Il respiro della natura nelle tele di Diana Torje, tra Puntinismo e Grafismo per esprimerne vitalità e sovrapposizioni esistenziali

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waves of blue

Il rapporto con la bellezza dei paesaggi in cui ogni giorno l’uomo ha la possibilità di astrarsi dalla quotidianità cittadina ha esercitato sempre un grande fascino nel mondo dell’arte, soprattutto in quella categoria di creativi per cui la contemplazione degli spazi aperti intorno a sé, dei paesaggi di mari, colline, campagne, era ed è fondamentale per esprimere un’essenza sensibile e orientata a comprendere l’importanza del contatto con il mondo che ospita la vita. L’artista di cui vi racconterò oggi sceglie un approccio fortemente orientato a mettere in risalto la pura bellezza dei paesaggi su cui il suo sguardo si sofferma, utilizzando uno stile particolare legato a uno specifico periodo storico e, in alcune opere, oltrepassandolo per dar vita a un linguaggio più personale che si sviluppa di pari passo a una minore figurazione delle tele.

Le rivoluzionarie scoperte espressive dell’Impressionismo indussero gli artisti che seguirono a focalizzarsi sulle loro teorie della luce, dell’immediatezza esecutiva ma soprattutto sulla scomposizione del colore che non veniva più steso a strati e mescolato sulla tavolozza bensì posato puro sulla tela con piccoli e rapidi tocchi sfruttandone la capacità di influenzare quello attiguo per andarsi a fondere nella retina dell’osservatore. Laddove però maestri come Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir e Alfred Sisley infondevano luce nelle atmosfere rarefatte dei loro dipinti eseguiti rapidamente nell’arco di una giornata, per cogliere la veridicità dell’immagine osservata, il percorso di approfondimento successivo condusse verso un’estremizzazione del concetto di divisione dell’immagine che diede vita da un lato al Divisionismo italiano di Giovanni Segantini, per il quale le linee di colore vengono divise per infondere all’opera un aspetto fortemente reale, dall’altro nel Puntinismo di Georges Seurat e Paul Signac dove il risultato finale era statico, innaturale proprio perché la priorità di questi artisti era di studiare quasi scientificamente l’effetto finale della vicinanza tra colori applicati con una tecnica minuziosa che richiedeva tempo, e per questo veniva eseguita in studio, andando contro perciò uno dei principi fondanti dell’Impressionismo che era la pittura en plein air.

Eppure entrambi i rappresentanti del Puntinismo mantennero, come gli impressionisti, la tendenza a riprodurre vedute panoramiche della natura, momenti di svago all’aperto della nobiltà di fine Ottocento, la spensieratezza e la rilassatezza di un mondo ignaro dei cambiamenti che si sarebbero susseguiti di lì a qualche decennio. L’approccio pittorico di questo movimento era dunque uno studio, un’analisi quasi scientifica sul colore, sulla sua prossimità, sull’interazione e sull’interpretazione da parte dell’occhio umano di una realtà visibile con chiarezza solo allontanandosi dalla tela in cui tuttavia emergeva ancora il forte legame con la figurazione, con l’immagine riconoscibile dallo sguardo forse proprio perché altrimenti sarebbe stato più difficile indurre l’osservatore a trovare dei riferimenti. Il Puntinismo ebbe breve durata ma aprì le porte alle ricerche che seguirono, a tutte quelle correnti di scomposizione dell’immagine che condussero persino al distacco dal visibile per tendere verso un’astrazione inaspettata; il Futurismo, il Cubismo, l’Astrattismo stesso, ebbero origine proprio da quelle precedenti sperimentazioni in grado di far discutere, di creare resistenze, ma di dare in ogni caso quel tocco nuovo che il mondo veloce della fine del Diciannovesimo secolo cercava.

