I miei occhi e il mio cuore piangono per te, Libano. Intervista a Mahmoud Tosson

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mahmoud tosson

Il Libano è una delle terre più antiche del mondo che grazie al suo sbocco sul Mar Mediterraneo dal Medio Oriente è stato l’oggetto dei desideri per numerosi popoli e religioni.

Antiche civiltà hanno costruito qui il loro impero commerciale. Musulmani e Cristiani si sono susseguiti sul suo territorio strategico per la conquista di Gerusalemme.

Mentre al giorno d’oggi,e fino a pochi istanti fa, è il caso di scriverlo ,dopo anni di atroci guerre civili e orrendi massacri, ci ritrovavamo un paese estremamente multietnico, capace di garantire stabilità e fornire rifugio a profughi di ogni etnia, mostrando al mondo la pace e la fratellanza tra i popoli: un ordine in cui le sue differenze culturali erano state in grado di convivere serenamente.

Ma procediamo per gradi.

Durante la Seconda Guerra Mondiale il Libano venne ufficialmente proclamato indipendente.

La costituzione libanese del 1943 fu il frutto di un importante patto in cui si garantì la presenza alle cariche istituzionali di tutte le religioni presenti nel paese.

Quindi cristiani maroniti, greco-ortodossi e armeni e musulmani sciiti e sunniti avevano gli stessi diritti politici.

Gli anni che seguirono furono contraddistinti da un grande sviluppo economico fino al 1975, anno della drammatica guerra civile libanese.

Infatti dal 1975 al 1990 si combatterono in Libano numerose guerre intestine e con il vicino Israele.

Inizialmente la causa scatenante fu l’approdo di 2 milioni di profughi palestinesi che fecero diventare maggioranza la popolazione musulmana sunnita nel paese.

Nel 1976 si riuscì fortunatamente a trovare una soluzione, ma la presenza di esponenti radicali palestinesi all’immediato confine con Israele preoccupò lo stato ebraico, che attaccò il Libano dando vita alla guerra israelo-libanese.

Nel 1990 i conflitti si attenuarono, e per un lungo periodo il Libano torno’ a splendere.

Che cosa è successo dopo quegli anni?

Ho deciso di parlarne con Mahmoud Tosson, architetto di origini libanesi da anni trapiantato a Sant’Egidio alla Vibrata.

Caro Mahmoud entriamo subito nel vivo: su quel molo, che la devastante esplosione ha praticamente cancellato, sei stato accompagnato da tua madre, per avere un futuro migliore, in una notte del settembre del 1979, avevi 18 anni: raccontaci la tua storia, raccontaci la tua Beirut .

Per la verità l’episodio del viaggio dal porto di Beirut risale ai primi anni ottanta subito dopo l’invasione israeliana del Libano (nel 1979 sono arrivato in Italia per studiare). Era notte buia per mancanza di corrente elettrica e la città illuminata a tratti dal bagliore dei razzi e delle bombe che continuavano a scandire la “vita” di Beirut. Tragitto lungo e pericoloso per arrivare a quel maledetto molo (lo stesso molo dell’esplosione) e prendere la nave destinazione Cipro, insieme a mia sorella ed altri amici in fuga dall’inferno libanese. Viaggio allucinante nel cuore della notte con migliaia di persone a bordo di una nave stracolma, con bambini messi sotto i sedili per proteggerli dal freddo e dal passaggio delle persone, con la città in fiamme che piano, piano spariva dietro l’orizzonte mentre la nave navigava verso un porto di speranza e serenità. Non scorderò mai quella scena…

La città è devastata. Molte persone non hanno il modo di essere curate. L’intera area potrebbe essere tossica. Chi ha ridotto il Libano nelle condizioni in cui era prima dell’esplosione?

