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Mondi misteriosi, visioni introspettive e parallelismo quantico nel Surrealismo Metafisico di Vittoria Palazzolo

Raccontare e interpretare tutto ciò che non appartiene al visibile oggettivo, ha costituito un filone affascinante e misterioso nel corso dell’arte del passato più recente e, malgrado la tendenza contemporanea al materialismo e all’inseguimento della concretezza, o all’analisi e alla critica del mondo attuale, continua a trovare nuova linfa vitale negli artisti che scelgono di proseguire l’esplorazione dell’inspiegabile, del sottilmente percepibile, per farne il fulcro della propria ricerca pittorica. L’artista di cui vi parlerò oggi si pone in posizione di ascolto di tutto ciò che esiste in maniera latente dietro le pieghe della realtà e che può costituire un’altra opzione possibile, un mondo diverso ma forse migliore proprio perché privo del senso che l’uomo moderno attribuisce agli oggetti, agli obiettivi da raggiungere, tralasciando spesso l’importanza di essere.

Intorno ai primi ventenni del Novecento alcune nuove correnti artistiche si proposero come mezzo visivo di connessione tra l’inconscio e la quotidianità, come voce profonda di tutto ciò che dalla razionalità veniva nascosto, messo in silenzio da una maschera di formalismo e di convenzionalismo che apparteneva alla società dell’epoca; i due movimenti che più di tutti portarono l’essere umano al centro della ricerca pittorica furono l’Espressionismo, più legato alle sensazioni, alle emozioni a lungo rimaste escluse dall’arte più tradizionale molto più legata all’estetica e alla forma, e il Surrealismo in cui gli artisti aderenti volevano indagare il regno dei sogni, degli incubi, di un inconscio irrequieto e in costante agitazione. I grandi maestri del movimento si ispirarono alle teorie di uno dei maggiori rappresentanti della psicanalisi di ogni tempo, Sigmund Freud, il quale puntava a portare alla luce proprio tutto ciò che rimaneva latente in un angolo della mente generando così disagi psicologici e disturbi della personalità; seguendo gli studi del fondatore della psicoanalisi e investigando la parte più irrazionale della mente, Salvador Dalì, Max Ernst, René Magritte, e il loro gruppo di sperimentatori, diedero vita a un punto di vista inedito sul modo di fare arte, dedicandosi alla rappresentazione del non comprensibile, del misterioso, di tutto ciò che non apparteneva alla realtà visibile bensì a quella invisibile, sia che fosse frutto di un sogno o di un incubo, come nelle opere di Dalì, o della ricerca di un significante oltre il vissuto come nei dipinti di René Magritte. Questo rivoluzionario movimento fu affiancato in Italia dalla Metafisica di cui fu fondatore e maggiore esponente Giorgio De Chirico che tralasciò l’irrequietezza, la connessione con l’istinto per prediligere l’ascolto e l’interpretazione di quelle energie sottili in grado di fuoriuscire dagli oggetti inanimati, decontestualizzandoli e collocandoli in atmosfere sospese, senza tempo perché terra di mezzo tra passato e presente; l’uomo, completamente assente, è evocato dalla presenza di manichini che sottolineano l’alienazione e lo straniamento dell’individuo di quegli anni, disorientato a causa delle guerre e costretto a prendere atto della perdita ma anche della fuggevolezza della vita. La tematica dei manichini, trasformati e adattati al suo stile decisamente più Pop ma comunque rappresentanti l’essenza, l’anima dell’essere umano troppo spesso dimenticata in favore di un’apparenza che distoglie da ciò che conta, è ripresa negli anni Ottanta da Mark Kostabi che però evidenzia il lato più leggero di una realtà contemporanea in cui tutta l’umanità in fondo è accomunata da sensazioni ed emozioni universali, senza distinzioni, senza differenze esteriori. L’artista piemontese Vittoria Palazzolo si avvale del Surrealismo per raccontare un mondo parallelo in cui tutto è energia, dove l’improbabile diventa possibile proprio in virtù di quella consapevolezza dell’artista che esista un’altra realtà altrettanto verosimile quanto quella che si è abituati a vedere e a considerare come unica; il tema del manichino, rivisitato e riadattato al suo stile, diviene pertanto mezzo per condurre l’osservatore verso la scoperta di un punto di vista differente, quello dei mondi quantici che evidenziano quanto ciò che si crede sia la propria vita costituisca solo una delle infinite vite in cui è possibile scegliere di calarsi e quanto una dimensione parallela possa essere forse persino più avvolgente e rivolta all’essenziale di quella vissuta.

