillea dei primi due mesi del 2021 evidenziano un significativo trend di incremento della mortalità.

“Gli infortuni più numerosi – sottolinea il Presidente dell’Osservatorio mestrino – sono conseguenti a cadute da un’altezza compresa tra 1 e 10 metri, confermando che non servono grandi altezze per morire”. In base poi alle informazioni disponibili sulle morti per caduta dall’alto che abbiamo analizzato ed elaborato con il nostro Osservatorio dal 2010 al 2014, il lavoratore non aveva indossato dispositivi di protezione individuale adeguati (ad esempio imbracature di sicurezza).

Una situazione che preoccupa anche in vista della ripresa economica del settore edile grazie ai sostegni e agli incentivi del Governo promessi e previsti per i cittadini e per le imprese. “L’edilizia è destinata a risorgere dopo la pandemia – conclude Rossato – ma non deve farlo certo a danno dei lavoratori”.

Questo fenomeno dimostra la scarsissima attenzione ancora oggi posta alla corretta “progettazione” del lavoro in quota, che deve prevedere adeguate opere provvisionali e/o dispositivi di sicurezza di trattenuta al fine di tutelare i lavoratori. È fondamentale anche che i progettisti e i proprietari degli edifici prevedano sempre idonei sistemi di sicurezza (spesso costituiti da semplici occhielli o dalle cosiddette “linee di vita”) da installare in fase di realizzazione degli edifici o durante ristrutturazioni a garanzia di chi, successivamente, effettuerà lavori di manutenzione.