Dall’autore dei bestseller “Minimalismo digitale” e “Deep Work”, una filosofia innovativa per ottenere risultati significativi evitando il sovraccarico di lavoro
MILANO – La nostra attuale definizione di produttività non funziona più e ci spinge a considerare la frenesia come indicatore di uno sforzo utile, facendoci stilare “to-do list” incredibilmente lunghe e dispendiose a livello di tempo ed energie, spesso affiancate da incessanti riunioni. Non importa quale sia il nostro ruolo nella scala aziendale: siamo sopraffatti da tutto ciò che dobbiamo fare e, quando alziamo lo sguardo, ci ritroviamo sull’orlo di un baratro, quello del burnout, con davanti solo due opzioni che sembrano plausibili: cedere alla cultura dell’affanno che indebolisce l’anima o rifiutare del tutto l’ambizione. Cal Newport pone una domanda spartiacque alla questione: sono davvero queste le nostre due uniche scelte?
In Slow Productivity (ROI Edizioni), il Professore di Computer science alla Georgetown University propone un cambiamento radicale all’approccio al lavoro: concentrarsi su meno ma attività, ma più significative. L’invito è quello di fare meno, scegliendo con attenzione le attività che possono avere un impatto reale sulla nostra vita professionale e aumentare la soddisfazione in quel che facciamo. Un approccio innovativo alla gestione del lavoro nella società moderna, che definisce “produttività lenta” e che si basa su tre principi fondamentali: fare meno, lavorare a un ritmo naturale e perseguire la qualità.
Molto prima dell’arrivo delle caselle di posta elettronica e delle agende intasate, i filosofi, gli scienziati, gli artisti e gli scrittori più creativi della storia hanno padroneggiato l’arte di produrre un lavoro di valore con una forza duratura. Tracciando le abitudini di alcune delle più grandi menti della storia – da Isaac Newton a Jane Austen a Georgia O’Keeffe – l’argomentazione della “produttività lenta” di Newport è semplice: il “mettere a fuoco” è un bene, il multitasking non lo è.
Quando le richieste e i carichi di lavoro aumentano vertiginosamente, sono in molti a credere e sentire di non avere altra scelta se non quella di assumersi più di ciò che si possa essere in grado di gestire. Il “fare meno” (cose contemporaneamente), primo principio della filosofia slow di Cal Newport, viene spesso frainteso dalla maggior parte delle persone che tendono a interpretarlo come “finire meno cose”.
Fare meno cose contemporaneamente è fondamentale per iniziare a gestire in maniera diversa e più soddisfacente il proprio lavoro e attività quotidiane: ogni nuovo impegno aggiunto alla to-do list comporta una “tassa generale” (fatta di ostacoli) per la quale diventa sempre più difficile portare avanti il progetto o lavoro stesso: coordinare riunioni per parlare del progetto, partecipare a quelle riunioni per parlare del progetto, rispondere ai messaggi Slack in cui si parla del progetto, tenere il passo con i thread di posta elettronica che parlano di quel progetto, e così via.
Si arriva così al secondo principio espresso da Newport: lavorare a un ritmo naturale, ovvero l’importanza di adottare tempi di lavoro che siano in armonia con i propri bioritmi, evitando fretta e pressioni eccessive. In un’epoca in cui la velocità è spesso vista come sinonimo di efficienza, l’autore ci ricorda che approcciare un ritmo di lavoro che rispetti le nostre caratteristiche fisiche è essenziale perché non solo migliora la qualità del lavoro, ma aiuta anche a mantenere un equilibrio sano tra vita professionale e personale.
La paura principale, sostiene Cal Newport, che trattiene la maggior parte delle persone dall’adottare una mentalità di produttività lenta, in un’epoca iperconnessa, veloce e frenetica è una: la riduzione (drastica) dei risultati ottenuti. Una considerazione offuscata dal contesto e che non considera il punto di partenza, evidenziato così: “I tuoi piani originali non sono mai stati realistici o sostenibili in primo luogo. Un principio fondamentale della produttività lenta è che i grandi risultati si costruiscono sul costante accumulo di risultati modesti nel tempo”.
Nell’ultimo capitolo, Newport affronta il terzo principio della “slow productivity”: essere ossessionati dalla qualità. Un focus sull’importanza della qualità rispetto alla quantità con un incoraggiamento a perseguire l’eccellenza in ogni compito, dedicando tempo e cura ai dettagli per ottenere risultati soddisfacenti e di maggior valore, trasformando così il lavoro di tutti i giorni in un’esperienza veramente gratificante e di significato.
Combinando critica culturale e pragmatismo sistematico, Slow Productivity di Cal Newport decostruisce la definizione standard di produttività suggerendo una nuova prospettiva, ispirandosi ai movimenti slow e riprendendo il discorso del suo precedente saggio-cult Deep Work. In questo saggio, Cal Newport offre ai lettori una tabella di marcia per invertire la rotta (o meglio, rallentarla) perché la produttività lenta è una rivoluzione necessaria per il mondo del lavoro e un’alternativa più sostenibile e umana alla sopraffazione senza scopo che caratterizza il nostro momento attuale.
Con il suo caratteristico mix di profondità filosofica e tecniche concrete, Newport delinea un approccio più umano e molto più efficace nel lungo periodo.
Oliver Burkeman
In Slow Productivity, Cal Newport fa ciò che sa fare meglio: svela segreti controintuitivi che potrebbero salvarvi la carriera e la sanità mentale.
Arthur C. Brooks
L’autore
CAL NEWPORT è autore di numerosi libri, fra cui i best seller Deep Work, Minimalismo digitale e Così bravo che non potranno ignorarti (pubblicati in Italia da ROI Edizioni). Professore di Computer science alla Georgetown University, studia come la tecnologia si ripercuote sulle nostre vite. Ha scritto su New York Times, The Economist, Financial Times, The Guardian. Da buon minimalista digitale, non possiede alcun profilo social.