Il colore dei ricordi, alla scoperta del libro di Angela Ragozzino

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il colore dei ricordiLa duplice anima di Angela Ragozzino – scientifica ed umanistica – si esprime, da un lato, con la professione di medico specializzata in Anestesia e Rianimazione e, dall’altro, con l’impegno in attività sociali e culturali (stretti legami con le tradizioni della sua terra casertana), nonché con un’inclinazione artistica rivolta in particolare alla musica classica e alla poesia. E come poetessa vanta la pubblicazione di diverse sillogi, ultima delle quali Il colore dei ricordi. Poesie e immagini (Guido Miano Editore, Milano, 2021), con illustrazioni fotografiche di Enrico Raimondo, Marica Raucci, Benedetto Scaravilli e riproduzioni d’arte di Giovanni Conservo.

Sul palinsesto fondamentale della memoria s’innestano i motivi di una poesia meditativa che si estende dagli spessori esistenziali alle proiezioni verso l’infinito; s’aprono a ventaglio le suggestioni contemplative del lirismo della natura, talora come premessa e introduzione a pensieri in chiaroscuro sui propri stati d’animo, talaltra come contesto, cornice alla poesia degli affetti domestici e dei vissuti sentimentali ed amorosi. Il viaggio memoriale non è certamente, nel suo caso, una ricerca del tempo perduto, o un’operazione nostalgica e malinconica per rifugiarsi e imbalsamarsi su un passato pietrificato, bensì un tuffo nel tempo per rivivere con elasticità vitalistica pezzi colorati dell’esistenza ancora oggi operativi nel suo quotidiano: orgoglio delle radici, calore delle atmosfere, valore della famiglia, ricerca della libertà.

Infatti i suoi ricordi, per coniugare il senso del titolo, non sono in bianco e nero, ma policromatici come in un caleidoscopio da guardare con l’occhio dell’anima. Estrapolando dai suoi testi le composizioni più significative ed emblematiche il lettore è subito immerso nel suo mondo particolare. La rosa antica è una lirica che sviluppa la poetica delle radici, delle origini, in un contesto naturale che permea i ricordi. Le dolci colline, le chiome degli ulivi, il profumo della lavanda fiorita, il tiglio e il cespuglio delle rose rosse risvegliano in lei l’antico senso di appartenenza alla terra natia, e quindi esclama: «La mia casa! /…/ Qui è la mia casa!». Non potrebbe essere più esplicita in un’altra lirica dal titolo Le Radici, dove il vocabolo-chiave è scritto con la erre maiuscola, con il chiaro intento di sottolineare e rimarcare ancora una volta l’importanza dell’attaccamento al proprio patrimonio familiare e culturale di provenienza: «Nelle umili zolle / affondano / le Radici possenti / in un abbraccio / materno. /…/ Rivolgo la mente al passato / e trovo rifugio / là dove tutto / ebbe inizio, / là dove le mie Radici / hanno trovato / la terra, / l’acqua, / il fuoco … / la vita».

Il discorso tematico e poematico dell’autrice si allarga abbracciando un antico quartiere di Caserta Vecchia, il Borgo Hirta, «baluardo da genti corsare», che nei suoi ricordi suscita sobbalzi nel cuore. Se, come abbiamo detto, la memoria della poetessa si colora intensamente, allora ecco che in Vigilia di Natale troviamo il paradigma di tale caratteristica della sua dimensione temporale che guarda all’indietro: «… La mente rivive nel tempo / immagini di altri Natali, / di altre Vigilie…». E rivive il calore e gli affetti di quei tempi così densi che scacciavano ogni solitudine. Il viaggio nella memoria continua con le metafore di Ultima primavera, con riferimenti all’ineluttabile scorrere del tempo, alle cose ultime e penultime della vita che lei ormai lascia scivolare verso il letargo invernale, in attesa della prossima primavera che ora assume come «mia ultima gioventù!». Anche il Vecchio casolare suscita intensi ricordi per tutti gli eventi a cui ha assistito nella sua lunga storia, e le immagini dei momenti felici «… riscaldano il cuore / e ridanno speranza. / Domani è sempre un altro giorno!». S’incontrano poi le poesie dei chiaroscuri, dei contrasti tra ombre e luci: nella nebbia esistenziale si augura una nuova Alba di primavera: «Giorni nella nebbia, / aria immota e rarefatta / occhi persi nel vuoto / smarrita è la mente. / Le ore scivolano / tutte uguali… / Nel silenzio che mi circonda / cerco di recuperare / le forze, la speranza, / la vita…»; e ancora: «Come il contorto alberello / avvolto nella nebbia / mi lascio travolgere / dal tempo che passa / e dalle alterne fortune» (Foglie nella nebbia); un irrefrenabile desiderio d’essere libera da ogni catena si manifesta nella lirica Voglia di uscire, dove l’anafora del verbo volere al presente indicativo in prima persona, rafforza il concetto: «Voglia di uscire, / aprire la porta e andare / per le strade / del mio piccolo paese. / Antichi suoni e dolci profumi / di fioriture / ed erba tagliata di fresco. / Voglio sentire l’aria tiepida / del primo mattino / accarezzare il mio viso, / nel tepore di maggio. / Voglio liberarmi dalle catene / che soffocano, / imbrigliano pensieri / e gioia di vivere. / Voglio spezzare i lacci / impregnati / di paura ed incertezze…». Ritroviamo altre tinte paesistiche delicate in Acquerello di un tramonto «la mente stanca e provata, / anela al dolce oblio del riposo» … e via di questo passo con l’eterno fluire della vita spesso nella più completa indifferenza, con aneliti d’infinito, con i teneri ricordi amorosi, con le pure contemplazioni naturalistiche, con la memoria della madre: «…Negli anni trascorsi / ora inverno, ora estate / ora primavera di dolci speranze / o malinconici autunni, / una costante mi è stata compagna / di vita: un legame atavico / e un affetto tenace e profondo / che fa del tuo volto solcato / da mille rughe, / un volto d’eterna giovinezza: / è il volto di mia madre!» (Il volto di mia madre).

Angela Ragozzino, Il colore dei ricordi, prefazione di Nazario Pardini; Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 80, isbn 978-88-31497-45-9.

Recensione a cura di Enzo Concardi