Quarant’anni fa moriva Gianni Rodari: ha insegnato l’arte di inventare storie, “non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”

520

gianni rodariIn questi giorni difficili e cupi di pandemia un messaggio di speranza viene cercato da moltissime persone nell’opera di Gianni Rodari. Le sue “Favole a rovescio” e le “Filastrocche in cielo e in terra” forniscono infatti delle ipotesi fantastiche riguardo a importanti fette della realtà quotidiana, che danno la forza per immaginare un domani diverso.

La categoria della “speranza” nell’opera rodariana prende corpo nel raccontare una verità possibile ma non ancora conosciuta, e per farlo, l’autore utilizza il rovesciamento, l’assurdo, l’inaudito.

Nella fiaba rodariana troviamo situazioni e personaggi surreali: ciò che interessa a Rodari è il fatto che la fiaba proponga una costruzione dell’esperienza di vita umana nella quale ci sia spazio per un numero infinito di “possibili”.

Perché “la fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo, gli può dare delle immagini anche per criticare il mondo”, spiega Rodari nel 1970, nel discorso pronunciato durante la cerimonia per l’accettazione del premio Andersen. Se Newton ha scoperto la legge di gravità, aggiunge Rodari, ciò è stato proprio grazie alla sua fantasia, che gli ha consentito di immaginare la presenza di una forza misteriosa e sconosciuta che attraeva fortemente una mela facendola cadere a terra anziché verso il cielo.

La “Grammatica della fantasia” ha ancora oggi il potere di invitare i lettori a praticare “l’arte di inventare storie”. E l’immaginazione serve a tutti, spiega Rodari, “non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”.

Questa profonda convinzione del fatto che l’essere umano deve innanzitutto liberarsi da ogni schema e condizionamento si è espressa anche nel ruolo paterno che Rodari ha scelto di praticare, ovvero quello dell’educatore all’indipendenza. E questo gli ha posto non poche difficoltà: lo scrittore ha accettato di compiere grandi sforzi per consentire a sua figlia Paola la libertà.

Paola, all’età di 14 anni, decide che quando ne avrà 16 andrà a vivere da sola, e fa firmare ai genitori un documento a riguardo. La grande indipendenza di pensiero e di azione che Paola dimostra è, in parte, frutto della sua formazione: in un’intervista del giugno 1976 Rodari fa un bilancio dell’educazione impartita alla figlia, nella quale la componente della “disubbidienza a ciò che di sbagliato c’è nella vita” ha un ruolo essenziale, anche in funzione della sua futura consapevolezza di cittadina.

“Quand’era piccola mia figlia, io e mia moglie facevamo anche esperimenti proprio per insegnarle a disubbidire. Era una bambina molto docile, affettuosa e io ritenevo che per la formazione del carattere lei dovesse anche impegnarsi a disubbidire. Proprio una certa educazione alla disubbidienza io l’ho sempre ritenuta necessaria per mia figlia e me ne trovo bene adesso che è grande: ha diciannove anni e sembra che abbia una personalità capace di difendersi, capace di dire si o no a chiunque, a suo padre, a sua madre, capace di affermare i suoi diritti di persona e poi, spero, i suoi diritti di cittadina, se no sarebbe tutto un errore”.

E il grande rispetto per la libertà della figlia è espresso già in una poesia privata scritta quando la figlia era ancora una bambina:

Il gioco di fare da sola
è quello che più ti tenta
già non vuoi che ti tenga la mano
ogni giorno vai più lontano
per questo sono così pronto
a dirti sempre di sì
per ripagarmi fin d’ora
dei no che mi dovrai dire
per essere giusta son te stessa.