Faccio fatica a cancellare dalla mia testa l’immagine dell’esplosione e credo che resterà per sempre nella mia memoria. Città devastata, distrutta, ferita, offesa come tutti i suoi abitanti, che gridano aiuto e giustizia. Aiuto per poter sopravvivere nel loro quotidiano e per amalgamare le ferite. Giustizia nel confronto di una classe politica e dirigenziale che ha spolpato e privato il paese di tutto, perfino dalla dignità di essere cittadino. Forse politiche settarie e feudali che hanno “governato” il paese per il loro tornaconto personale e familiare. Forse politiche che hanno giurato eterna fedeltà ad altri e non al loro paese. Forse politiche che da circa trent’anni stanno in Parlamento a dividere il bottino. Abbiamo un Presidente della Camera eterno, non cambia mai, sempre li da circa trent’anni. Abbiamo presidenti, ministri e deputati che ereditano il “consenso” ed il potere del padre dopo la sua morte. In Libano hanno istituzionalizzato un sistema di stampo mafioso con le sue regole e dogmi. Intanto la popolazione è molto provata dalla crisi politica, sanitaria, economica e finanziaria ed adesso anche da questa grave tragedia che ha colpito duro, ha spazzato vite e ha lasciato un mucchio di problemi sanitari ed ambientali da risolvere.

L’ultima guerra, quella del 2006, fu combattuta tra Hezbollah e Israele e produsse danni enormi. Tra questi la centrale elettrica che fu distrutta. Quando la guerra finì si decise con un accordo unanime tra le parti di non ricostruirla. Il Libano avrebbe acquistato energia elettrica da navi prese in affitto. Un’operazione dai costi esorbitanti. Il risultato è stata una bolletta mensile molto cara per ognuno, bolletta che non è basta a pagare il conto, che ha prodotto un passivo di 50 miliardi di dollari. Un macigno decisivo nel fallimento economico del Paese dei cedri?

Esatto. Per quattordici anni hanno promesso elettricità 24 ore su 24. Hanno illuso la popolazione ed hanno speculato e rubato su queste scelte sciagurate che hanno fatto fallire il paese.

Il presidente francese Macron a Beirut. Una visita generosa e coraggiosa, in una città che da Parigi del Medio Oriente oggi potremmo chiamare l’Hiroshima del Mediterraneo. Probabilmente non è solo una visita di solidarietà umana, bisogna avviare l’operazione di salvataggio del Libano, che vuol dire salvataggio fisico e umano dei libanesi?

La visita tempestiva del Presidente Macron ha due aspetti. Uno solidale ed immediato per soccorrere la popolazione. L’altro è di natura politica. Macron ha incontrato tutte le forse politiche portando un messaggio molto chiaro. Bisogna cambiare ed avviare riforme necessarie al paese, toccando alcuni nodi che hanno determinato questa situazione così disastrosa. Macron ha rilevato con mano la sfiducia della popolazione verso l’attuale sistema politico, corrotto ed inadeguato.

Abbiamo saputo che quel nitrato di ammonio sarebbe stato nel porto di Beirut da anni e che le indagini dovrebbero appurare chi siano i colpevoli di questa “distrazione”. 2700 tonnellate del più pericoloso esplosivo dimenticate in un silos da anni? Addirittura da sei anni? E’ possibile? E’ credibile? E se anche lo fosse non sappiamo tutti da anni e anni che il porto, come l’aeroporto di Beirut, è sotto il diretto e pieno controllo di Hezbollah? Tutti i traffici leciti e soprattutto illeciti non sono controllati da Hezbollah tanto al porto quanto all’aeroporto? Chi a Beirut non lo sa? E ora il governo voluto da Hezbollah ci dice che farà un’inchiesta sul porto. Questo governo sostiene che i responsabili sono i funzionari governativi di sei anni fa? Questo non ha alcun rapporto con la realtà. Qual è la tua opinione in merito?

Hai elencato una serie di domande che toccano in maniera esplicita i nodi ed i problemi che hanno condizionato la vita politica ed amministrativa del paese. Sono anni che il paese è sotto scacco dalle “politiche e scelte” di Hezbollah che hanno determinato anche questo stato di fatto. Il partito di Hasan Nasrallah, segretario e riferimento autorevole della comunità sciita, segue la sua agenda legata alla scelte del regime iraniano, che purtroppo non sempre coincidono con gli interessi del Libano. Basta pensare all’intervento unilaterale nel conflitto siriano, con tutte le conseguenze del caso. Hezbollah ha sequestrato il potere decisionale dello stato e si è trasformato di fatto in una specie di “stato” nello stato, con forza militare capace di condizionare la vita politica di un intero paese. Auguro a questa forza rappresentativa di una parte della comunità libanese di tornare ad esercitare legittimamente il suo ruolo politico, mettendo da parte la “sua” agenda politica che ha caratterizzato il suo comportamento negli ultimi anni. Insomma bisogna arrivare pacificamente a una soluzione che prenda spunto dall’iniziativa del Patriarca maronita card. Bechara Boutros al Rai per una neutralità urgente e necessaria del paese, base per un comune vivere. Iniziativa che ha trovato appoggio da una maggioranza trasversale della comunità libanese.

