Allarme psicofarmaci “ricreativi”, in crescita dipendenze tra i giovani: intervista ad Adelia Lucattini

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ROMA – Recentemente gli esperti della Società italiana di neuro-psico-farmacologia riferendosi allo lo studio Espad del Cnr, hanno fatto luce sul trend di crescita di una nuova tendenza dello sballo fra i giovani: l’abuso di psicofarmaci. Ne parliamo con la dottoressa Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association.

Dottoressa Lucattini, può spiegare, come mai secondo Lei, c’è questo trend in crescita di abuso di psicofarmaci negli adolescenti? 

Il fenomeno, purtroppo, in realtà, non è recente, ma fortunatamente adesso se ne parla pubblicamente. I primi studi internazionali multicentrici sull’abuso di antidepressivi negli adolescenti risalgono al 2007. Negli Stati Uniti nel 1996 13.3 milioni di persone assumevano antidepressivi nel 2010 il numero era salito a 23.3. Gli psichiatri e gli psicoanalisti hanno lanciato l’allarme già alcuni anni fa, mettendo in guardia i genitori di non lasciare incustoditi i farmaci prescritti loro dagli specialisti e dal medico di base per la terapia dei disturbi depressivi.

Quali sono a Suo avviso le ragioni che possono incentivare i giovani ad un abuso di antidepressivi e psicofarmaci?

Perché sono facilmente reperibili, sono a costo zero per i giovani e nella maggior parte dei casi, sono incustoditi in casa e poiché i genitori e i nonni, non pensano che possano essere utilizzati in modo non terapeutico, come sostanze di abuso. Moltissimo è stato fatto per evitare l’uso di benzodiazepine, con un controllo molto stretto e un’informazione capillare. Oggi fortunatamente, molte persone hanno un’idea precisa che le benzodiazepine danno dipendenza e assuefazione e sono anche meno prescritte che in passato.

Qual è il meccanismo di azione degli antidepressivi?

La farmacologia ha fatto grandi progressi e oggi abbiamo a disposizione molti tipi di antidepressivi: serotoninergici, melatoninergici, dopaminergici, triciclici, imao e atipici. Ognuno di questi, ha una sua specifica utilizzo nelle varie forme di depressione, è lo specialista a decidere se è necessario e quale tipo è migliore per il paziente. Tutti questi farmaci, oltre l’effetto antidepressivo hanno anche degli effetti correlati, collaterali e paradossi. Chi li usa a scopo stupefacente utilizza dei dosaggi molto alti in modo da avere degli effetti collaterali che però sono ricercati o effetti paradossi, cioè che appaiono soltanto se il dosaggio è molte volte sopra a quello terapeutico.

Quali sono le motivazioni che spingono i giovani gli adolescenti a prendere in modo così spropositato gli antidepressivi?

Bisogna distinguere: ci sono giovani che hanno disturbi depressivi e ansiosi e che utilizzano gli antidepressivi come autocura fallimentare, fuori dalla prescrizione medica per sentirsi meglio, per essere più attivi, per sentirsi in forma. Il problema è che non ne conoscono né il meccanismo d’azione, né il dosaggio terapeutico e soprattutto gli effetti correlati. Infatti, l’abuso è specialmente di farmaci serotoninergici, perché maniacalizzano ovvero provocano accelerazione del pensiero, iperattività fisica, una sensazione di forza e di potenza e delle sindromi dissociative con perdita di contatto con la realtà. Non di rado, portano al ricovero in reparti psichiatrici. Il problema si aggrava quando questi sintomi diventano insopportabili e gli adolescenti fanno ricorso ad alcool e ansiolitici per calmarsi. Questi cocktail sono pericolosissimi, dannosi per il cervello, aggressivi sulla mente, a volte letali.

Quali sono secondo Lei le ragioni psicologiche più profonde?

Gli adolescenti non hanno piena consapevolezza di se stessi, sono in crescita e sviluppo, emotivo, psicologico e corporeo. Hanno bisogno di punti di riferimento costanti e affidabili, poiché stanno affrontando il lutto dell’adolescenza e si stanno adattando al nuovo corpo, rapidamente cambiato con lo scatto puberale. Se vi sono intoppi o traumi, le nuove sensazioni scatenano preoccupazione, ansia, angoscia e paure. È importante, che ci sia un’ educazione alla conoscenza di se stessi e la possibilità di rivolgersi ad uno psicoanalista nei momenti di disagio e difficoltà. L’analisi aiuta ad affrontare il disorientamento per i cambiamenti “dall’interno”, tipici delle tappe evolutive, della crescita, poiché sono disarmanti. Le problematiche irrisolte, i sintomi inattesi, possono portare a ricorrere a un pericoloso fai da te, a seguire il tam tam adolescenziale, di amicizia anche sui Social e sul web, all’insaputa dei genitori. La facilità nel reperire psicofarmaci in casa, crea un incastro micidiale.  Non a caso negli Stati Uniti dagli anni ’50 in poi il ricorso allo psicoanalista è per qualunque di situazione, dall’orientamento scolastico, alle difficoltà sentimentali fino alle dipendenze patologiche e alla depressione grave. Sono promotrice da anni, proprio come il medico di famiglia (il medico e il pediatra di base), dello “psichiatra di famiglia’ e dello “psicoanalista di base” che lavorino in rete, poiché hanno un ruolo fondamentale nella salute dei singoli individui e nella promozione della salute pubblica. La terapia psicoanalitica è indicata, poiché cura e previene il disagio psicologico ad ogni età, ma in special modo negli adolescenti.

Quali consigli può dare a riguardo?

Campagne di informazione e sensibilizzazione sull’uso terapeutico e gli effetti collaterali degli psicofarmaci da parte dei professionisti e delle Società scientifiche, rivolte agli adolescenti e ai genitori. Tenere sempre tutti i farmaci fuori dalla portata dei figli, chiusi a chiave se necessario. Rivolgersi tempestivamente allo specialista ai primi segnali si disagio, chiedere aiuto e sostegno allo psichiatra e allo psicoanalista per i figli e per sé stessi poiché il malessere dei figli è sempre causa di grande sofferenza per i genitori. In caso di ansia e depressione, aumentati enormemente con la pandemia, rivolgersi allo psicoanalista per comprendere le cause, affrontarle e risolverle. Sarà l’analista ad inviare dallo psichiatra se lo riterrà necessario per un eventuale trattamento farmacologico. In caso di prescrizione farmacologica, attenersi con precisone alle indicazioni e per i genitori, se necessario e di concerto con gli specialisti, somministrare personalmente la terapia farmacologica ai figli.