Per trovare un tasso simile bisogna andare indietro nel tempo alla fine del 2014. L’ABI, Associazione Bancaria Italiana, segnala comunque che nonostante il deciso rialzo dei tassi stabilito dalla BCE, i tassi sui prestiti continuano a rimanere bassi non avendo incorporato gli aumenti dello 0,75% di settembre. Sempre secondo l’ABI, la maggior parte degli italiani non risentirà dell’aumento del tasso dei mutui, avendo stipulato un mutuo a tasso fisso nell’80% dei mutui erogati negli ultimi 4-5 anni.
I tassi BCE incidono direttamente sulle rate dei mutui a tasso variabile quando questo è indicizzato ai tassi BCE stessi. Quindi al crescere di questi, aumenta il costo del mutuo e di conseguenza l’importo della rata sia per i mutui già in essere che per quelli nuovi. Per fare un esempio concreto, considerando un mutuo a tasso variabile della durata di 20 anni per complessivi 100mila euro da luglio 2022 a novembre 2022 la rata è cresciuta di quasi 100 euro, passando da 482 a 580 euro. Questo per l’aumento del tasso di rifinanziamento principali BCE, che era 0% a luglio e 2% a novembre e per l’aumento del tasso per il ricalcolo della rata (tasso BCE + spread), salito da 1,5% a 3,5%.
L’aumento dello 0,75% dei tassi di riferimento deciso dalla BCE è dovuto principalmente alla crescente inflazione che rimanendo probabilmente alta anche per il prossimo futuro, andrà a incidere sia sulle rate dei mutui a tasso fisso ovvero sull’indice Euris, che su quelle dei mutui a tasso variabile ovvero sull’indice Euribor. La previsione sostanziale per il 2023 ad un aumento dei tassi fissi del 3,5%-4% e dei tassi variabili del 2,5%-3%.
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