Ma ora Beirut è in ginocchio. Stremata. Morente, In città manca tutto. Gli ospedali rispondono solo a parte della richiesta. Bisognerebbe evacuare un’area vastissima per motivi di sicurezza, almeno per queste prossime ore. Impensabile. Manca tutto. Nessuno è in grado di chiedere ai libanesi di rimettersi in piedi da soli. Un piano Marshall per Beirut serve oggi. Ma gestito da chi? Affidato a chi?

Non bastava il Covid-19 che ha messo in difficoltà gli ospedali libanesi, adesso c’è questa drammatica emergenza che ha stroncato il sistema sanitario. Il Libano ha bisogna di ogni sorta d’aiuto. La situazione è spaventosa e durerà a lungo. Serve un piano internazionale d’aiuti gestito dalla stessa comunità internazionale. Nessuno si fida più dell’attuale governo libanese e della sua classe politica corrotta che ha governato il paese. C’è tanta rabbia nel paese che va governata per evitare altri scenari catastrofici.

Il Tribunale Internazionale sul delitto Hariri dovrebbe pronunciare il suo verdetto. Potrà farlo? Se lo facesse potrebbe dire che quattro miliziani di Hezbollah hanno ucciso l’ex primo ministro Hariri e le 21 persone che viaggiavano con lui. Cosa significherebbe, cosa significherà questo verdetto? Il classico governo di unità nazionale, sul modello di quelli che hanno gestito la questione energetica? Il confronto politico sul significato politico della sentenza sarà lecito?

Il Tribunale internazionale ha spostato il verdetto al giorno 18 Agosto, probabilmente per la situazione creata che rendeva la sovrapposizione degli eventi ancora più complicata. Cosa  potrebbe accadere resta una incognita. L’attuale sistema politico è ormai screditato, a partire dal Capo dello Stato Michel Aoun. Servono nuovi elezioni gestite e controllate da osservatori esterni, per dare una rappresentatività ad una nuova classe politica in grado di prendere in mano la situazione e recuperare fiducia e legittimità presso la comunità internazionale per trovare fondi e soluzioni ad una situazione drammatica. La maggioranza del popolo libanese non si fida più dall’attuale governo, nato debole e reso ancora più debole dalla sua incapacità di gestire anche il quotidiano. Non parliamo di governi di unità nazionale che sono stati la radice del male. Assolutamente no.

Mentre si allunga l’elenco delle vittime, tu che hai ancora diversi parenti a Beirut sei riuscito a metterti in contatto con loro per sincerarti sulle loro condizioni?

Fortunatamente subito dopo l’esplosione sono riuscito a parlare con mia nipote a Beirut e sincerarmi della loro incolumità. Fisicamente stanno bene, ma moralmente e psicologicamente sono a pezzi. La botta è ancora fresca ed aspettano giorni ancora più neri.

Il Libano, terminata l’emergenza, riuscirà a rialzarsi per l’ennesima volta dalla sua tormentata storia?

La storia del Libano è fatta di tante momenti drammatici ma per fortuna il paese ha potuto reagire e sollevarsi. Questa volta la vedo complicata. L’enormità del danno è palese. Servono aiuti concreti e durevoli. Il Libano non è solo un paese qualsiasi, ma una missione di convivenza tra diverse comunità religiose. Ponte tra Oriente ed Occidente, tra Islam e Cristianesimo, tra mondo arabo ed Europa. Va custodito, protetto ed aiutato.

Credi che i ‘media’ si stiano occupando adeguatamente di quanto avvenuto nella tua città natale?

L’evento è caldo e tutti parlano. Auspico che continuano a parlare anche in futuro e mettere sotto luce il dopo, perché sarà ancora più difficile e complicato.

Con questo augurio ti saluto.

Grazie di cuore Mahmoud.