“Oltre il tempo”, il nuovo libro di poesie di Antonio Costantino

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oltre il tempo libroNon è facile scrivere su Antonio Costantino, poeta e avvocato, conosciuto personalmente tanti anni fa nel suo Studio di Como insieme a mio padre Guido. Studente in giurisprudenza, viaggiavo spesso e volentieri con mio padre visitando amici autori e artisti che ci hanno sempre accompagnato in questa lunga e tutt’altro facile attività. Come anche non è una mera casualità che i figli del nostro Costantino, dopo vari anni di silenzio, scelgono la nostra Casa Editrice per dare alle stampe la presente raccolta, quasi una sorta di testamento spirituale del padre.

E mi piace pensare che esista un sottile file rouge che accomuna il destino e l’essenza del nostro vivere, e che i padri talentuosi infondono nei figli quella nobiltà d’animo e sensibilità, quasi come fosse una sorta di continuità in una missione umana e professionale. Uno scrigno da custodire e proteggere negli abissi della propria coscienza. Sta poi a noi capire con chi condividere questa dimensione e non sprecare il proprio tempo che ci rimane. Così è toccato in sorte ai figli di Antonio Costantino, così è toccato in sorte a noi Miano della seconda generazione.

La Natura Medicatrix è uno dei poli tematici su cui si ispira buona parte della scrittura del poeta: natura maestosa, pacificatrice dei moti più inquieti dell’animo, ma anche misteriosa con i suoi incantesimi e con le meraviglie del Creato. Si legga la lirica Sole: «… davvero non vuoi saperne del tramonto / e sfolgorante indugi nel tuo impero / quasi a fugar le ombre ancora nascoste». E ancora, Dialogo sotto il cipresso: «Non vedi tu ondeggiare / la tua vita che somiglia / alla cima del cipresso / che nel vento si assottiglia…». Tra l’inverno e la primavera: / «Ma quando scenderai dalla montagna / stagione che ancora indugi, / in bivacchi di foglie annerita / non vedo falò né segni di vita / e l’andare di donne con gerle / non è che stanchezza della memoria…».

Per il poeta è essenziale fermare il tempo, ma anche scrutare nella mobilità mentale dell’uomo per scoprirne i disagi e la parte più creativa dell’odissea umana per poter poi cogliere quegli aspetti che spesso sfuggono anche all’osservazione più attenta. Il messaggio della poesia per Costantino deve contenere i valori più intimi della vita e dell’esperienza umana e quindi non solo la contemplazione del Creato ma anche l’incanto della memoria, il sentimento del tempo di ungarettiana memoria, la disillusione di tante vicende umane. Nella meditazione, nella densità dei concetti Antonio Costantino vive la propria odissea di uomo, di cronista della propria storia. La sua poesia rivela anche la preoccupazione per quanto rimane dell’uomo, di ciò che ha vissuto nell’iter terreno, e comprende che solo l’opera del pensiero individuale può continuare a vivere dopo l’annullamento fisico.

Quando il poeta osserva la natura, dentro di sé irradia un canto spontaneo che lo identifica ad un profondo senso, a una trasparenza poetica necessaria a costruire un mondo interiore che l’autore dilata nella propria visione. Le immagini di repertorio sono spesso lampi guizzanti a cogliere della vita il dolore ma anche la gioia, perché egli appare ottimista anche nei momenti di crisi. Al di sopra del dolore avverte la bellezza esistenziale che a molti sfugge: ne potenzia la carica trascendentale. Il vissuto è qualcosa che non va perduto e il suo valore resta immutato. Significativa è la lirica Treni di febbraio: «Non so se né quando partirà / questo treno vuoto / né dove lievemente dondolando / ti porterà…» dove a volte un senso di inquietudine e smarrimento sembra attanagliare il verso del poeta.
Antonio Costantino si porta dietro anche quell’insularità di fondo, tipico di chi nasce in una terra magnifica ma difficile come la Sicilia, terra di miti e leggende, di culture e civiltà stratificate in secoli di oppressioni straniere ma anche di simboli ancestrali. Indubbiamente la caduta degli ideali, i conflitti sociali, le incertezze del nostro tempo hanno profondamente inciso nel suo animo, sollecitando un genere di scrittura “verticale”, tormentata, tesa tra la suggestione del negativo e gli incerti sentieri del recupero. Sembra affiorare in qualche occasione anche una nostalgia della terra lontana con la sua storia, con i reperti di quella civiltà solare, la Magna Grecia che continua ad affascinare scrittori e poeti. Ancora più difficile esemplificare le coordinate con il vissuto quotidiano, coniugare il sogno con la realtà, l’eredità storica con l’usura del tempo. Esemplificativa in tal senso è la lirica Eleusi: «… il mistero sento di Eleusi / e quel pomo di pietra duro / il buco nell’eterno / che conduce dove non è futuro / né presente né passato…».

La tematica Tempus fugit sembra poi essere un altro elemento catalizzatore di Antonio Costantino: si leggano alcune strofe de Il tempo: «… Dappertutto sei e da nessuna parte / vorrei sapere da quando esisti / o chi ti ha inventato / ineluttabile tempo / nemico della vita». Il tempo che tutto travolge, annienta, trasforma ma che si perde nell’infinito cosmico ed è qui che forse ritrova sé stesso: «… Forse l’altro l’anima ti sfiorerà / e spererai che lui almeno sia eterno / e del tempo la fine non conosca. / Lunga è la notte e il giorno incerto / e l’altro del mistero ti parlerà / della vita». Questi ultimi versi sono tratti dalla lirica L’altro, scritta qualche mese prima della sua scomparsa. Come se Antonio Costantino volesse suggerirci che “vivremo” nel tempo ed oltre il tempo, in quanto ciò che più conta di noi è quello che rimane dopo il nostro passaggio terreno. E solo il recupero della memoria e della nostra essenza giustificherà la nostra breve esistenza, poiché, alla fine, il nostro valore è in ciò che resterà quando non ci saremo più.
Michele Miano

Antonio Costantino è nato a Villafranca Tirrena (Messina) nel 1936; all’età di quattro anni si è trasferito a Como dove ha trascorso il resto della sua vita, a parte un breve periodo di soggiorno in Germania; si è laureato a Milano in giurisprudenza e ha esercitato la carriera forense: ha insegnato diritto all’istituto Pascoli; è entrato nel consiglio dell’Ordine degli avvocati negli anni della presidenza di Ernesto Lanni; è stato a lungo anche vicepretore onorario penale. Ha coltivato tante passioni, oltre che per la giurisprudenza, anche per il cinema e per la letteratura tedesca (in particolar modo per il poeta Goethe). È venuto a mancare nel 2020. Ha pubblicato le raccolte di poesie: A cielo aperto (1976), Il cuore del mondo (1982), Poesie (1995), Commiato dall’invisibile (2005). La sua produzione poetica è recensita nelle opere: Contributi per la Storia della Letteratura Italiana, vol. II, G. Miano Editore, Milano, 1998; Dizionario Autori Italiani Contemporanei, IV ediz., ivi, 2006.