Negozio del modenese vuole arginare il fenomeno Amazon: provare le scarpe costa dieci euro

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A Mirandola un commerciante si tutela dall’ “abuso” dei finti clienti che provano le calzature in negozio per poi acquistarle online a prezzi più bassi: gli acquirenti arrabbiati si rivolgono a Federconsumatori

MODENA ‒ Provare un paio di scarpe e poi uscire dal punto vendita senza acquistarle: un’abitudine sempre più diffusa tra le persone che fanno acquisti online. Ma ora, in un negozio di Mirandola nel modenese questo “servizio” avrà un costo: bisognerà pagare dieci euro. È la decisione presa da un commerciante per disincentivare questa pratica e ottenere un contributo obbligatorio da coloro che acquisteranno quel paio di calzature non nel suo negozio ma altrove. Senza dubbio l’obiettivo principale è colpire il “finto cliente” che acquisterà il prodotto dai giganti del web, ma di fatto vengono danneggiati anche i “veri” acquirenti.

Come ha spiegato Federconsumatori, “una signora di Mirandola ha segnalato di aver appreso della richiesta solo una volta all’interno del negozio, e che la cosa veniva giustificata con gli abusi di qualcuno. La signora ha abbandonato immediatamente il locale, che certamente non frequenterà più nel futuro”.

Si tratta di una sorta di “tassa” applicata indistintamente, un tributo che l’acquirente dovrà versare per usufruire del servizio ‒ fondamentale ‒ di provare l’articolo. Ma che dovrà pagare anche se è in perfetta buona fede e ha bisogno di provare per scegliere la scarpa più comoda e adatta ai suoi piedi. E che magari non è presente in quel negozio.

Ci si può domandare quanto questa soluzione sia utile al negoziante: se di sicuro scoraggerà molti dei clienti che entrano solamente allo scopo di provare prima di acquistare sul web, è verosimile che gli acquirenti “in buona fede”, che hanno effettivamente bisogno di provare più articoli recandosi anche in esercizi commerciali differenti, fuggano verso altri punti vendita non accettando di pagare questo balzello che sembra avere un valore polemico più che di tutela del commerciante.

Se la risposta di Federconsumatori è stata negativa, l’associazione ha comunque rilevato la presenza di un problema effettivo per i negozianti che ogni giorno di più si trovano a dover competere con i prezzi bassi della vendita online: “Il tema esiste e siamo disponibili a ragionare di modalità legittime, come ad esempio il divieto di fotografare le merci in negozio ed i dati posti sulle rispettive scatole, segnale assai probabile dell’intenzione di acquistare sul web quanto si è provato in negozio”.