1 Le sacerdotesse

Si avvale di una gamma cromatica espressionista Vittoria Palazzolo, poiché ciò che conta davvero è avvolgere l’osservatore con un’energia che arriva da lontano, da una dimensione cosmica e che vive di vibrazioni profonde, di tutto ciò che l’uomo contemporaneo, in questa realtà, sembra aver completamente lasciato indietro come se non fosse importante.

2 L’albero della vita

La particolarità delle opere in cui dominano i colori primari e intensi, come l’azzurro, il rosso, il giallo, il nero e il verde, è che infondono nell’osservatore la sensazione di sentirsi scrutato, come se quelle figure impersonali guardassero oltre la porta di confine tra il nostro e il loro mondo e stentassero a credere che sia possibile scegliere ciò che contraddistingue la nostra società così lontana dalla spiritualità quanto invece ne è vicina la loro.

3 Il principio

La figura maschile è al pari di quella femminile, entrambe esaltate e paritarie, indivisibili a costituire un Tao di forte spiritualità in cui lo yin non può sussistere senza lo yang; questo forte legame è evidenziato dal senso di completamento che emerge dalle opere della Palazzolo nelle quali spesso la gamba o il braccio dell’uno sembrano appartenere all’altro e viceversa, in una simbiosi vitale ed energetica che non può non indurre l’osservatore a sentirsi rapito e affascinato.

4 Consenso universale

Questo è quanto emerge in modo evidente dalla tela Consenso universale dove l’uomo, rappresentato sotto forma di re o di sacerdote laico, è di spalle alla donna ma attaccato a lei, come se la sua presenza fosse imprescindibile dall’altra, come se il suo potere, il suo essere importante non potesse realizzarsi senza il sostegno e la condivisione della donna; in qualche modo l’artista sottolinea quanto troppo spesso il legame e la necessità di interagire e di unirsi sia trascurato in un’epoca contemporanea in cui tutti credono talmente tanto nel proprio individualismo da pensare di poter fare a meno di un affetto. Nell’altro mondo invece, quello suggerito dalla Palazzolo, tutto questo sembra essere alla base dell’esistenza e accettato come arricchimento del proprio essere e accrescimento della forza interiore.

In Giudizio, allo stesso modo, il maschile e il femminile sono collocati nella stessa linea, così come i personaggi minori intorno a loro, quelli che si potranno salvare mentre gli altri, coloro i quali hanno rinunciato alla loro spiritualità, alla profondità necessaria per evolvere, sono collocati nella parte bassa destinati a restare all’interno di quelle gabbie appena accennate eppure ripetutamente presenti nella tela. Forse in qualche modo l’artista intende porre l’attenzione sull’importanza, o meglio l’impellenza, di ritrovare un contatto con quell’anima perduta che è unico strumento di conoscenza profonda e di attaccamento a ciò che conta davvero.

Nell’opera I nostri riflessi si evidenzia ancor più il parallelismo tra il mondo di qua e quello di là, quell’altra opzione da cui i personaggi della Palazzolo sembrano osservare, come in uno specchio, gli individui simili a loro che però presentano caratteristiche interiori più complesse, più sfaccettate, come se in qualche modo non fossero riusciti a mantenere il contatto con la semplicità, con la purezza emozionale che invece nel loro universo è alla base della vita stessa. La tela è in qualche modo una metafora dell’uomo contemporaneo apparentemente perduto dentro una mancanza di spiritualità che però, prima o poi, è costretto a fare i conti con la parte di sé dimenticata, quella legata a una spontaneità e a un’immediatezza risalenti al periodo infantile ma poi allontanate nel confronto con una società attuale orientata verso valori-non valori che allontanano l’individuo dalla propria essenza.

