“Pensiamo alle persone buone, generose, miti che abbiamo incontrato – ha aggiunto Francesco – ricordando il loro modo di pensare e di agire, possiamo avere un piccolo riflesso di Dio-Amore. E che cosa vuol dire amare? Non solo volere bene e fare del bene, ma prima ancora, alla radice, accogliere gli altri, fare posto agli altri, dare spazio agli altri. Per capirlo meglio, pensiamo ai nomi delle Persone divine, che pronunciamo ogni volta che facciamo il segno della croce: in ciascun nome c’è la presenza dell’altro. Il Padre, ad esempio, non sarebbe tale senza il Figlio; così pure il Figlio non può essere pensato da solo, ma sempre come Figlio del Padre. E lo Spirito Santo, a sua volta, è Spirito del Padre e del Figlio. In breve, la Trinità ci insegna che non si può mai stare senza l’altro”.
Poi il pontefice ha concluso: “Non siamo isole, siamo al mondo per vivere a immagine di Dio: aperti, bisognosi degli altri e bisognosi di aiutare gli altri. E allora, poniamoci quest’ultima domanda: nella vita di tutti i giorni sono anch’io un riflesso della Trinità? Il segno di croce che faccio ogni giorno rimane un gesto fine a sé stesso o ispira il mio modo di parlare, di incontrare, di rispondere, di giudicare, di perdonare?”.
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