I paesaggi sospesi tra Espressionismo e Metafisica delle opere di Sergio Acerbi

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sergio acerbi

L’uomo contemporaneo si trova molto spesso a muoversi all’interno di una realtà accelerata, fatta di tecnologia, di asfalto, di palazzi, così coinvolgente nella sua dinamicità da indurlo a dimenticare di osservare la natura e i suoi misteri, i suoi messaggi nascosti che invece possono trasformarsi in una via inedita per affrontare la quotidianità. Questo ritmo lento e meditativo è il tratto distintivo del protagonista di oggi che usa gli elementi naturali come mezzi per approfondire la ricerca sul senso delle cose.

Fin dalla sua nascita, nei primi decenni del Novecento, il Surrealismo sembrò scindersi in due sottocorrenti, quella più legata agli incubi, alle forti inquietudini generate dal crollo delle certezze e dalla consapevolezza dell’esiguità dell’essere umano seguite alla Prima Guerra Mondiale collegandosi così a tutto quello studio sull’inconscio fulcro delle teorie elaborate del neurologo e psicanalista Sigmund Freud, e un’altra invece più equilibrata, più riflessiva e orientata a esplorare la realtà non visibile, quella che spesso tende a nascondersi dietro un’apparenza che di fatto crolla non appena si scosta quel velo che si tende a mantenere. Da un lato gli scenari apocalittici di Max Ernst e il mondo irreale e inquietante, fatto di figure liquide e di stravolgimento delle forme di Salvador Dalì mentre dall’altro le esplorazioni su mondi immaginari chimerici e lunari di Yves Tangui e le ricerche sull’inconsistenza dell’uomo, sulla sua fuggevole essenza e sull’inafferabile senso della vita di René Magritte; in ogni caso il Surrealismo così come la Metafisica portarono l’attenzione su una necessità introspettiva, su un nuovo modo di intendere l’arte più centrato sull’individuo, sulla sua interiorità, sul bisogno di manifestare e raccontare un mondo diverso da quello puramente estetico e piacevole della pittura precedente. Un percorso simile fu effettuato dagli artisti aderenti all’Espressionismo per cui però l’atto creativo era più legato all’impulso, all’impellenza di narrare, a volte persino in maniera irruenta, quelle emozioni, quelle angosce, quelle inquietudini che appartenevano indissolubilmente ai primi decenni del Ventesimo secolo e che scossero letteralmente non solo le vite delle persone comuni bensì anche tutto il panorama creativo e culturale che da quel momento in avanti trovò nuovi linguaggi, nuovi canali comunicativi, inediti approcci pittorici. L’artista piemontese Sergio Acerbi fonde nel suo personale stile pittorico queste due importanti correnti, Espressionismo e Metafisica, ma al tempo stesso le reinterpreta secondo il suo sentire, o forse sarebbe meglio dire secondo la sua inclinazione naturale che lo conduce verso l’equilibrio, verso un interrogarsi pacato e al tempo stesso curioso nei confronti di tutto ciò che lo circonda.

policromia sergio acerbi
1 Policromia

Non c’è niente di aggressivo nel suo modo di esprimere le sensazioni eppure l’osservatore viene condotto immediatamente all’interno delle sensazioni di Acerbi, quel benessere percepito non appena il suo sguardo vaga sulla natura circostante, quella rigenerazione emotiva necessaria per staccarsi dalla realtà contingente troppo veloce e a volte fagocitante, espressi attraverso tonalità tenui, delicate, soffici, come se quei paesaggi fossero un rifugio, fisico tanto quanto emotivo, un luogo non luogo dove lasciarsi andare senza dover rincorrere il tempo.

