Gabriele Patriarca, l’essenziale sussurrato oltre l’energia del colore

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1960

Nel corso della storia dell’arte moderna, quella che ha definito le linee guida di tutti i percorsi successivi e che ancora oggi costituiscono il punto di partenza degli stili e delle evoluzioni che contraddistinguono gli artisti contemporanei, vi sono stati maestri che hanno saputo affermarsi con maggior forza e incisività, e altri che, un po’ per carattere un po’ per ideologia, sono rimasti più in ombra pur avendo un indiscutibile talento creativo ed espressivo. Il protagonista di oggi, che nel corso della carriera ha esposto le sue opere insieme ai massimi nomi dell’arte della metà del Novecento, presenta un timbro pittorico forte, intenso, coinvolgente pur avendo scelto di produrre e di essere, prima che di apparire.

Gabriele Patriarca (1916-1988), artista romano nato alla fine del primo decennio del Novecento, è cresciuto artisticamente all’interno di quella rivoluzione epocale che ha segnato il distacco dalle regole e dagli schemi classici per entrare in una modernità espressiva impossibile da frenare e da arginare. Gli esordi sono decisamente figurativi, seppure più vicini a uno stile a metà tra Fauves ed Espressionismo che non a quello più tradizionale di fine Ottocento, perché Patriarca non poté fare a meno di associarsi alle avanguardie del tempo ed esplorare percorsi nuovi, inediti, a volte incompresi ma comunque destinati a lasciare un segno. I soggetti delle sue opere, quelle fino alla fine degli anni Sessanta, appaiono stilizzati, minimalisti nel tratto al punto di non aver bisogno di raccontarne i dettagli, i volti sembrano anonimi, privi di naso, occhi e bocca perché era già presente nell’artista quella tendenza ad andare oltre, a lasciar emergere la capacità comunicativa dell’essenza, di una posa, di un attimo sospeso che non necessita di scendere nel particolare per lasciare la sua forte impronta. I visi e i corpi allungati delle sue donne non possono non chiamare alla memoria quelle di Amedeo Modigliani, di cui probabilmente Patriarca subisce il fascino e da cui trae ispirazione per sviluppare il proprio percorso pittorico anche se le tonalità sono decisamente più delicate, più luminose, probabilmente più vicine al tratto e alla luce soffusa delle tele di Renoir.

composizione 3
1 Composizione n. 3

Così come ben definiti e decisi sono i contorni dentro i quali il colore, piatto e poco sfumato, si innesca dando vita a immagini incredibilmente rarefatte pur imprimendo loro una tangente presenza nell’attimo. La profondità è inesistente, secondo le regole dell’Espressionismo, e l’emozione che si irradia per l’interezza delle tele sembra evocare un tuffo indietro al momento immortalato, come se costituisse un flashback di memoria da cui non può fuoriuscire il dettaglio diversamente dall’impatto emotivo che invece permane nel tempo e diviene protagonista del ricordo.

lezione di danza
2 Lezione di danza
conversazione
3 Conversazione

Le opere Lezione di danza e Conversazione, appartengono a questo decennio artistico di Patriarca, quello in cui sentiva ancora la necessità di raccontare, seppure con delicatezza e discrezione, momenti di vita vissuta, oppure solo visti di sfuggita, in cui non poteva, e non riusciva, irrompere per darne un dettaglio ben definito sebbene non potesse fare a meno di seguire quell’istinto irresistibile a ricrearne l’atmosfera. A partire dalla fine degli anni Sessanta entra in contatto, ed espone alla Biennale e alla Quadriennale di Roma, con artisti del calibro di Attardi, Burri, Turcato, Dorazio, Morlotti, De Chirico, oltre ad aver lasciato un’importante eredità creativa e aver introdotto nell’ambiente artistico il nipote prediletto Paolo Salvati, e comincia a maturare uno spostamento del suo stile verso un Astrattismo che però mai dimentica l’impronta figurativa, quel sottinteso di vita, quella delicata immagine che non riesce completamente ad abbandonare se non in qualche tela nella quale l’impulso astrattista ha prevalso.

composizione con figure blu, grigio, nero e rosso
4 Composizione con figure blu, grigio, nero e rosso
composizione rosso nero bianco
5 Composizione in rosso, nero e bianco

Artista misurato ed equilibrato nella vita, così come di conseguenza nell’arte, Gabriele Patriarca decide di imprimere nelle sue Composizioni – questo il modo in cui denomina la produzione che può assolutamente essere inquadrata in quell’Espressionismo Astratto che si distaccò dalla parte più razionale e schematica dell’Astrattismo – un impeto che prende forma attraverso i colori pieni, primari energetici come l’azzurro, l’arancio, il rosso, il bianco e il nero, quasi come a voler sottolineare quanto vi sia di primordiale in una realtà molto e a volte troppo spesso mitigata e affievolita dalla ragione, da un controllo moderato grazie al quale si conquista un equilibrio a discapito però dell’intensità delle percezioni.

composizione verde
6 Composizione in verde

I segni, gli elementi quasi geometrici ma mai regolari che Patriarca inserisce nelle Composizioni, sembrano costituire gli ostacoli della vita senza i quali, però, l’esistenza perde di consistenza, di completezza perché è solo in virtù di quegli stessi ostacoli che l’uomo ha l’opportunità di evolvere, di scoprire le sue luci e le sue ombre e prendere coscienza di un sé che solo dopo riesce a vivere nell’intensità dei toni forti e vividi senza il timore di soccombervi.

astrazione 1
7 Astrazione n. 1

Forse in qualche modo l’artista ha sentito il bisogno di descrivere, immortalandolo, il proprio percorso, quell’equilibrio tra razionalità e istinto, tra la figura responsabile di marito e padre che non poteva dedicarsi solo all’arte, e l’impulso creativo, quell’indole che gli è rimasta accanto per tutta la vita e a cui non ha mai potuto rinunciare. Gabriele Patriarca, scomparso nel 1988, ha compiuto un percorso artistico notevole nell’ambiente capitolino, ha partecipato a molte mostre personali e collettive a Roma e su tutto il territorio nazionale lasciando un profondo segno nell’arte del Novecento; le sue opere fanno parte di collezioni di Enti pubblici e privati di grande rilievo, dal Museo Comunale di Noto (AQ) all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale di Roma, dalla Banca di Roma al Monte dei Paschi di Siena, dal Museo Civico di Alatri all’Ente del Turismo di Spoleto, oltre a essere presenti in collezioni private in Italia e all’estero. Il suo nome è inserito in tutti i maggiori cataloghi dedicati all’Arte Moderna tra cui, il più importante, L’Enciclopedia Universale dell’Arte Moderna.