“C’è ancora speranza”, il libro di Angela Ragozzino

c'è ancora speranza libroAntonietta Natalizio raccoglie antologicamente nel volume L’anima della speranza, pubblicato lo scorso maggio dall’Editore Guido Miano e prefato con la consueta intelligenza analitica da Enzo Concardi, poesie già apparse in precedenti sillogi, Officina poetica (2019), I colori delle emozioni (2022) e Grappoli di perle (2023), che in seguito designerò con i numeri romani.

Ritengo che anche al lettore frettoloso non sfugga il vivo interesse che l’autrice dimostra per l’universo naturale, così vario e stimolante, sovente còlto e sapientemente descritto nella sua intensa e coinvolgente vitalità: “Il bosco, dopo il gelido inverno,/ si riapre alla vita./ Il cuore si rallegra,/ e con stupore osserva in silenzio/ le meraviglie del creato./ Il sole, alla prima luce dell’alba,/ attraversa, con i suoi stessi raggi,/ la fitta chioma di alberi e cespugli,/ facendo così svanire/ il leggero manto di neve rimasta (…) Il sole arrossisce,/ e con entusiasmo e leggerezza/ accarezza tutto quel che sfiora” (Il risveglio del bosco, I); “Cielo e mare/ sembrano fare a gara/ a chi è più blu!/ Le stelle come lucciole/ sfavillanti… in silenzio/ reclamano/ la morte di una stella,/ che brilla più di prima” (Lucciole sfavillanti, II); “Tra i giovani oleandri affiorano/ i misteri e le bellezze della vita…/ Spumeggianti ricordi/ fioriscono./ Sparsi papaveri rossi/ s’affacciano fra le dorate spighe…/ si abbracciano con il blu del fiordaliso” (Papaveri rossi, III).

I corsivi nell’ultima citazione non sono nel testo e sono rivolti a segnalare nella poetessa una spiccata vocazione visiva, evidenziante gli aspetti cromatici della realtà della natura; la precisione rappresentativa si anima altresì di felici note acustiche (“Gocce sovrapposte,/ cristalli danzanti… una melodia di suoni./ Tic, toc, goccia,/ toc, toc,/ tic. Come strumenti si accordano” (Gocce d’acqua, I) e olfattive: “Zagara profumata,/ con l’ardire della celata notte…/ riempie il cuore di torpore e di stupore! (…) Mille pensieri assopiti/ si tuffano in un mare/ di fragranza” (Zagara, II).

Lo spettacolo della natura diventa occasione di “stupita” contemplazione, ma presto l’interagire della dimensione temporale implica situazioni cariche di spessore “storico” e quindi di complessità problematica: è il tratto specifico determinato dalla presenza dell’uomo, rilevata dall’enjambement in tutta la sua portata intellettuale-morale: “Suggestivo velo/ di nuvole basse,/ nascondono l’ombra/ del vento che scruta…/ l’indifferenza di allora./ Memoria di oggi!/ Perfetto cliché dell’animo/ umano in burrasca” (Nuvole basse, II). Il quadro naturale diviene pertanto obiettivazione metaforica dell’intima tensione che agita e tormenta lo spirito degli uomini, combattuto da sollecitazioni contrastanti, da acute contraddizioni, che tendono a formalizzarsi in antitesi palesi: “Il buio della mente, come nella nebbia,/ non trova luce perché avvolto dal candore/ del gelido inverno della vita./ Mentre la notte rincorre il nuovo giorno,/ la nebbia ti avvolge nel suo mistero,/ e non ti lascia andare dove destinato sei” (La nebbia, I, corsivi sono miei, come in seguito), laddove il gioco insistito delle rime ne amplifica la forza lacerante: “Una lunga ombra di lancinanti fiamme/ dà l’allarme… a custodire il seme/ delle future palme…/ perché non diventino salme./ E dare pace alle tante anime,/ con un urlo acuto e unanime…/ ai tanti cuori in lacrime” (Aberrazioni della vita, II).

In tale dinamica antitetica è la radice del male (“Un male acuto e stridente,/ prodotto volontariamente/ solo dalla mente./ Con gesto diretto/ solitario e disperato,/ tra le note di angoscia/ è germogliato…/ silenzioso e con passo felino/ agguanta la vita (…) L’angoscia è un torrente impetuoso,/ improvviso e colmo di pianto”, Il male di esistere, II), conseguenza della libertà, che il Creatore ha concesso alla nostra specie.

Nel tempo ciò ha dato origine a grandi tragedie, pure collettive, quali nel secolo scorso il crimine orrendo della Shoah: “Tutto è avvenuto in silenzio,/ con ampio spazio d’anticipo…/ tutti sapevano e nessuno parlava,/ mentre troppi piangevano/ nella totale indifferenza di chi dirigeva il potere (…) Ed eccoli rapiti,/ uomini, donne, bambini (…) con vagoni ben sbarrati,/ senza aria, ed il respiro in agonia,/ e soffocati dal terrore./ Vagoni bestiali, e come bestie ammassati,/ su di un pagliericcio fetido e lercio./ Bastonati, sputati, picchiati, avvelenati/ e poi bruciati./ Mentre le anime si disperdevano/ in un fumo nero a lutto” (I violini parlano).

Nondimeno la scrittrice si apre alla luminosità vitalistica di un’intuizione positiva, riconciliante e purificatrice (“Ovvietà e spontaneità/ si dispiegano davanti/ ai nostri occhi…/ confluiscono in un unico/ raggio di sole./ La bellezza veste il mondo!/ È un inno alla vita” (Raggio di sole, II); e così “l’invisibile diventa presenza”, come si legge in un verso davvero bello, compreso nella parte finale di un componimento in precedenza menzionato, Papaveri rossi, e prende forma concreta la speranza: “Il peso della materia è ben inteso…/ diventa pura vanità./ La speranza illumina la via/ anche nell’oscurità” (Il reale, III). Di questa armonia fisica e morale è infine condizione e garanzia il soffio ben percepibile dello Spirito divino: “Qualsiasi pensiero…/ ogni abbraccio/ raffigura la sua unicità./ Ogni silenzio…/ simboleggia l’elogio./ È un canto Altissimo!/ Istanti di felicità/ di eternità/ si respirano nell’anima./ L’esperienza diventa grazia./ Un dono prezioso,/ gratuito risorge”(La Grazia, III).

A cura di Floriano Romboli

SCHEDA DEL LIBRO

Antonietta Natalizio, L’anima della speranza. Antologia poetica, prefazione di E. Concardi, Guido Miano Editore, Milano, 2025