Ponte Morandi, tre anni fa la tragedia: come é cambiata la vita in quella zona

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Ponte Morandi Genova

Il 14 agosto 2018 il crollo del viadotto che provocò 43 vittime. Oggi c’é il nuovo “Ponte San Giorgio” ma dentro di noi nulla é come prima

GENOVA – Oggi, 14 agosto 2021, ricorre il terzo anniversario della tragedia del Ponte Morandi. Erano, infatti, le ore 11.36 del 14 agosto 2018, quando, durante un violento nubifragio, una porzione di circa 200 metri del viadotto della A10 che per trentun anni aveva funzionato da nodo strategico per la circolazione e l’economia di Genova, crollò all’improvviso, trascinando con sé decine di auto di chi in quel momento, vuoi per lavoro vuoi per recarsi in vacanza, stava transitando in quel tratto. Sembrava impossibile. Invece era tutto vero. E in un attimo quella che avrebbe dovuto essere una gioiosa vigilia di Ferragosto si trasformò in una della pagine più nere della nostra storia. Il bilancio fu di 43 morti e 566 sfollati residenti nei palazzi sottostanti al viadotto, che vennero evacuati.

A poche ore di distanza dal disastro venneaperta un’inchiesta a carico di ignoti. Le ipotesi di reato furono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e attentato alla sicurezza dei trasporti. Nel 2020, a seguito di ulteriori indagini, si ipotizzò anche il reato di crollo di costruzioni o altri disastri dolosi.

Oggi nella zona si erge il nuovo “Ponte San Giorgio”, alto 1067 metri. Costruito con una struttura mista acciaio-calcestruzzo con 18 pile in cemento armato e 19 campate: quattordici da 50 metri, tre da 100 metri, una da 40,9 metri e una da 26,27 metri. Per realizzarlo sono stati fatti scavi per un volume complessivo pari a 80.000 metri cubi,  mentre sono 9.000 le tonnellate di acciaio utilizzate per l’armatura della struttura e 17.000 quelle che sono servite per la carpenteria metallica. Nell’area sottostante al ponte è nata la “Radura della memoria“, nella quale sono stati piantati 43 alberi, in ricordo delle vittime. E la vita, in quella zona, ha apparentemente ripreso il suo corso.

Apparentemente. Perché come ha voluto ricordare l’archistar Renzo Piano, che il nuovo ponte lo ha pensato, progettato e donato, in occasione della sua inaugurazione “È un ponte figlio di una tragedia, di un lutto. E le tragedie e i lutti non si dimenticano; si elaborano, si metabolizzano, ma restano imprigionati nelle nostre coscienze”.