Al centro della vicenda Maryam, una ragazza iraniana che sta realizzando un documentario su Anna, una donna che vive per le strade di Roma. La giovane regista è rimasta profondamente colpita da questa donna che si esprime attraverso visioni e presagi, con un’eleganza nei modi che stride con la sua condizione di senzatetto. Nel frattempo Maryam conosce Hesam, anche lui iraniano: i due iniziano a lavorare insieme, finendo per innamorarsi e riconoscendosi come due anime che si sono finalmente ritrovate. Ma su questo idillio cominceranno presto ad affiorare le prime ombre.
“Verso la notte, come attuazione di un presagio, è la storia di un amore autentico – spiega il regista Vincenzo Lauria – ma è anche la storia della rovina. O meglio, è un’indagine sulle impercettibili sfumature delle parole, dei gesti e dei silenzi, che nella storia raccontano le insicurezze dell’animo fragile ed instabile dei protagonisti, e sulla forza necessaria per trascinarsi tra le macerie ed afferrare, prima della fine, il senso residuo dell’esistenza”.
Si inizia una strada intravedendo un punto d’arrivo. E come un miracolo si accoglie la felicità. Maryam e Hesam si perdono l’uno nell’altro, nel piacere dell’amore e nella prospettiva di una completezza che dovrebbe essere il senso stesso dell’unione d’anime e di corpi. Ma come per una legge ineludibile della causalità ad ogni felicità corrisponde una paura che ne mina l’esistenza… la paura di perdersi e di perdere tutto. E allora l’essenza è forse nel lasciarsi andare… la condizione di erranza di Anna ne è testimone… ed il mistero che lei si porta dietro e che Hesam e Maryam indagano è forse proprio il mistero dell’essenza. “Verso la notte”, come attuazione di un presagio, è la storia di un amore autentico, tra Hesam e Maryam, ma è anche la storia della rovina, o meglio, è un’indagine sulle impercettibili sfumature delle parole, dei gesti e dei silenzi, che nella storia raccontano le insicurezze dell’animo fragile ed instabile dei protagonisti, e sulla forza necessaria per trascinarsi tra le macerie ed afferrare, prima della fine, il senso residuo dell’esistenza, quella sfumatura che una volta intravista farà dire ad Anna: “Ah, ecco cosa mi mancava” e darle la serenità. Tutto gira attorno ad un documentario, quello sulla vita di Anna, e del documentario si mantengono ritmi, toni ed atmosfere nell’intero film, a rimarcare la continuità tra ciò che i ragazzi indagano e la loro stessa vita. E quindi… una macchina viva, a spalla, vicina agli attori, che li segue e li racconta nella loro verità, è la cifra stilistica delle riprese, sostenute da una fotografia cruda, di contrasti, di luci ed ombre marcate. Una voce narrante, quella di Hesam che racconta a Mehran com’è arrivato alla rovina, o all’illuminazione, e a voler vivere in un parco della periferia di Roma. Un montaggio attento alle ansie, ma anche alle necessità dell’attesa e dei suoi tempi, ed ai tempi della poesia e del silenzio.
Scenografie, costumi, trucchi espressivi ed evocativi nelle scelte stilistiche e cromatiche ma vissuti e reali e una musica che sottolinei le atmosfere e le emozioni con discrezione. Tutte le componenti estetiche al servizio di una riproposizione autentica, da parte degli attori, delle vicende dei personaggi.
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