MILANO – Manager più consapevoli e responsabili nella lotta alla discriminazione di genere. È quanto emerge da un’indagine realizzata, con il supporto tecnico di JobPricing, dall’Osservatorio manageriale di Manageritalia sulla parità di genere su un panel di 803 lavoratori dipendenti che ricoprono ruoli manageriali in aziende di varie dimensioni.
Nonostante i progressi compiuti nelle economie occidentali, l’obiettivo di una cultura inclusiva e di una piena partecipazione economica e politica delle donne rimane ancora lontano. Eppure, numerosi studi dimostrano come una maggiore inclusività coincide sempre con un miglioramento immediato delle performance in tutti i settori dell’economia, arrivando a incrementi di redditività del 28%, secondo le stime di Eige (Istituto europeo per l’uguaglianza di genere).
Lo dimostrano anche i dati. Infatti, l’aumento del 5,4% dei dirigenti privati nel 2021 (elaborazioni Manageritalia su dati Inps) è dovuto a una crescita del 13,5% delle donne e del 3,6% degli uomini. Si conferma quindi la forte e nota rincorsa verso la parità delle donne dirigenti, cresciute del 77% dal 2008 al 2021 e oggi pari al 20,5% del totale (19,1% nel 2020). Da notare, poi, che le donne sono percentualmente molto più presenti nel terziario (24,7%) rispetto all’industria (15,1%) e, come da anni avviene, nel 2021 l’aumento dei dirigenti privati è più consistente nel terziario (+9%) rispetto all’industria (+1%).
La tendenza ad abbattere il gender gap che affligge ancora buona parte del mondo del lavoro si fa sentire in modo impellente nel settore manageriale che da tempo è impegnato a dare una svolta incisiva nella cultura e nell’organizzazione aziendale. Secondo i dati emersi dalla survey, questa consapevolezza è presente soprattutto nella categoria dei manager uomini, che rappresentano il 60% dei lavoratori interpellati. Infatti, oltre il 70% ritiene che la responsabilità della riduzione delle differenze di genere non sia solo delle istituzioni, ma che un ruolo importante lo abbiano le aziende ed in particolare, all’interno di queste ultime, la popolazione manageriale e, nello specifico, la categoria maschile.
Inoltre, alla domanda su quanta importanza abbia creare un ambiente inclusivo per migliorare le performance aziendali, quasi l’80% degli interpellati riconosce di avere, come manager, una responsabilità diretta nella creazione di un ambiente di lavoro inclusivo e oltre il 50% si rende conto che è necessario per chi è a capo di un settore interrogarsi costantemente rispetto ad eventuali conseguenze discriminatorie involontarie delle proprie azioni. In coda, solo meno del 6% ritiene che impegnarsi per combattere la disparità di genere non sia una responsabilità diretta dei manager.
La survey ha messo in luce anche le modalità adottate fino ad ora per abbattere il gender gap e le prospettive future. Se si escludono i processi di ricerca e selezione del personale, ormai consolidati proprio sulla cultura inclusiva, le azioni più frequenti sono riconducibili ad attività di sensibilizzazione e quasi di moral suasion all’interno delle aziende: la comunicazione inclusiva, infatti, si è ritagliata un ruolo significativo nei processi di formazione interna. Dunque, più sensibilizzazione, meno imposizione di regole. Ma anche maggiore capacità di monitorare il fenomeno attraverso idonei strumenti di misurazione, progettati in ottica gender neutral e utili a far emergere le aree di miglioramento e i punti di forza.
Su questo Antonella Portalupi, vicepresidente Manageritalia, dice: “Le regole, però, da sole non bastano. Occorre uno sforzo congiunto per modificare la cultura aziendale nelle sue ‘zone d’ombra’. Arrivare alla piena parità è un lavoro di squadra, che non può prescindere dall’intervento delle istituzioni e di tutti gli altri attori coinvolti. Tuttavia, coloro che ricoprono ruoli di leadership nelle aziende possono fare molto e creare best practice per ottenere modelli di azione consolidati”.
Federico Ferri, senior partner JobPricing, si sofferma invece su un altro aspetto e dice: “è importante l’aspetto dei sistemi di misurazione che sono ancora troppo poco utilizzati dalle aziende e che invece ricoprono un ruolo decisivo nel rendere “visibili” eventuali discriminazioni, comprese quelle involontarie o indirette, consentendo quindi di impostare azioni di miglioramento basate sui dati e di fissare obiettivi misurabili”.