“Tra speranza e angoscia”, il libro di poesie di Giovanni Tavčar

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tra speranza e angosciaSPESSO

Spesso nella vita
giungono improvvisi
dei momenti
nei quali niente
è più chiaro,
nei quali tutto si confonde:
voce, pensieri, volere.

Momenti squassanti
che sembrano artiglianti
presagi
di un fuoco corrodente
dal quale
non esiste visibile
via di fuga.

Iniziare da questa poesia incipitaria significa andare da subito a fondo in questa riflessione di ricerca spirituale, su argomenti umani e trascendentali che prendono l’animo e non lo mollano. Esistiamo? Fino a che punto il nostro essere sarà padrone di sé? Dopo la morte che speranza c’è di rivedere la vita? Di tornare a gioire delle esaltanti visioni che ci contornano? O: «…Momenti squassanti / che sembrano artiglianti / presagi / di un fuoco corrodente / dal quale / non esiste visibile / via di fuga» Riflessioni che riguardano ciascuno di noi e che alimentano quel malum vitae che si fa compagno del nostro esistere. L’autore in questi versi si avventura in questioni che non hanno soluzione, a meno che non siamo fortificati da una grande fede che ci permetta di vedere il futuro in modo positivo. D’altronde l’uomo, essere dotato di ragione, si tormenta e si inquieta in questo ontologico affanno di ricerca del vero. Ma non c’è soluzione razionale alle domande. Resteranno insolute, e il viaggio si farà interrotto in questo assillo che ci tormenta.

Un viaggio pieno di trabucchi e di scogli contro cui ci si imbatte lasciando infranta la nostra imbarcazione. Ma nonostante ciò il poeta non si arrende, continua a porsi domande senza soluzione, lasciando l’animo turbato dalla impossibilità di raggiungere la meta. Con ciò non si arrende e durante l’epigrammatica vicenda del suo viaggio, riprende l’imbarcazione e continua ad andare in un mare turbolento che si increspa togliendoci la speranza di un porto sicuro. Questo è il destino degli uomini: vivere nella incertezza di un futuro che non dà scampo. Siamo tutti con il poeta in questa affannosa peregrinazione verso un arrivo per niente sicuro, col rischio di restare soli nel buio di una stanza:

SOLO

Sono solo stasera
nel buio
della mia stanza,
con tutte
le mie ragioni
e con tutti
i miei innumerevoli
torti.

Sono solo stasera
a parlare
nel buio
della mia vuota
stanza.

Con i vivi
o con i morti?

È estremamente umano il pensiero del Nostro, che si fa di tutti in questo viaggio in un mare lontano e smisurato dove non è difficile perdere le forze. Ma l’autore continua imperterrito il suo cammino con una metodo di analisi psicologica. Sarebbe ora afferma il poeta che uno spiraglio di luce mi trafiggesse e mi facesse vedere più in là del mio naso:

SAREBBE ORA

Non mettetevi anche voi
a rendermi difficili
le mie giornate.

Ne ho già fino sopra la testa
di pensieri,
di mestizie, di dolori,
di inappagati desideri,
di giochi sleali,
di palesi contraddizioni,
di inutili tremori,
di spasmi appuntiti e laceranti,
di purulenti ferite.

Sarebbe ora
che anche per me spuntasse
qualche raggio di sole,
qualche serena bonaccia,
qualche valida carta
da poter giocare
con appagante successo.

Ma io credo che le sue speranze debbano rassegnarsi di fronte a questo mare d’infinito e di buio, e che la sua valida analisi umana non abbia risultati sperati.

DOLORI

I dolori,
questi angoli d’ombra
che ci percuotono,
ci penetrano, ci trapanano,
ci confondono,
ci assediano, ci vuotano,
ci trasportano
in circuiti tortuosi
e ostili.
……

Cosa resta?

……
Anticipi
di aspre solitudini,
di cieli in declino,
di baratri insondabili.

Eventi implacabili,
che spalancano precipizi
di caos alienanti,
e sommergono
gli sporadici balenii
di luce.

Semplici balenii di luce è quello che resta di un viaggio che non lascia scampo, dove il buio del mare si fa sempre più fitto nonostante il nostro impegno di remare con grande forza emotiva e meditativa. Una silloge plurale, varia, articolata, introspettiva dove il coraggio di un uomo intento a intravedere un po’ di luce si infrange su scogli lasciando a galleggiare povere speranze su un mare che non tiene di conto di u uomo solo e sofferente, amaramente deluso di risposte senza sbocco. D’altronde questa è la vita, e il suo mistero: le latebre che la circondano sono immense come immenso è il cielo che ci sovrasta:

CIELO

Dove sta il cielo?

Fuori
o dentro di me?

Sopra il mio capo
o nel mio
vivere quotidiano?

È vuoto
o pieno di bagliori
di stelle?

È buio
o pieno di luce intensa
e fosforescente?

È triste e smorto
o colmo
di incalzanti sorrisi?

Importante
è abbandonarsi al mistero
che la vita
ogni giorno ci offre.

Versatile ed eclettico lo stile dell’autore si esprime in una versificazione ora ampia ora ristretta, ora ipertrofica ora ipotrofica per concretizzare un animo in cerca di se stesso, della sua sentita e profonda ricerca esistenziale, dove spesso i contenuti danno l’idea di una riflessione non lontana da un pessimismo cocente che non trova via d’uscita da una meditazione che richiede fede e speranza.
Nazario Pardini

Giovanni Tavčar, Tra speranza e angoscia, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 84, isbn 978-88-31497-85-5, mianoposta@gmail.com.

Recensione di Nazario Pardini al libro di poesie “Tra speranza e angoscia” di Giovanni Tavčar