Le opere di Vittoria Palazzolo si pongono quasi come rivelazione di altre possibilità, di un altro modo di essere e di intendere l’intero corso dell’esistenza svelato da personaggi misteriosi e affascinanti che in quel loro silenzioso ma energico osservare ciò che si trova oltre la tela, sembrano riflettere sulle stranezze, sulle debolezze, sui limiti di un vivere moderno troppo distante dalla spiritualità e dalle energie sottili.

7 Amanuense

Vittoria Palazzolo, artista da sempre, sperimenta nel corso della sua carriera varie tecniche, dal carboncino ai pastelli, dagli acrilici all’alta pasta, a volte utilizzando il fuoco e il cacciavite per dare il tocco finale alle sue opere; ha all’attivo numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero, è stata insignita di due importanti premi e le sue opere sono inserite in importanti pubblicazioni d’arte tra cui il Catalogo dell’Arte Moderna di Giorgio Mondadori.

VITTORIA PALAZZOLO-CONTATTI
Email: vittoriapalazzolo@libero.it
Sito web: www.vittoriapalazzolo.it
Facebook: https://www.facebook.com/vittoria.palazzolo.9
Instagram: https://www.instagram.com/vittoriapalazzolo/

Mysterious worlds, introspective visions and quantum parallelism in the Metaphysical Surrealism of Vittoria Palazzolo

Telling and interpreting everything that does not belong to the objective visible has constituted a fascinating and mysterious strand in the art of the most recent past and, despite the contemporary tendency towards materialism and the pursuit of concreteness, or the analysis and criticism of the current world, it continues to find new lifeblood in artists who choose to pursue the exploration of the inexplicable, the subtly perceivable, to make it the focus of their pictorial research. The artist I am going to tell you about today stands in the position of listening to everything that exists latently behind the folds of reality and that may constitute another possible option, a different but perhaps better world precisely because it is devoid of the meaning that modern man attributes to objects, to goals to be achieved, often neglecting the importance of being.

Around the turn of the 20th century, a number of new artistic currents proposed themselves as a visual means of connecting the unconscious and the everyday, as a profound voice of all that was hidden by rationality, silenced by a mask of formalism and conventionalism that belonged to the society of the time; the two movements that most of all brought the human being to the centre of pictorial research were Expressionism, more linked to sensations, to emotions that had long been excluded from more traditional art much more tied to aesthetics and form, and Surrealism in which the adhering artists wanted to investigate the realm of dreams, of nightmares, of a restless unconscious in constant agitation. The great masters of the movement were inspired by the theories of one of the greatest representatives of psychoanalysis of all time, Sigmund Freud, who aimed to bring to light precisely that which remained latent in a corner of the mind, thus generating psychological discomfort and personality disorders; following the studies of the founder of psychoanalysis and investigating the most irrational part of the mind, Salvador Dali, Max Ernst, René Magritte, and their group of experimenters, gave rise to a new point of view on the way of making art, dedicating themselves to the representation of the incomprehensible, of the mysterious, of everything that did not belong to visible reality but to the invisible, whether it was the result of a dream or nightmare, as in the artworks of Dali, or the search for a signifier beyond the experienced as in the paintings of René Magritte. This revolutionary movement was joined in Italy by Metaphysical Art, of which Giorgio De Chirico was the founder and major exponent.

