In occasione della Giornata Mondiale della Pasta (25 ottobre) Omio, piattaforma di viaggio multimodale leader in Europa per confrontare e prenotare treni, autobus, voli e traghetti, ha selezionato i tipi di pasta meno conosciute d’Italia da scoprire con un tour in treno. Dai testaroli alle mafalde, dai bigoli alle lumachelle, il miglior modo per conoscerli è andare sul luogo e ordinarne un piatto.
Cjarsons – Friuli Venezia Giulia
I cjarsons, o cjalzons, sono tipici della regione della Carnia ma si possono gustare in tutta la regione. Simili come forma ai ravioli, sono una pasta fresca a base di farina di grano tenero e acqua, e un ripieno caratterizzato da un contrasto di sapori dolci e salati. Appartenenti alla tradizione povera, un tempo venivano farciti con ciò che si aveva a disposizione in casa, come spezie o erbette, ma anche con ingredienti dolci come cacao o marmellata. Un’antica leggenda racconta che un folletto molto goloso, fu sorpreso dalla padrona di casa a rubare la panna che affiorava dal latte appena munto. Il folletto decise, per farsi perdonare, di insegnarle la ricetta dei cjarsòns.
Agnolotti del plin – Piemonte
Sono un tipo di pasta ripiena particolarmente diffuso in Piemonte, in particolare nella provincia di Asti e Alessandria, nella zona del Monferrato. Se vi recate in Piemonte non chiamateli ravioli! Per la loro forma e le loro dimensioni, a un occhio esperto questa pasta si distingue infatti molto bene. Viene solitamente preparata con un ripieno a base di carne e viene servita con condimenti come di sugo d’arrosto, burro e salvia oppure al pomodoro. Molti preferiscono consumare gli agnolotti in brodo.
Testaroli – Liguria
Se si pensa alla pasta ligure per eccellenza senza dubbio vengono in mente le trofie o le trenette accompagnate da un buon pesto alla genovese. Forse non tutti sanno che esiste un’altra ricetta, antichissima, tutta da scoprire: i testaroli. Apparentemente semplice, tipica della tradizione povera contadina della Lunigiana, questa pasta non solo era presente già nell’antica Roma, cotta a legna con un metodo affascinante, ma oggi è anche Presidio Slow Food. Il loro nome deriva dal “testo”, una teglia che si usa sulla brace: appoggiato su una griglia, viene usato per cuocere a fuoco vivo un impasto liquido di farina, sale e acqua. Come per una crêpe, si aspetta che la pentola sia calda e si versa la pastella, si lascia rapprendere leggermente e poi si fa cuocere con il coperchio. Alla fine, il disco ottenuto ha un aspetto leggermente spugnoso, che viene lasciato asciugare e poi tagliato grossolanamente.
Bigoli – Veneto
Pasta lunga tipica del Veneto dove sono detti in dialetto “bigoi”. Sono molto simili agli spaghetti ma più grossi e ruvidi. Nella ricetta originale venivano realizzati tramite l’uso di macchinari a torchio e originariamente consistevano in un mix di grano duro e grano tenero, acqua e sale. Esistono diverse ricette e preparazioni determinate dai tipi di farina e dal condimento: si passa dai bigoli all’anatra, al ragù di carne, alla salsa di acciughe fino alla variante fatta con la farina saracena.
Gramigna – Emilia Romagna
Tipica delle zone di Modena e Bologna, la gramigna assomiglia a un bucatino corto arricciato ed è spesso soprannominata anche “paglia e fieno” per via dei suoi due colori: il giallo della semola di grando duro e il verde dell’impasto che contiene anche gli spinaci. La troverete spesso nella variante con il ragù di salsiccia, deliziosi!
Mafalde – Campania
In Campania, i formati tipici sono tantissimi, difficile fare una scelta. Tra questi spiccano le mafalde, meno noti rispetto ad altre tipologie. Chiamate anche Reginelle, sono molto riconoscibili grazie al loro aspetto “merlettato” e devono il loro nome a Mafalda di Savoia, per la cui nascita, nel 1902, vennero create la prima volta. A Napoli era considerato “o’ piatto d’e feste” e ancora oggi viene preparato in occasioni speciali.
Lumachelle – Marche
Originarie delle Marche, le lumachelle, dette anche passatelli in altre zone, sono cilindretti composti da un impasto ricco a base di parmigiano, pangrattato, uova, farina e noce moscata. Vengono mangiati solitamente in brodo di cappone o arricchiti nell’impasto con le spinaci. L’origine di questa pasta va indietro nella storia fino al Rinascimento, quando pare fosse particolarmente apprezzato dalle famiglie nobili di Urbino dell’epoca.
Strangozzi – Umbria
In Umbria si possono assaggiare gli strangozzi, una pasta fresca all’uovo legata alla tradizione povera. Ancora oggi, tradizione vuole che la sfoglia si stenda a mano in modo vigoroso fino a uno spessore di 2 millimetri per poi tagliarla in strisce lunghe 30 cm. La particolare consistenza porosa di questa specialità consente di trattenere molto bene qualsiasi tipo di condimento di carne o vegetariano.
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