Taranto, operazione Feudo: sequestrati beni per 1 milione di euro

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38 arresti di cui 27 per associazione per delinquere di stampo mafioso

Taranto, operazione Feudo
Taranto, operazione Feudo

TARANTO – Nelle prime ore della mattinata odierna militari del Comando Provinciale di Taranto, unitamente al G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria di Lecce, hanno eseguito nel capoluogo jonico e nei comuni di Statte e Massafra, 38 ordinanze di custodia cautelare, delle quali 30 in carcere ed 8 ai domiciliari.

I provvedimenti di arresto sono stati disposti dal G.I.P. del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce. L’operazione di servizio ha visto impegnati 280 militari per l’esecuzione sia delle ordinanze di custodia cautelare che delle perquisizioni personali e locali nonché sequestri patrimoniali nelle città di Statte, Massafra e Taranto, precisamente in città vecchia e nei quartieri dei Tamburi e Paolo VI.

L’operazione è stata denominata “Feudo”, in quanto le attività investigative hanno evidenziato come il territorio di Statte fosse stato assimilato ad un vero e proprio feudo dell’agguerrito gruppo criminale organizzato.

La specifica attività d’indagine, durata tre anni, è scaturita da un controllo eseguito nei confronti di un professionista titolare di uno studio contabile, nel corso del quale è stata rinvenuta una copiosa documentazione attestante una elevata esposizione debitoria verso una persona che gli aveva concesso dei finanziamenti ad un tasso di interesse usurario che oscillava dal 37 % al 306 % annuo.

L’approfondimento delle indagini documentali, bancarie e tecniche delegate dall’Autorità Giudiziaria competente, hanno consentito di appurare che quel caso di usura era da inquadrarsi nell’alveo di una più ampia strategia criminale attuata da una pericolosa consorteria connotata da marcati caratteri di mafiosità.

Le ulteriori e capillari operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale consentivano di accertare l’esistenza dell’associazione mafiosa, di individuarne i componenti, di svelare le attività illecite e di verificare l’esistenza di un consolidato accordo tra il clan mafioso operante in Statte e l’imponente sodalizio mafioso operante in Taranto retto dal noto boss Giuseppe Cesario, alias Pelè, deceduto nel marzo 2014 (tanto che, il 16 novembre 2013 C.B., dominus in Statte, veniva formalmente “gradato” dal Cesario, secondo le ritualità proprie delle organizzazioni ‘ndranghetiste cui notoriamente la criminalità organizzata tarantina si è rifatta nel tempo, mediante l’attribuzione della dote di “santa”) sodalizio che, peraltro, aveva stretto solidi rapporti di collaborazione con altre storiche frange della criminalità organizzata tarantina, quali quelle riconducibili ai noti boss Orlando D’Oronzo e Nicola De Vitis.

L’articolato sodalizio mafioso oggetto di investigazione appariva dunque finalizzato alla commissione di una serie indeterminata di delitti, concernenti non solo il traffico organizzato di stupefacenti (attività dalla quale il sodalizio ricavava ingenti proventi anche grazie alla stabile collaborazione con esponenti del clan ‘ndranghetista Bonavota di Sant’Onofrio), i delitti di usura ed estorsione, i delitti in materia di armi, non disdegnando il ricorso alla violenza ed alla minaccia allo scopo di realizzare profitti e vantaggi ingiusti nonché il traffico organizzato di sigarette di contrabbando per almeno kg. 230, consumato in frode nell’anno 2013.

In tale contesto, nell’anno 2013, in tre distinti interventi operati sulla S.S. 106 jonica e sulla S.S. 7 nei pressi di Taranto, sono stati sequestrati complessivamente oltre due chilogrammi di cocaina, una pistola “Smith & Wesson” con matricola abrasa ed una mitraglietta “Sites Spectre”, classificata come arma da guerra, con l’arresto di tre responsabili.

Affiliato al clan era un noto imprenditore tarantino, E. G., incensurato, con il compito di sovrintendere alla generalità degli investimenti in attività economiche apparentemente lecite da ricondursi all’organizzazione, frutto del reimpiego dei proventi illeciti derivanti dai delitti posti in essere in esecuzione del programma criminoso. Così, le indagini facevano luce su importanti investimenti in tal senso nei più disparati settori dell’economia legale, potendosi ricondurre al sodalizio la gestione, sovente per interposta persona, di redditizie attività di impresa, quali la gestione di una pizzeria, un’agenzia di pompe funebri, un esercizio di vendita all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli, la gestione di una società di giochi e scommesse ed una ditta individuale operante nella vendita di profumi, detersivi e sapone.

É emerso come i vertici di quel sodalizio non abbiano disdegnato il ricorso a gravi episodi intimidatori, con armi ed esplosivi, allo scopo di scoraggiare qualsivoglia forma di collaborazione con le pubbliche autorità, così da preservare l’esistenza in vita dell’associazione; allo stesso modo, le acquisizioni probatorie hanno denotato il costante clima di assoggettamento ed omertà nella generalità della popolazione residente nel territorio in cui vive ed opera la compagine.

I vertici dell’associazione non hanno trascurato attività finalizzate alla costante ricerca del “consenso sociale”, provvedendo ad organizzare eventi a favore di quella collettività, assicurando posti di lavoro ed intervenendo a dirimere le controversie tra privati, di fatto sostituendosi alle istituzioni pubbliche.

Le indagini rivelavano pure l’esistenza di altre dinamiche all’interno del sodalizio, sintomatiche della mafiosità di esso, quali sono, senza dubbio, i constatati principi di mutualità tra gli associati, che si sono tradotti nel riconoscimento di un sostegno economico ai consociati che, nel corso delle attività investigative, sono stati colpiti da provvedimenti restrittivi della libertà personale. I vertici del clan, in effetti, si sono fatti carico tanto del pagamento delle spese concernenti la tutela legale di essi, quanto dell’attribuzione di un quantum, necessario al sostentamento del nucleo familiare dei sodali stessi.

Oltre all’esecuzione delle predette ordinanze di custodia cautelare, le Fiamme Gialle hanno eseguito il sequestro preventivo di 5 compendi aziendali (pizzeria, impresa funebre, commercio all’ingrosso di frutta e verdura, agenzia di giochi e scommesse, commercio di detersivi, sapone, profumi e cosmetici) oltre a una villa completamente abusiva, 3 unità immobiliari, 5 autovetture e 3 ciclomotori.