Johnson è atteso dai rinnovati attacchi del leader dell’opposizione laburista, Keir Starmer, sia sulla politica economica dell’esecutivo di fronte a una crisi nazionale e globale aggravata dai contraccolpi della guerra in Ucraina, sia sulle “bugie” che gli vengono imputate a proposito del Partygate sullo sfondo di richieste di dimissioni che egli rigetta, ma a cui la lacerazione interna al Partito Conservatore ha ridato fiato. Mentre sul fronte della maggioranza crescono le pressioni sulla promessa di un’inversione di tendenza sulla tasse – dopo gli incrementi legati all’impennata della spesa pubblica in tempo di pandemia – rilanciata ieri dal premier.
Promessa la cui attuazione una fonte di Downing Street si è già affrettata a rinviare a tempi medio-lunghi, dopo il superamento di alcune emergenze “prioritarie”; ma che molti deputati Tory – dissidenti e non – invocano con impazienza come un cruciale riavvicinamento alla tradizione thatcheriana. E che anche ministri di primo piano della compagine di BoJo – dal titolare dell’Industria, Kwasi Kwarteng, a quella del Commercio, Penny Mordaunt – suggeriscono attraverso i media debba diventare realtà “al più presto possibile”.
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