la spada di damocle sergio acerbi
2 La spada di Damocle

A uno sguardo più approfondito tuttavia, quella levità lascia il posto al concetto, che si insinua sottilmente e lentamente, a quel simbolismo Metafisico che sposta lo sguardo oltre l’immagine avvicinandolo all’idea, al senso che si nasconde dietro le nubi, i cieli, i tronchi e va ad esplorarne le energie, i significati più intensi, quelli che indissolubilmente legano l’uomo alla natura e la natura all’uomo in una danza sinergica tra istinto e naturalezza da un lato e ragione ed emozione dall’altro. La spiritualità, i sentimenti, i massi, così come il cielo, la terra e le piante, appartengono a quel mistero infinito che è la vita, sembra suggerire Sergio Acerbi, quell’interazione interminabile di accordi poetici ma anche talvolta dissonanti che vanno a indagare sull’imperfezione all’interno di un’apparenza perfetta, vanno a scoprire l’elemento di rottura in un’armonia completa perché forse è proprio in quella discordanza che si celano le essenze più vere.

contrasto bipolare sergio acerbi
3 Contrasto bipolare

La tela Contrasto bipolare è fortemente rappresentativa del necessario equilibrio tra gli elementi della natura, laddove il tronco, identificabile con l’essere umano, non può che piegarsi all’ineluttabilità degli eventi a cui è esposto, e al tempo stesso il terreno, la roccia su cui poggia le sue radici, ha bisogno del tronco per mantenere la vita sulla sua arida superficie. Tuttavia la forza del tronco-uomo sta proprio in quella sua resilienza, in quella capacità di modificarsi e adattare la propria forma alle circostanze pur di rimanere in piedi e di trovare il modo di continuare nella sua crescita.

massi e cielo sergio acerbi
4 Massi e cielo

L’opera Massi e cielo, rappresenta invece la necessità di un punto fermo, quello che spesso nella vita si ricerca senza riuscire realmente a trovarlo, quella radice in grado essere un polo di equilibrio tra la volatilità del cielo e la friabilità della terra che può crollare da un momento all’altro; il masso rappresenta le sicurezze inseguite, la stabilità che spesso resta una meta difficile da raggiungere, ma anche la fermezza necessaria per continuare a mantenere il legame con i propri princìpi, con le proprie idee, quelle basi irrinunciabili su cui fondare l’esistenza.

piante innamorate sergio acerbi
5 Piante innamorate

Nelle due opere Piante innamorate è più evidente il simbolismo, la vicinanza tra il pensiero e il concetto umano e la corrispondenza nel mondo naturale, come se l’artista volesse evidenziare quanto le energie più sottili vadano oltre ed entrino in connessione a un livello più alto, quello in cui ogni forma vivente si accorda all’armonia e all’immediatezza di un sentire lieve, poetico, delicato; i sentimenti che attribuiti alle piante protagoniste sono umani eppure interpretabili anche dall’aspetto di quei tronchi e di quelle chiome vicine e in fiore che collegano emozioni terrene e legate all’uomo all’aspetto che la natura assume quando ne viene coinvolta.

vento rosso sergio acerbi
6 Vento rosso

Il tratto espressionista emerge sia per la scelta della gamma cromatica, spesso innaturale rispetto a quella osservabile nella realtà, sia per l’assenza della prospettiva e del senso dei volumi, sebbene la profondità venga mantenuta da Acerbi per imprimere nelle sue tele quell’anelito verso l’infinito, verso la grandezza e l’illimitatezza degli elementi naturali che solo in alcuni casi, nelle sue opere, accolgono la presenza umana, come se l’osservatore dovesse costituire quella presenza, quell’elemento mancante per completare il senso della tela.

l'incontro sergio acerbi
7 L’incontro

Sergio Acerbi si è formato presso la Scuola Superiore d’Arte del Castello Sforzesco di Milano approfondendo la tecnica fino a dar vita al suo personale stile, frequentando gli studi di artisti affermati dell’epoca. Espone dal 1983 e nel corso della sua lunga carriera ha partecipato a numerose collettive e personali, tra cui Masters of Brera a Shanghai nel 2008, e ha al suo attivo diverse mostre personali a Milano Brera.

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