Gap generazionale negli ambienti di lavoro: come gestirlo

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Risolvere il gap tra generazioni nell’ambiente di lavoro è quasi impossibile. Meglio imparare a gestirlo e farne uno stimolo reciproco

Alessandro Sandionigi

Si chiama “gap generazionale” ed é uno dei problemi del mondo del lavoro attuale, promiscuo  di millennials e lavoratori ultrasessantenni. Su un piano meramente retributivo, chi ha appena iniziato la carriera guadagna fino al 45% in meno di chi é prossimo al pensionamento.

Questo gap salariale riflette una cultura che distribuisce gli incarichi di maggior responsabilità sulla base dell’anzianità tra chi ha maggior anzianità di servizio o più anni di esperienza nei singoli ambiti, che però si trovano a confrontarsi con i nuovi manager.

Risolvere il gap tra generazioni nell’ambiente di lavoro è quasi impossibile. Meglio imparare a gestirlo e  far sì che conoscenze, competenze, valori e aspirazioni diversi tra lavoratori più o meno giovani siano uno stimolo reciproco e non una occasione di conflitto.

Di questo si occupa Generations Warriors, una società nata ufficialmente nel 2019 grazie all’incontro su Linkedin tra Alessandro Sandionigi e Marta Basso, da un movimento sociale già esistente, che aveva lo scopo di sensibilizzazione riguardo il gap generazionale. Già dopo il primo evento, incentrato sul tema del pregiudizio, molte aziende che avvertivano il problema nel proprio sistema di vendita avevano finito per contattarla.

Abbiamo avuto la fortuna/bravura di lavorare già con vari brand, tra i quali spicca il nome di Mediaset“, dice orgoglioso Sandionigi. La mission é quella di creare occasioni di incontri online/offline: eventi, corsi, attività che permettono incontri tra generazioni diverse, mirati a generare ricchezza, consapevolezza e generare produttività. Non c’é un palinsesto di eventi ma capita quasi quotidianamente di incontrare sui social i due co-founder a trattare di contenuti che spaziano da tematiche quotidiane al business oppure “Ambassador”, ossia professionisti, di varie età e settori, che si sono messi a disposizione sia per fornire contenuti sia per raccontare il proprio percorso, spesso caratterizzato da una lotta contro il pregiudizio generazionale.

Le attività sono prevalentemente due: comunicazione e formazione. Ossia, crea contenuti da mettere sui social a favore delle aziende,  rilevanti per potenziali utenti online (consumatori/investitori)e, con l’ausilio di psicologi,  percorsi per ridurre il gap generazionale. Sandionigi sottolinea che in certe aziende ci sono addirittua cinque tipi di generazioni a confronto, con relative visioni e punti di vista: é facile che nelle relazioni, si creino pregiudizi con frasi come “Sei troppo giovane/vecchio e non puoi capire”.  Il Covid-19 ha finito per “intaccare” le attività, rafforzando la parte della comunicazione e indebolendo quella della formazione generazionale, che ha perso la priorità. In questi mesi di lockdown, però sono stati generati percorsi di consulenza e formazione, masterclass che possano creare strategie di contenuti online.

Restando sulla situazione attuale, Sandionigi ha precisato che non é corretto dire che il Coronavirus ha accelerato il processo di digitalizzazione; piuttosto ne ha accelerato l’urgenza. Di fronte a questa necessità le aziende che prima del Covid-19 non avevano pensato all’online, hanno dovuto bruscamente fare i conti con esso: alcune  si sono trovate impreparate, altre hanno capito di non potesi permettere questa trasformazione con consegunze drammatiche.

Fare impresa dopo il Covid vuol dire necessaramente fare i conti con un modo nuovo di vendere il proprio prodotto/servizi: basta a passaparola, volantini e brochure e spazio all’online, ai social e a un nuovo processo di vendita e marketing che aiutino a capire chi si ha di fronte per sapere quando sarà più pronto a recepire il prodotto e, successivamente, a comprarlo.