De Chirico neglected the restlessness, the connection with instinct in favour of listening to and interpreting those subtle energies capable of escaping from inanimate objects, decontextualising them and placing them in suspended atmospheres, timeless because they are the middle ground between past and present; man, completely absent, is evoked by the presence of mannequins that underline the alienation and estrangement of the individual of those years, disoriented by wars and forced to take note of the loss but also the fleetingness of life. The theme of the mannequins, transformed and adapted to his decidedly more Pop style but nevertheless representing the essence, the soul of the human being too often forgotten in favour of an appearance that distracts from what counts, is taken up again in the 1980s by Mark Kostabi who, however, highlights the lighter side of a contemporary reality in which all humanity is basically united by universal sensations and emotions, without distinctions, without external differences. Piedmontese artist Vittoria Palazzolo uses Surrealism to narrate a parallel world in which everything is energy, where the improbable becomes possible precisely because of the artist’s awareness that another reality exists that is just as verisimilar as the one we are used to see and consider as unique; the theme of the mannequin, revisited and readapted to her style, thus becomes a means of leading the observer towards the discovery of a different point of view, that of quantum worlds that highlight how what one believes to be one’s own life constitutes only one of the infinite lives one can choose to immerse oneself in, and how a parallel dimension can perhaps be even more enveloping and directed towards the essential than the one experienced.

Vittoria Palazzolo uses an expressionist chromatic range, because what really counts is to envelop the observer with an energy that comes from afar, from a cosmic dimension and that lives on deep vibrations, of everything that contemporary man, in this reality, seems to have completely left behind as if it were not important. The peculiarity of the artworks in which primary and intense colours such as blue, red, yellow, black and green dominate, is that they instil in the observer the feeling of being scrutinised, as if those impersonal figures were looking beyond the border gate between our world and theirs and finding it hard to believe that it is possible to choose what distinguishes our society so far from spirituality as theirs is close to it. The male figure is on a par with the female figure, both exalted and equal, indivisible to constitute a Tao of strong spirituality in which yin cannot exist without yang; this strong bond is highlighted by the sense of completion that emerges from Palazzolo’s paintings in which often the leg or arm of one seems to belong to the other and vice versa, in a vital and energetic symbiosis that cannot fail to induce the observer to feel enraptured and fascinated. This is what clearly emerges from the canvas Consenso universale (Universal Consensus), where the man, represented in the form of a king or a lay priest, has his back to the woman but is attached to her, as if his presence were inseparable from the other, as if his power, his being important could not be realised without the support and sharing of the woman; in some way the artist emphasises how all too often the bond and the need to interact and unite is neglected in a contemporary age in which everyone believes so much in their own individualism that they think they can do without affection. In the other world instead, the one suggested by Palazzolo, all this seems to be the basis of existence and accepted as an enrichment of one’s being and an increase in inner strength.

In Giudizio (Judgement), in the same way, the masculine and the feminine are placed in the same line, as are the minor characters around them, those who can be saved, while the others, those who have renounced their spirituality, the depth necessary to evolve, are placed in the lower part destined to remain inside those cages that are barely hinted at yet repeatedly present in the canvas. Perhaps in some way the artist intends to draw attention to the importance, or rather the urgency, of regaining contact with that lost soul that is the only means of profound knowledge and attachment to what really counts. In the artwork I nostri riflessi (Our Reflections), the parallelism between the world on this side and the world on the other side, that other option from which Palazzolo’s characters seem to observe, as if in a mirror, individuals similar to themselves who, however, present more complex, more multifaceted inner characteristics, as if somehow they had failed to maintain contact with the simplicity, with the emotional purity that in their universe is the basis of life itself. The canvas is in some way a metaphor for contemporary man seemingly lost in a lack of spirituality who, however, is sooner or later forced to come to terms with the part of himself that has been forgotten, the part linked to a spontaneity and immediacy dating back to childhood but then distanced in the confrontation with a current society oriented towards values-non-values that distance the individual from his own essence. Vittoria Palazzolo’s artworks stand almost as a revelation of other possibilities, of another way of being and of understanding the entire course of existence revealed by mysterious and fascinating characters who, in their silent but energetic observation of what lies beyond the canvas, seem to reflect on the oddities, weaknesses, and limits of modern living too distant from spirituality and subtle energies. Vittoria Palazzolo has always been an artist, and throughout her career she has experimented with various techniques, from charcoal to pastels, from acrylics to high paste, sometimes using fire and a screwdriver to give the final touch to her works. She has numerous solo and group exhibitions in Italy and abroad to her credit, she has been awarded two important prizes, and her works are included in important art publications, including Catalogo dell’Arte Moderna edited by Giorgio Mondadori.

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Pubblicato da
Marta Lock

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