water garden
1 Water garden – acrilico su tela, 48x48cm

L’artista rumena Diana Torje, ormai da molti anni stabilitasi a Parigi dove il Puntinismo nacque, sceglie esattamente questa tecnica pittorica per dare origine a tele dove l’atteggiamento scientifico viene tralasciato per infondere ai soggetti scelti tutta l’emozione e la sofficità di un punto di vista femminile su una strada pittorica generata da personalità maschili; non solo, ciò che la distingue dai suoi predecessori è la profondità, la plasticità di quei paesaggi in cui la natura è assoluta protagonista, la presenza di una prospettiva che induce l’osservatore a sentirsi avvolto dalle colline, dalle vallate o dai tramonti descritti e al contempo di una rarefazione che sfiora le sensazioni suscitate dai panorami impressionisti. Ed è esattamente dal Puntinismo, stile pittorico particolare e unico, che Diana Torje ne elabora un altro tutto suo, che contraddistingue le tele più recenti, in cui mescola la base in colori acrilici, il disegno e infine una sorta di reticolo in rilievo che infonde al risultato finale la frammentazione e la costruzione delle sensazioni narrate; qui i soggetti sono più astratti rispetto alle opere puntiniste, le sensazioni evocate sono quelle del movimento del mare, degli oceani, dei fiumi, come se ogni tentativo di arrestare l’elemento acqua fosse impraticabile perché il suo scorrere costituisce l’essenza stessa della vita. Dunque la gamma cromatica è legata alle gradazioni del celeste e del verde, i rilievi appartenenti alla sua Pittura Grafica, così definita da lei stessa, infondono nello sguardo quella sensazione di costante e lento fluire che impedisce alle acque di essere arginabili nel loro perpetuo scorrere purificando l’animo così come la natura stessa.

white river
2 White river – acrilico su tela, 48x48cm
tropical sea
3 Tropical sea – acrilico su tela, 81x116cm

A questa seconda serie appartengono le opere White river e Tropical sea entrambe contraddistinte dal colore verde acqua alternato al bianco dei segni grafici che sembra enfatizzare la presenza della schiuma delle onde, più lente nel caso del mare e più impetuose al punto di essere predominanti nel caso invece del fiume; la sensazione che si offre allo sguardo è quella di un movimento perpetuo, come se l’immagine non fosse statica bensì, in virtù del rilievo, generasse quel costante scorrere che impedisce a chiunque, secondo la teoria di Eraclito, di potersi bagnare nella stessa acqua. Il verde chiaro si alterna così al bianco in una bicromia affascinante in cui Diana Torje si perde dentro la bellezza disarmante della natura, come se la sua poetica dominasse l’istinto creativo dell’artista creando un’interconnessione che fa da eco a quella del mondo che la circonda.

vibrant fall
4 Vibrant fall – acrilico su tela, 48x48cm

Nelle tele più puntiniste invece lo sguardo vaga sui paesaggi, dove l’indefinitezza enfatizza la luce e la gamma cromatica prevalente mentre il dettaglio si perde nell’alternanza dei colori che comunicano gli uni con gli altri per impressionare la retina dell’osservatore con la tonalità predominante. Il suo Puntinismo si avvicina pertanto alla rarefazione dell’Impressionismo, il tocco pittorico è morbido, la definizione è sfumata perché ciò che Diana Torje mette in evidenza è l’emozione, la sensazione ricevuta ogni volta in cui si immerge nella natura e ne respira la vitalità, la capacità di trasformazione, di rinascita costante stagione dopo stagione, giorno dopo giorno, e che non può non andare a colpire e impressionare la sua profonda sensibilità. Nel caso del Puntinismo l’artista mostra però due differenti anime, una più astrattista e una più figurativa dove vengono svelate, e sollecitate nell’osservatore, due tendenze differenti e distinte, quella meditativa che si perde nell’atmosfera generale e non si sofferma sul dettaglio, e quella invece più osservativa, che ha bisogno di trovare qualcosa di riconoscibile per lasciarsi andare alle sensazioni generate da ciò che lo sguardo coglie.

orange mist
5 Orange mist – acrilico su tela, 80x80cm

Orange mist appartiene alla prima interpretazione, qui sembra che Diana Torje stia raccontando le emozioni provate durante la contemplazione di un tramonto, o di un’alba, e se ne sia sentita avvolta, come se non riuscisse a dimenticare quella connessione profonda con la bellezza della natura. I puntini sono lievi impercettibili perché il risultato finale è fortemente sfumato, non esiste il dettaglio e la definitezza bensì tutto sembra ammorbidito dalla minuziosità esecutiva mescolata alla profondità espressiva.

