Tommaso Paradiso a Rolling Stone: “L’unica risposta sensata all’odio e al veleno è quella dell’amore”

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MILANO – “Love”, il prossimo disco dei Thegiornalisti, esce il 21 settembre. È a Tommaso Paradiso, 35 anni, il frontman della band rivelazione degli ultimi anni, che Rolling Stone regala la sua prossima copertina – in edicola dal 6 settembre –  giocando con un immagine western a metà tra il Clint Eastwood di Per un pugno di dollari e Il ragazzo di campagna di Renato Pozzetto.

E in un’intervista che si snoda tra anticipazioni e racconti su quel puzzle di romanticismo autobiografico che è l’album Love, tra la serenità ritrovata nella vita privata, il senso di responsabilità che Tommaso sente di avere come personaggio pubblico e l’immancabile Vasco, il mito che Tommaso Paradiso dichiara di non volere incontrare – “È bello così che rimanga solo nel mio immaginario di cose stupende” – si parla anche del veleno che passa sui social e della politica che oggi più che mai dovrebbe parlare meglio alla gente. I Thegiornalisti saranno in tour – già quasi tutto sold out – dal 19 ottobre.

Dopo il successo di Completamente in molti ti aspettano al varco, pensano: “Ora i Thegiornalisti la toppano…”.

“Invece in qualche modo ce la caviamo sempre alla grande. Nonostante il disco sia andato bene, ho voluto cambiare produttore (Dario Faini in arte Dardust, nda), cambiare tipologia di approccio al testo, approccio alla canzone. Ho voluto parlare di altri temi, scriverli in maniera diversa”. 

Mi fai un esempio? 

“Il disco si chiama LOVE, così come la canzone principale. La parola inglese è così universale, così pop, così estrema per il mio vocabolario precedente. Mi sarei ucciso da solo. Questa parola per me rappresenta la risposta a tutto: all’odio, ai tempi in cui viviamo, la risposta al veleno, a quello che passa sui social network. Prima mi incazzavo, rosicavo. Poi, come reazione a tutto questo l’unica risposta sensata che mi viene da dare è davvero quella dell’amore, alla Bud Spencer & Terence Hill, “Porgi l’altra guancia”. Io la vedo la gente che è ancora buona, che si emoziona, che si vuole bene, che aiuta la vecchietta”. 

Sei molto attento alle parole. Hai un lato vanziniano, edonista e cazzaro, e uno morettiano, quasi moralista. 

Più che moralista, credo nell’educazione. È un principio che mi è molto a cuore: l’educazione comportamentale e sentimentale. Come i filosofi della morale che educavano l’anima, da Socrate, fino a Rousseau. Il linguaggio è fondamentale. Il politico deve educare il cittadino, e non fomentarlo con il populismo da quattro soldi. Noi siamo popolari. Essere popolari è un conto, essere populisti un altro. Soprattutto quando c’è tensione nel Paese, dovresti veicolarla nel modo giusto”.

Dove senti la tensione? 

La sento quando vado nei taxi, quando giro per la strada. Ieri ho incontrato una signora del ’22 che diceva: “Ah se ci fosse il Duce rimetterebbero tutto a posto”. 

E tu come reagisci?

“Cerco di dialogare, fare domande, togliere certezze. L’altro giorno ho preso un Uber, e c’era un signore che diceva (imita un accento del nord, nda): “Uè, mo’ arriva Salvini e li caccia tutti ‘sti neri di merda”. Con queste persone dovremmo cercare – non attraverso le canzoni perché mi sembra stupido – di avere un dialogo. Perché si può parlare con tutti”.

Senti di avere una responsabilità, come personaggio pubblico?

“Ho una responsabilità, e dico sempre la mia. Non mi tirerò mai indietro. Aggiungo una cosa, però. La Repubblica di Platone mi ha cambiato la vita, e questo libro parla di un concetto: la gente deve occuparsi delle cose di cui sa, per le quali è portata, per le quali ha arte e tecnica. Se chiedono a me di fare una hit per Pinco Pallino, mi metto e potrei anche riuscirci, ma non posso fare il politico, non è il mio mestiere”.