NEET, Not in Education, Employment or Training

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NEET, Not in Education, Employment or Training

“Bamboccioni” secondo un termine provocatorio entrato nel vocabolario corrente a rappresentare ragazzi sfiduciati, che non fanno nulla e vivono in famiglia

Not in Education, Employment or Training, secondo gli istituti di statistica, “bamboccioni” secondo un termine provocatorio entrato nel vocabolario corrente a rappresentare ragazzi sfiduciati, che non fanno nulla e vivono in famiglia. A livello europeo, i giovani che non sono inseriti in un percorso scolastico o formativo e che non sono neanche impegnati in una attività lavorativa, i cosiddetti Neet, appunto, sono un fenomeno da qualche anno censito dalle statistiche e oggetto di ricerca perché segno di preoccupante degrado della situazione dell’occupazione, soprattutto delle fasce più giovani.

Il Neet infatti è un individuo che non lavora, non studia, non partecipa ad attività di formazione, neanche seminari, conferenze o corsi di lingua, Il prolungato allontanamento dal mercato del lavoro e lo “scoraggiamento” nella ricerca di un impiego ne fanno una categoria a rischio di esclusione sociale, perché ha difficoltà a entrare o rientrare nel mercato del lavoro.

Il Neet è diventato il simbolo di una generazione che si ritiene “senza speranza”, che vive alla giornata, spesso sulle spalle della famiglia di origine, e non riesce a realizzare piani per costruirsene una propria o comunque per la creazione di una vita autonoma.

In Italia i Neet sono ben oltre i due milioni, il 22% della popolazione tra i 15 e i 29 anni, con un picco che sfiora il 25% tra le donne e livelli molto più elevati al Sud. Sono individui per lo più con un titolo di studio medio basso, anche se, con la crisi degli ultimi anni, hanno fatto ingresso in questa categoria giovani con diploma di scuola superiore o laurea. La quota di Neet in Italia è nettamente superiore alla media europea che si ferma al 15%del totale, ed è più che doppia rispetto a paesi come la Germania.

Per l’economia europea l’inattività di questi giovani è diventata una sfida da affrontare perché segno di uno spreco di risorse: Eurofund stima che, se questi giovani riuscissero a entrare a fare parte del sistema produttivo il Pil europeo crescerebbe dell’1,2%, quello di casa nostra addirittura del 2%.

É per questo che i governi e Unione Europea elaborano provvedimenti per arginare il fenomeno. A livello europeo co sono diversi programmi, il governo inglese ha messo a punto un piano per incentivare le assunzioni con un bonus per chi riuscirà a farli studiare o lavorare. In Italia oltre agli sgravi fiscali alle imprese che assumono giovani al Sud, sono stati messi a punto  agevolazioni fiscali per i nuovi imprenditori, incentivi per gli operatori che investono in fondi di venture capital o per coloro che promuovono star up. I risultati di tutto ciò, però, non sono ancora visibili.