emerald hills
6 Emerald hills – acrilico su tela, 48x48cm

Emerald hills invece è riconducibile al lato più descrittivo dell’artista, dunque i colori vanno a definire le colline verdi evocate dal titolo, i puntini sono più grandi e scolpiscono il dettaglio nonostante la sensazione generale sia in ogni caso di sofficità, si viene quasi sollecitati a entrare e nascondersi all’interno di quelle piante delicate che seguono i dolci rilievi dei dossi su cui sono cresciute. Avvicinandosi alla tela si perde l’effetto generale ma emergono le sfumature e il lavoro di accostamento delle varie tonalità, dal giallo al verde scuro al violetto delle piante, mentre invece allontanandosene viene evidenziato il punto di vista totale, che è quello da cui l’artista è stata affascinata e da cui è partita per ricrearlo sotto forma di dipinto.

red valley
7 Red valley – acrilico su tela, 80x80cm

Diana Torje risiede e lavora nella regione parigina ha seguito gli studi artistici presso l’Università di Belle Arti, ha ricevuto diversi premi e ha esposto le sue opere in mostre personali e collettive in tutta la Francia.

DIANA TORJE-CONTATTI

Email: diana_torje@yahoo.com

Sito web: www.dianatorje.com/

Facebook: www.facebook.com/dianatorjeart

Instagram: www.instagram.com/diana_torje_art/

The breath of nature in the canvases of Diana Torje, between Pointillism and Graphism to express vitality and existential overlapping

The relationship with the beauty of landscapes where every day man has the opportunity to abstract himself from daily city life has always exerted a great fascination in the art world, especially in that category of creatives for whom the contemplation of the open spaces around them, of the landscapes of seas, hills, countryside, was and is fundamental to expressing a sensitive essence oriented towards understanding the importance of contact with the world that hosts life. The artist I am going to tell you about today chooses an approach strongly oriented towards emphasising the pure beauty of the landscapes on which her gaze lingers, using a particular style linked to a specific historical period and, in some artworks, going beyond it to give life to a more personal language that develops hand in hand with a lesser figuration of the canvases.

The revolutionary expressive discoveries of Impressionism induced the artists who followed to focus on their theories of light, of the immediacy of execution, but above all on the decomposition of colour, which was no longer spread in layers and mixed on the palette, but laid pure on the canvas with small, rapid touches, exploiting its ability to influence the adjacent colour to melt into the observer’s retina. Where, however, masters such as Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir and Alfred Sisley infused light into the rarefied atmospheres of their paintings executed rapidly over the course of a day in order to capture the veracity of the observed image, the subsequent path of deepening led towards an extreme of the concept of dividing the image that gave rise on the one hand to the Italian Divisionism of Giovanni Segantini, for whom the lines of colour were divided to infuse the work with a strongly real aspect, on the other in the Pointillism of Georges Seurat and Paul Signac where the end result was static, unnatural precisely because the priority of these artists was to study almost scientifically the final effect of the proximity of colours applied with a meticulous technique that took time and was therefore executed in the studio, thus going against one of the founding principles of Impressionism which was painting en plein air. Yet both representatives of Pointillism retained, like the Impressionists, the tendency to reproduce panoramic views of nature, moments of outdoor recreation of the late 19th century nobility, the carefree and relaxed nature of a world unaware of the changes that were to follow a few decades later. The pictorial approach of this movement was therefore a study, an almost scientific analysis of colour, its proximity, its interaction and the human eye’s interpretation of a reality visible with clarity only by moving away from the canvas in which, however, there still emerged the strong link with figuration, with the image recognisable to the eye, perhaps precisely because otherwise it would have been more difficult to induce the observer to find references.

