Euro risale a 1,0561 dollari dopo cali, faro mercati su Fed mercoledì

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ROMA – Lieve risalita dell’euro a 1,0561 dollari dopo che nei giorni scorsi la valuta condivisa ha fatto capolino sotto quota 1,05, segnando nuovi minimi da 5 anni a questa parte, ma non lontano dai valori addirittura del 2002. Movimenti legati ai continui rafforzamenti del biglietto verde, che sconta una sempre più probabile accelerazione della Federal Reserve nella manovra di rialzo dei tassi di interesse contro l’alta inflazione. Il mese che si sta chiudendo si profila con il maggior cumulato di rialzi per il dollaro da oltre 7 anni. La prossima settimana tornerà a riunirsi il Fomc, il direttorio della banca centrale Usa e alle 20 italiane del 4 maggio comunicherà le sue decisioni di politica monetaria.

E’ atteso un aumento da 50 punti base sui fed funds ma c’è anche chi ha ipotizzato 75 punti base in più. La Fed dovrebbe inoltre avviare la manovra di graduale riduzione della mole del bilancio, non rinnovando parte degli enormi stock di titoli accumulati negli anni scorsi con il Qe, quando giungono a scadenza. Nell’area euro la Bce si sta muovendo in maniera molto più cauta e per ora si è limitata ad accelerare la manovra di progressiva riduzione degli acquisti di titoli, che però prosegue dovrebbe concludersi alla fine di giugno. Solo successivamente potrebbe iniziare ad alzare i tassi, ma non è ancora chiaro quando e in quale misura, posto che il quadro inflazionistico nell’eurozona è meno acuto di quello statunitense.

Ieri Eurostat ha riferito che l’inflazione ad aprile si è attestata al 7,5%, marginalmente al di sopra dei valori di marzo, supportando così le ipotesi giunte di recente da esponenti della Bce, come il vicepresidente Luis Dee Guindos, sul fatto che il carovita potrebbe essere vicino al picco, dal quale poi dovrebbe declinare. Peraltro la prossima riunione operativa sulla politica monetaria della Bce è molto più lontana: si svolgerà il 9 giugno. E in più sulla valuta unica pesano le prospettive di forte rallentamento dell’economia, a contraccolpo di guerra in Ucraina e soprattutto delle sanzioni contro la Russia, che alcuni paesi vorrebbero estendere anche alle forniture di petrolio e energia, ipotesi che comprometterebbe, se realizzata in fretta e furia, le capacità industriali delle due principali manifatture dell’eurozona: Germania e Italia.

Inoltre Eurostat ha riferito che il Pil dell’area valutaria ha rallentato la crescita al più 0,2% nel primo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti. In Italia invece ha accusato una contrazione dello 0,2%, il dato peggiore delle maggiori economie dell’area, posto che il paese è anche il più lento a rimuovere le controverse restrizioni alle attività adottate a motivo del Covid, mentre la Germania, che aveva accusato un calo dello 0,3% del Pil sul quarto trimestre, ha registrato un più 0,2% a inizio 2022. Sull’eurozona sembra farsi più minaccioso lo spettro di stagflazione ipotizzato da alcuni economisti (inflazione alta e crescita economica debole). L’ultimo scivolone dell’euro si è verificato anche in concomitanza dello stop alle forniture di gas da parte della Russia a Bologna e Bulgaria, mentre l’Ue si sta ancora interrogando sul da farsi concretamente in merito alle richieste di Mosca di usare articolato meccanismo di pagamenti con cui converte euro e dollari, che vengono esborsati per il suo gas, in rubli. Euro risale a 1,0561 dollari dopo i cali.