La stesura risale agli anni Novanta dell’Ottocento, a un Gabriele d’Annunzio molto giovane, ventenne, e diverso da come lo immaginiamo comunemente. È un poemetto di rime baciate intrecciate di 761 versi dal quale traspare un poeta che non è eroico e guerriero, ma leggero, divertente, divertito, popolare e conviviale. Per la prima volta in una sua opera si legge l’espressione “Eja, alalà”, utilizzata come un grido d’amore, di gioia, che poi il fascismo farà propria e cambierà di significato ma, negli anni in cui venne redatto il poemetto, non aveva ancora nulla a che fare con le oscure trame del regime di Benito Mussolini.
Il manoscritto del componimento comparve sul mercato in un catalogo d’asta di Bloomsbury nel 2009, dove venne acquistato e depositato negli Archivi del Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera (Brescia) e pubblicato soltanto sulla rivista interna della Fondazione. Oggi è edito da De Piante grazie a una concessione del presidente della Fondazione del Vittoriale degli Italiani, Giordano Bruno Guerri.
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