Pointillism was short-lived but it opened the door to the research that followed, to all those currents of decomposition of the image that even led to a detachment from the visible to tend towards an unexpected abstraction; Futurism, Cubism, Abstractionism itself, originated precisely from those previous experiments capable of causing discussion, of creating resistance, but in any case of giving that new touch that the fast-paced world of the late 19th century was looking for. The Romanian artist Diana Torje, who for many years now has settled in Paris where Pointillism was born, chooses precisely this pictorial technique to give rise to canvases where the scientific attitude is left out in order to infuse the chosen subjects with all the emotion and softness of a female point of view on a pictorial road generated by male personalities; not only that, what distinguishes her from her predecessors is the depth, the plasticity of those landscapes in which nature is the absolute protagonist, the presence of a perspective that induces the observer to feel enveloped by the hills, valleys or sunsets described, and at the same time a rarefaction that verges on the sensations aroused by Impressionist panoramas. And it is exactly from Pointillism, a particular and unique style of painting, that Diana Torje elaborates another one of her own, which characterises her most recent canvases, in which she mixes the base in acrylic colours, the drawing and finally a kind of grid in relief that infuses the final result with the fragmentation and construction of the sensations narrated; here the subjects are more abstract than in the pointillist artworks, the sensations evoked are those of the movement of the sea, oceans, rivers, as if any attempt to stop the element water were impracticable because its flowing constitutes the very essence of life. Thus, the chromatic range is linked to shades of light blue and green, the reliefs belonging to her Pittura Grafica, as she herself defines it, instil in the eye that sensation of constant, slow flowing that prevents water from being dammed up in its perpetual flow, purifying the soul as well as nature itself.

To this second series belong the works White river and Tropical sea, both distinguished by the colour watery green alternating with the white of the graphic signs that seem to emphasise the presence of the foam of the waves, slower in the case of the sea and more impetuous to the point of predominance in the case of the river; the sensation offered to the eye is that of perpetual movement, as if the image were not static but, by virtue of the relief, generated that constant flow that prevents anyone, according to Heraclitus’ theory, from bathing in the same water. Light green thus alternates with white in a fascinating bichromy in which Diana Torje loses herself within the disarming beauty of nature, as if her poetics dominated the artist’s creative instinct, creating an interconnection that echoes that of the world around her. In the more pointillist canvases, on the other hand, the gaze wanders over landscapes, where indefiniteness emphasises the light and the prevailing chromatic range while detail is lost in the alternation of colours that communicate with one another to impress the observer’s retina with the predominant hue.

Her Pointillism is therefore close to the rarefaction of Impressionism, the pictorial touch is soft, the definition is nuanced because what Diana Torje emphasises is the emotion, the sensation received each time she immerses herself in nature and breathes its vitality, its capacity for transformation, its constant rebirth season after season, day after day, and which cannot fail to strike and impress her profound sensitivity. In the case of Pointillism, however, the artist shows two different souls, one more abstractionist and one more figurative, where the different and distinct tendencies are revealed and solicited in the observer: the meditative one that loses itself in the general atmosphere and does not dwell on detail, and the more observational one that needs to find something recognisable to let itself go to the sensations generated by what the gaze grasps. Orange mist belongs to the first interpretation, here it seems that Diana Torje is recounting the emotions she felt while contemplating a sunset, or a sunrise, and she felt enveloped by it, as if she could not forget that deep connection with the beauty of nature.

The dots are faintly imperceptible because the final result is highly nuanced, there is no detail or definiteness but rather everything seems softened by the minuteness of execution mixed with expressive depth. Emerald hills, on the other hand, can be traced back to the more descriptive side of the artist, so the colours define the green hills evoked by the title, the dots are larger and sculpt the detail despite the general feeling being in any case soft, one is almost urged to enter and hide within those delicate plants that follow the gentle reliefs of the bumps on which they have grown. As one moves closer to the canvas, the overall effect is lost but emerge the nuances and the work of juxtaposing the various shades, from yellow to dark green to the violet of the plants, while moving away from the canvas brings out the total viewpoint, which is what the artist was fascinated by and from which she started to recreate it in the form of a painting. Diana Torje lives and works in the Paris region. She studied art at the University of Fine Arts, has received several awards and has exhibited her works in solo and group exhibitions throughout France.